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BAUSTELLE
In fuga dal lo-fi
di Veronica Rosi

I Baustelle sono assurti in breve tempo a gruppo di culto dell'indie-rock italiano. Nel 2005 è stato un colosso come la Warner a cercarli per "La Malavita". Un disco con una produzione "finalmente hi-fi", ma anche un punto di rottura con il passato. Ecco una (doppia) intervista in esclusiva e un ritratto della band toscana

  Baustelle

Francesco Bianconi

Discografia

 
Il Sussidiario Illustrato Della Giovinezza (Baracca & Burattini/ Edel, 2000)7,5/10
La Moda Del Lento (Bmg, 2003)7,5/10
La Malavita (Warner, 2005)6,5/10


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disco consigliato da Onda Rock

 

INTERVISTA A FRANCESCO BIANCONI

Intervisto Francesco Bianconi dopo un concerto da tutto esaurito, dove in un'ora e mezza di esibizione i Baustelle sfoderano tutti i migliori pezzi del nuovo album "La Malavita", un paio singoli dal precedente "La Moda Del Lento" e, a grande richiesta di un pubblico indie che li conosce molto bene, molte canzoni dell'album culto "Il Sussidiario Illustrato Della Giovinezza".

Ciao Francesco, complimenti per l'esibizione. Ti va, nonostante la stanchezza, di raccontare un po' la storia dei Baustelle fino ad oggi?
I Baustelle sono nati una decina d'anni fa, la formazione è un po' cambiata nel corso del tempo, ora come ora della "vecchia guardia" siamo rimasti solo io, Rachele e Claudio (il chitarrista ndr). Il primissimo disco, "Sussidiario Illustrato Della Giovinezza", lo abbiamo praticamente autoprodotto, appoggiandoci poi a questa minuscola etichetta, la Baracca&Burattini. Praticamente non fu distribuito, si è diffuso in maniera totalmente sotterranea.

Ma il "Sussidiario" è un disco abbastanza celebre e soprattutto molto amato.
Non avevamo assolutamente i mezzi per fare altro, so che a molti piace il suono lo-fi, ma non a me. Il "Sussidiario" ha dei bei pezzi, ma sono suonati male, e non rendono come vorrei.

Cioè se la situazione fosse stata differente, il disco non sarebbe così?
Sì, sinceramente se ne avessi la possibilità cambierei sicuramente la produzione.

Al contrario de "La Malavita"...
Infatti, volevo che "La Malavita" fosse un disco hi-fi e finalmente ho potuto farlo. Parlo proprio a livello di strumentazione, di registrazione dei suoni. Per non parlare della possibilità di avere un'orchestra, poter pagare dei professionisti.

E de "La Moda Del Lento" che ne pensi?
"La Moda Del Lento" è un disco di un momento particolare, molto frammentato. Abbiamo usato più arrangiamenti elettronici, ma anche lì i mezzi erano pochissimi, la produzione è della Bmg, anche se avevamo più strumentazione noi di loro, e la distribuzione è della Venus, una casa veramente piccolissima. Sia "Il Sussidiario" che "La Moda del Lento" hanno avuto un sacco di complimenti, e questo è sempre un piacere, ma noi non abbiamo mai visto un soldo da quei dischi.

"La Malavita" è musicalmente molto diverso dai dischi precedenti dei Baustelle. Quanto questo fattore è dipeso dalla produzione di una major come la Warner?
La Warner ci è venuta a cercare e ci ha proposto di fare il disco. E' stato chiaro fin dall'inizio che noi avremmo avuto la massima libertà e così è stato. "La Malavita" è un album più "serio" rispetto agli altri due, musicalmente superiore. Gli arrangiamenti che abbiamo scelto sono quelli che volevamo e sono assolutamente soddisfatto della produzione, non cambierei nulla. Alla fine, abbiamo fatto una lunga gavetta ed era ora che anche i Baustelle trovassero il loro spazio, uno spazio che solo una major oggi ti può dare.

Parliamo un po' di uno dei punti di forza storici dei Baustelle, le liriche. Devo dire che sei tra i parolieri più originali in assoluto, direi una specie di Garinei-Giovannini-Kramer incrociato con Fausto Rossi, come ci riesci?
Beh, io scrivo in maniera molto spontanea, spesso anche quando mi trovo in giro, osservo. Poi è chiaro che ogni testo è figlio del proprio tempo: le tematiche adolescenziali del "Sussidiario", o gli amori di Francesco Bianconi in "La Moda Del Lento". In questo disco ho voluto fare riflessioni diverse.

Infatti hai detto che "La Malavita" è un album "pessimista".
Sì, in generale credo che parli di cose molto serie, direi "politiche". Di grande inspirazione per me sono i grandi maestri pop francesi degli anni 60, i cosiddetti autori "engagé" come Brassens, Gainsbourg, o Brel, che poi impegnati non erano affatto perché parlavano del gatto, delle cose di tutti giorni. Per "impegnarsi" io intendo fare delle riflessioni sulla vita, porsi delle domande, e questo lo si può fare anche scrivendo di lui-lei-l'altro.

Si può dire che alla fine l'essenza del pop è proprio riuscire a comunicare queste cose con le cosiddette canzonette?
Assolutamente sì.

Sempre a proposito dei testi, una cosa molto particolare delle tue liriche è l'uso dell'iconografia cattolica, messo lì in modo assolutamente naturale, come fosse una cosa di tutti i giorni...
Sì, è vero... Da piccolo ero anche ossessionato dalla figura di Gesù in croce, la disegnavo continuamente, ho fatto anche il chierichetto! Ovviamente ora non si tratta di questo, ma del semplice fatto che il Cattolicesimo fa parte della nostra cultura e io non ho alcun pudore a metterlo nelle mie canzoni.

Quali artisti italiani ti piacciono della scena contemporanea?
Me ne piacciono moltissimi, tra cui Afterhours, Perturbazione, Morgan... Penso che ci siano molte cose buone in giro, è solo che finché le cose a livello di mercato continuano così, gli artisti non avranno mai incentivi che li possano stimolare. Io penso che ci devi poter mangiare con la tua musica, insomma.

Il disco migliore dei Baustelle?
Sicuramente "La Malavita".

***

INTERVISTA A FABRIZIO MASSARA

Ecco invece quello che ci ha raccontato Fabrizio Massara, ex componente dei Baustelle, su "La Malavita", l'ultimo album che ha visto la sua partecipazione.

Ciao Fabrizio, per chi non ti conosce, facciamo il punto della tua storia con i Baustelle: come sei entrato nel gruppo?
Ho conosciuto Francesco (Bianconi, ndr) nel '94 circa, all'Università di Siena. Cercavo dei musicisti per suonare assieme e nacque un'amicizia. Condividevamo, come è ovvio, l'interesse per la musica, io mi sono proposto come aiuto tecnico di produzione e registrazione per il gruppo di Francesco di allora, avevo un piccolo registratore quattro piste casalingo e da lì mi sono ritrovato a lavorare sulle canzoni del "Sussidiario" ("Il Sussidiario Illustrato della Giovinezza", ndr) e dell'Ep che lo precedeva, aggiungendo anche del mio ed entrando a far parte del gruppo, con tastiera e computer.

Raccontami meglio di come vi giostravate nel comporre, tu e Francesco.
Beh, io ero un po' lo smanettone del gruppo, mi piacciono molto sonorità new wave, più fredde e acide rispetto a quelle di Francesco. Lui ama un certo cantautorato pop anni 60-70, Phil Spector e autori americani per intenderci, e ne "La Malavita" ha cercato di sintetizzare proprio questo.

Giacché hai nominato il nuovo disco, parliamo un po' di quello, che ti vede autore formale ma che ha segnato anche la tua dipartita dai Baustelle, come tutti sanno.
Sai, è facile ora saltare sul carro del vincitore... Secondo me i Baustelle meritavano già da vari anni di essere conosciuti dal grande pubblico. In Italia c'è una mentalità abbastanza provinciale, per la quale finché sei un "povero sfigato" al massimo ti danno una pacca sulla spalla e invece se ti produce una major hai automaticamente un certo carisma, e un certo budget, ovviamente.

Puoi spiegarti meglio?
La scelta di fare un disco più chitarristico, con l'utilizzo di una apparato sinfonico più consistente, grazie anche alle maggiori disponibilità economiche della Warner, sono assolutamente volute e anche ben riuscite, io stesso ho partecipato a definire le linee di archi. Certo, personalmente avrei preferito usare quelle possibilità in altro modo, forse più sperimentale, usando allo stesso tempo più inserti elettronici e piu' strumenti acustici, meno elettrici insomma. Vero è che il disco è stato registrato a Torino e io non ero sempre lì, quindi in sede di produzione molte mie scelte sono state cassate per quelle
anteriori, già registrate in fase di preproduzione oppure per scelte di editing (per esempio una sezione su "Perché una ragazza", arrangiamenti sui ritornelli di "A vita bassa", "Un romantico a Milano", e un po' di programmazioni su vari pezzi). Comunque, ci tengo a dire che, per quanto ho avuto modo di vedere, la Warner ha lasciato piena discrezione al gruppo, sia sui testi sia sulle musiche. E' normale che in sede di produzione si operino certe scelte.

Io però ti devo confessare che ti sento pochissimo su questo disco nuovo, a livello di presenza, di "tocco" negli arrangiamenti, soprattutto rispetto a "La Moda Del Lento".
E' vero che questo è il disco dei Baustelle su cui io ho lavorato meno, sia per ragioni contingenti sia perché mi sentivo sempre meno dentro lo spirito dell'album e del gruppo man mano che il lavoro andava avanti. La decisione che ho preso è stata molto difficile per me, e inaspettata per gli altri, infatti non ascolto volentieri "La Malavita", ma se devo darti un parere oggettivo, la mia opinione è che si tratta certamente di un buon disco, che conferma e cristallizza una serie di tratti tipici dei Baustelle degli anni passati. Lo fa con una produzione più costosa e professionale (quindi il disco suona bene secondo gli standard della gente comune), e con una semplificazione di scelte rispetto ai dischi precedenti. Non a caso, sia le parti elettriche che elettroniche sono molto più lineari, il tutto è anzi sin troppo lineare, prevedibile, con dei modelli in testa sin troppo precisi ed evidenti.

Fabrizio MassaraSe ho ben capito, quindi, questo nuovo "momento Warner" dei Baustelle ha influito sulla tua decisione di lasciare il gruppo.
Alla fine io sono uno che si diverte e si è sempre divertito con le piccole trovate, i dettagli, e su questo disco non ne trovo granché. Anzi, per alcune cose, come "Il Nulla" che è uno dei pezzi co-scritti da me, sono assolutamente insoddisfatto di come sia stata portata avanti la produzione. Purtroppo, una volta verificata la totale incompatibilità fra il mio essere e la mia figura e quella del produttore di questo album, che godeva invece del pieno supporto della band e della struttura manageriale, ho preferito fare due passi indietro per il bene della band e della "stabilità".
Rimane, comunque, un disco di grandi canzoni pop dal gusto "retroattivo", con i testi di Francesco che meritatamente vengono spesso citati più del lavoro sottostante. Va bene così, era ora che la gente si accorgesse dei Baustelle e se non succedeva con l'esposizione attuale... E' solo che io non mi sentivo più tanto felice nel gestire quel tipo di approccio che guarda come riferimenti e modelli a cose che a me intrigavano poco o niente (mi riferisco alla generazione Strokes et similia) e volevo provare nuove cose, lontane anche dalla forma tipica del gruppo rock batteria-basso-chitarra, lontane dal riempimento continuo degli spazi e delle frequenze disponibili.

Insomma, "La Malavita" ti piace o no?
"La Malavita" è un po' il compendio dell'attività decennale dei Baustelle, ma non è quello che voglio fare.

E cos'è che vuoi fare?
Ah, forse per ora so più quello che non voglio fare che quel che voglio fare! Mi piacciono sonorità più nude rispetto a quelle ho lavorato in questi anni. Sto sperimentando varie cose, e suonando molto il pianoforte, sia acustico che elettrico (grazie anche a emulazioni di classici strumenti del passato come il CP80 Yamaha, fra gli altri). In generale le cose su cui sto lavorando hanno un ideale elettroacustico: mi piacerebbe coniugare timbri e approcci molto contemporanei con cose appunto più acustiche. Ho in mente idee da sviluppare con certi strumenti, quindi non escludo, quando avrò le idee più chiare, di lavorare con altri musicisti.

I Baustelle ti mancano? Non vorresti essere in tour con loro?
Sai, in fondo per me i Baustelle hanno rappresentato un grande "love affair" artistico, soprattutto fra me e Francesco e le nostre chimiche diverse. Vedevo però che tutto questo si stava sfilacciando, a causa appunto dei nuovi/vecchi "desideri" sonori, nonché dei cambi di equilibri interni del gruppo, e quindi era per me necessario allontanarsi.

I tuoi attuali progetti quali sono?
Ora sto lavorando da solo, alla ricerca di un ipotetica terra di mezzo fra la forma-canzone tradizionale e qualcos'altro, spazi un po' più dilatati, qualcosa di sicuramente più intimo e meno "loud and macho" di alcune cose recenti dei Baustelle. Come ti dicevo prima, c'è l'amore per le piccole bellezze, e la voglia di confrontarsi con il vuoto, con il silenzio, con i sussurri. Le cose che faccio ora sono idee molto spontanee, armonicamente più aperte e "ricercate" rispetto a quelle precedenti, con spunti e accordi in qualche modo jazzati che derivano dagli ascolti di questi ultimi due anni... Penso a Bill Evans, per esempio, ma anche a un certo soul e Brasile di decenni fa.

Ah, bene, dimmi un po' i tuoi ascolti preferiti...
Fra le cose ascoltate di recente ti direi: Gutevolk, Vashti Bunyan, vecchie cose di Terry Callier, Debussy, alcune cose di Messiaen. Ho scoperto poi alcune "songs" di Tchaikovsky, delle microsinfonie che spesso non conoscono nemmeno quelli del Conservatorio. Anche Max Richter mi piace, è un compositore inglese con delle idee molto belle. E poi concordo con i tuoi apprezzamenti su Murcof, ha fatto un gran bel disco.

L'ultima domanda: la tua canzone preferita in "La Malavita".
Mi è piaciuto riprendere in mano "I Provinciali", che, come sai, vengono dal materiale del "Sussidiario". L'originale era molto diverso, sono piuttosto contento del risultato.


BAUSTELLE: LA SCHEDA

I Baustelle si formano all'incirca nel 1994, a Siena, come classica formazione di studenti universitari che condividono la passione per la musica.
L'anima del gruppo, colui che scrive le canzoni nonché il frontman, è Francesco Bianconi, talentuoso ragazzo toscano con la passione per i grandi compositori pop degli anni 60 (Burt Bacharach, Phil Spector, ma anche Serge Gainsbourg, George Brassens e Jacques Brel, per non parlare degli italiani De André, Piero Ciampi e Armando Trovajoli). Gli altri membri sono Rachele Bastreghi come importante seconda voce femminile, Fabrizio Massara come arrangiatore elettronico e tastierista, e Claudio Brasini come chitarrista. La sezione ritmica non resterà mai uguale nella storia della band, senza peraltro mai mancare all'appello.

Dopo i canonici Ep che non si fila nessuno, nel 2000 i Baustelle autoproducono il primo album, Il Sussidiario Illustrato Della Giovinezza, scritto da Bianconi e arrangiato insieme con la band. Come il titolo tradisce, si tratta di un album molto particolare, quasi un concept, che raccoglie canzoni espressive di un'adolescenza romantica, tormentata, spiritosa e tutta italiana. Da subito sono chiare le potenzialità del gruppo: il grande talento compositivo di Bianconi si esprime in ottime canzoni pop, capaci di essere sia coinvolgenti e aggressive sia intensamente romantiche, sommandosi a una liricità più unica che rara, fatta di testi borghesi, visionari e bizzarri, e riferimenti a tutto tondo ("se con gli altri balli il twist/ se con gli altri prendi il trip"), e alla notevole interpretazione delle voci impostate di Bianconi e della Bastreghi.
I loro duetti piacciono così tanto che la fama dei Baustelle fa il giro del paese quasi solo col passaparola, e il "Sussidiario" diventa vero disco di culto per una generazione che non si ritrova più nelle classifiche nazionali, e cerca nella musica indipendente i suoi soli ascolti in lingua italiana.
Il "Sussidiario" è in effetti un album incredibilmente fresco, ispirato, ricco tanto di idee geniali come "La Canzone Del Parco", "Cinecittà", o "Il Musichiere 99", quanto di potenziali singoli rockeggianti come "Le Vacanze dell'83", "Gomma" o "La Canzone del Riformatorio". Sono proprio gli scarsi mezzi di produzione a dargli un suono lo-fi, spolverato di elettronica retrò, la cui spontaneità fa letteralmente innamorare ascoltatori e critici, anche se i Baustelle rimangono un fenomeno totalmente underground.

Il successivo La Moda Del Lento arriva nel 2003, in un momento in cui il gruppo è molto slegato, complici difficoltà economiche e inquietudini per il futuro. I Baustelle riescono comunque a farsi produrre dalla Bmg un disco dall'artwork accattivante e dai suoni ancora più accattivanti. Meno chitarre elettriche, più sottigliezze elettroniche e atmosfere cinematografiche retrò, fatte di moog e theremin, per un pop assai più raffinato, che Bianconi definisce come "un bel frullato di Kraftwerk, disco-music, Celentano, Blondie, Piero Ciampi e Trovajoli". Rispetto al "Sussidiario" questo secondo disco è meno spontaneo, ma più ricercato e sicuramente non meno bello. La Moda Del Lento vanta pezzi ambiziosissimi come "Beethoven o Chopin" e "Mademoiselle Boyfriend", senza peraltro rinunciare a quelle fantastiche melodie catchy di "Arriva Lo Ye-Ye", "Rèclame" o "La Canzone di Alain Delon", che restano e resteranno il punto di forza della formazione.
La Moda Del Lento va ricordato, oltre che per gli insuperati testi di Bianconi, per i contributi compositivi di tutta la band, e il bel lavoro sui suoni di Massara in un disco che si permette lunghe parti strumentali (ad esempio quella di "Love Affair"), soprattutto per il chiaro intento dei Baustelle di uscire dall'ambito indie e prendere invece a modello lo storico pop melodico italiano, senza rinunciare a un suono che rimane molto, molto personale. Anche questa seconda prova riscuote un buon successo di critica, il gruppo dimostra di non ripetersi e di avere enormi potenzialità, ma il grande pubblico sembra ancora lontano.

Le cose cambiano quando a fare un'offerta a Bianconi e compagni è la Warner Records: forte di un budget che gli consente di produrre un disco come ha sempre desiderato, Bianconi registra La Malavita a Torino, servendosi di un'orchestra sinfonica e moderne tecnologie di mixaggio e filtraggio dei suoni. Il risultato è nulla di più lontano dal ruvido "Sussidiario", e il vecchio pubblico che sotto la doccia canticchia ancora "Le Vacanze dell'83" si ritrova con un disco maturo, serio, e soprattutto con un singolo che passa alla radio. I Baustelle si inseriscono nella tradizione melodica italiana con un pop chitarristico molto saturo di suoni, e raggiungono l'agognata celebrità. Il prezzo è la dipartita di Massara, e forse anche di parte dei vecchi fan. Ma il marchio di qualità Baustelle non manca e il talento di Bianconi regala ottime canzoni come "Il Corvo Joe", "La Guerra E' Finita" e "Un Romantico A Milano". Lontano dalla romantica naturalezza del Sussidiario e dalle sofisticatezze elettropop de La Moda Del Lento, La Malavita è, secondo Bianconi, il miglior disco dei Baustelle, nonostante canzoni non sempre indimenticabili e una produzione che appesantisce molto gli arrangiamenti. Può essere considerato un passo falso, ma non un passo indietro.

Ai Baustelle, dopo dieci anni di musica e molti cambi di direzione, mancano ancora due importanti prove: la classifica (in cui La Malavita si sta affacciando) e la storia. Chi vivrà vedrà.


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