Brad Mehldau

Brad Mehldau

Statunitense, classe 1970, Brad Mehldau è uno dei più rinomati pianisti jazz della sua generazione. Fattosi conoscere alla corte del sassofonista Joshua Redman e metà anni Novanta, grazie ai suoi lavori in trio con Larry Granadier (basso) e Jorge Rossy (batteria) ottiene il riconoscimento del pubblico e della critica. In questa fase, il suo è un post-bop dalle tinte cool, marcato dal brillante estro melodico e dal ricorso sistematico all'ottavo dritto (straight eight), in controtendenza rispetto al predominante gusto swing. Il vero exploit arriva però con "Largo" (2000), prodotto da Jon Brion (Fiona Apple, Rufus Wainwright) e più orientato al pop. Complice anche il cambio di etichetta (da Warner a Nonsuch), la formula del pianista si espande verso una fusion dalle influenze variegate, con elementi classici ed elettronici, orientata a seconda delle uscite a orizzonti jazz-rock, pop, third stream o più canonicamente bop. Oltre a portare avanti l'attività in trio (dal 2005 con Jeff Ballard alla batteria), suona con Pat Metheny ("Metheny Meldau", "Metheny Meldau Quartet") e Charlie Haden ("Long Ago And Far Away"), rielabora Bach ("After Bach"), si lancia in un funambolico prog/nu jazz al fianco di Mark Guiliana ("Taming The Dragon", a nome Mehliana). E, mossa efficace sul piano della visibilità, cavalca con classe l'onda delle cover jazz di brani pop, pescando dai canzonieri di artisti armonicamente avventurosi — Beatles, Radiohead, Beach Boys, ma anche Nirvana e, più recentemente, Gentle Giant, Yes e Rush. Altri album significativi del suo percorso sono "Highway Rider" (in zona Esbjörn Svensson Trio) e l'ambizioso "Finding Gabriel" con Ambrose Akinmusire, vincitore nel 2019 del Grammy come miglior album di jazz strumentale.

Brad Mehldau