Riesce
a sposare la tradizione del cantautorato con le sonorità rock più
ruvide. Piace a Robert Wyatt e David
Byrne, e già la chiamano la PJ
Harvey italiana. Cristina Donà, insomma, sembra destinata a diventare
la nuova stella del firmamento rock italiano al femminile. Ha vinto il premio
Ciampi nel '95, ha collaborato con il nuovo astro della canzone d'autore newyorkese
Eric Wood, e ha conquistato negli anni un largo consenso di critica. Merito delle
sue composizioni raffinate e dei suoi testi dal notevole impatto emotivo, sui
quali una voce duttile e al tempo stesso incisiva viaggia a briglie sciolte, disegnando
armonie sorprendenti.
A rievocare
il repertorio di Harvey, ma anche di Liz
Phair sono principalmente il tono umorale di alcuni suoi passaggi sonori,
l'accompagnamento costante con la chitarra, gli arrangiamenti sovente spigolosi
e un procedimento narrativo che si snoda per immagini. A
distanza di tre anni dal disco d'esordio, "Tregua", Cristina Donà è
tornata con "Nido", album più complesso ma per certi versi anche più
accessibile. L'impianto sonoro, ricco e intricato, è al servizio di una
voce quanto mai ricca di sfumature. I testi abbracciano una molteplicità
di argomenti e sensazioni. C'è struggimento, eleganza, ironia, profondità,
e tutto è lontano da qualsiasi luogo comune o facilità commerciale.
E la produzione del disco è affidata alla mente degli Afterhours,
Manuel Agnelli. Spicca,
tra le collaborazioni, il nome di Robert
Wyatt, un maestro per la Donà che ha anche partecipato a "The different
you", il disco-tributo per il musicista britannico realizzato da alcuni musicisti
italiani. "L'ho incontrato al Salone della Musica - racconta Cristina Donà
-. Mi venne a vedere. Mi colpì per la sua gentilezza, fu un pomeriggio
di pomeriggio di piacevole conversazione. Quando si trattò di lavorare
a 'Nido' Manuel propose di inviargli dei pezzi per vedere se avrebbe partecipato
alla realizzazione di alcune canzoni. Nella peggiore delle ipotesi avrebbe potuto
rifiutare. Invece accettò. È autore degli arrangiamenti di 'Goccia'.
La precedente versione, quella senza di lui, era molto scarna e Wyatt l'ha impreziosita,
aggiungendovi curiosi suoni di tromba e un accompagnamento cantato in forma di
bolero. La cosa che mi ha molto colpito è stata che ci ha detto di non
usare nulla di ciò che non ci fosse piaciuto". La
suggestione poetica della title track, la romantica malinconia di "Goccia", l'esplosione
vitale de "L'ultima giornata di sole", l'essenzialità perfetta di "Mangialuomo"
sono solo alcuni degli episodi più riusciti dell'album, che segna un certo
distacco dal precedente "Tregua". Specie per gli arrangiamenti. "Manuel ha influito
moltissimo sui suoni di 'Tregua' - spiega Donà -. Gli arrangiamenti particolarmente
elettrici erano merito suo. 'Nido' è molto diverso e, per una serie di
fattori, per nulla "distorto". È molto più vario di 'Tregua'. Ad
esempio, 'Mangialuomo' ricorda un Tom
Waits più solare, accompagnato da un'orchestra. Sono affascinata dal
contrasto tra liriche pesanti e cupe e musica solare, e viceversa". E nel "Nido"
di Cristina non manca, in effetti, una certa solarità: "E' un disco strano,
anche spiritoso dalla seconda metà in poi. C'è l'ironia che mancava
su 'Tregua', e ciò perché forse il periodo in cui fu composto 'Tregua'
non lasciava molto spazio all'ironia.".
Nonostante una formazione prettamente rock, Cristina Donà
ama spaziare tra i generi. "Sto ascoltando Wilco
- racconta -, il Brasile di Gilberto Gil e Caetano Veloso, Paul McCartney, Marco
Parente, Ginevra Di Marco. In passato U2,
Waterboys, e tra gli italiani soprattutto Fossati".
E' decisa a portare avanti l'altro-rock" italiano, quello che difficilmente si
ascolta nelle radio, insieme ai suoi amici e compagni di tournée: i La
Crus, gli Almamegretta, gli
Afterhours, i Marlene
Kuntz.
In
Dove Sei Tu
(2003),
spiazza
subito la nuova produzione, affidata a Davey Ray Moor, leader dei
Cousteau,
conosciuto, sembra per caso, durante un festival inglese nel quale l'artista bergamasca
si esibiva. L'effetto č un approccio meno cupo rispetto al passato, dove la voce
risalta ancora di pił in tutta la sua limpidezza (e infatti la stessa Crstian
Donà ha fatto notare che il problema era quello di incoraggiare le frequenze
basse della sua voce, che č invece impostata su frequenze alte; allo scopo sono
stati usati vari microfoni ed effetti). Toccanti
i brani melodici e d'effetto ("Nel mio Giardino", "Invisibile"),
ma non mancano anche sfumature stile jazz ("In fondo al mare"). Si prosegue
con pezzi pił carichi che non possono mancare nel repertorio live ("Triathlon",
in un'insolita doppia veste con l'ausilio dei Subsonica,
e "The Truman Show"). Infine, Cristina Donàsi
cimenta anche con la lingua inglese in "Give it back (to me)", primo
esperimento che magari potrą avere un seguito nel futuro. L'uso di parti melodiche
pił marcato rispetto ai lavori precedenti risulta convincente e, unito all'apporto
di validi strumentisti come quelli attuali, potrą rappresentare in futuro la premessa
per nuove, interessanti evoluzioni nella carriera della cantautrice bergamasca.
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contributi di Filippo Michelini - Aktivirus ("Dove sei tu") | |