Love

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Tra i migliori gruppi della West Coast e del rock psichedelico, i Love sono stati la band del geniale Arthur Lee. Coinvolto nel mondo della musica sin dalla giovane età, verso la metà degli anni Sessanta, Lee aveva già ottenuto i primi piccoli successi come compositore e produttore a Los Angeles. A 18 anni prende parte all'album dei Lags e compone "My Diary", canzone interpretata da Rosa Lee Brooks e caratterizzata dai riff di un chitarrista ancora poco conosciuto, Jimi Hendrix. Con l'avvento del movimento folk-rock nel 1965 viene ispirato a fondere il sound dei Byrds con i Rolling Stones, trovando la ricetta perfetta per la sua creatura: i Love. Sotto la sua guida diventano molto popolari nei club di Los Angeles e vengono reclutati dalla Elektra per l’album di debutto omonimo (1966). Lee diviene il punto focale come cantautore, anche se il chitarrista ritmico Bryan MacLean si ritaglia una fetta bella del songwriting, prendendosi anche la scena sulla cover di "Hey Joe". L'altro rifacimento presente sul disco è un eccellente arrangiamento di "My Little Red Book" di Burt Bacharach, in chiave quasi punk ante-litteram. L'unicità della band traspare chiaramente nelle numerose ballate dell'album: "A Message To Pretty", "Mushroom Clouds", che dà una visione perfetta della mentalità politica di Lee, e in particolare "Signed DC", presumibilmente un tributo al primo batterista dei Love, Don Conka, ormai schiavo della tossicodipendenza. Il contributo di Bryan MacLean è l'elegante "Softly To Me", che rivela uno stile personale di scrittura che culminerà in quella che è forse la più nota canzone dei Love: "Alone Again Or", da "Forever Changes".
Nei sette pezzi che compongono il secondo "Da Capo" (1967) la parola d'ordine è quella di una psichedelia impossibile da incasellare, sovente fomentata da strutture jazz o acid-blues (alcune sezioni della lunga jam di "Revelation", "Stephanie Knows") o persino barocche con clavicembalo e flauto ("She Comes in Colors"). Il singolo di maggior fortuna "7 And 7 Is" è invece ancora all'insegna del proto-punk, dimostrando quanto la band fosse unica ed eclettica, capace di arrangiamenti delicati quanto di divagazioni chiassose.

Il vero capolavoro arriva con il terzo "Forever Changes", pubblicato nel 1967 nel bel mezzo dell’estate dell’amore, quasi fosse chiaro che era arrivato il loro momento. Nonostante ciò, i temi della solitudine attraversano quasi ogni traccia, dall'oscura "A House Is Not A Motel" all'inquietante lirismo barrettiano di "The Red Telephone". Arthur Lee era d'altronde un alieno: un musicista nero (come il chitarrista John Echols) in contatto con la delicata situazione politica e culturale del tempo, parte di una scena musicale a maggioranza bianca e chiaramente esausto di tutto quel floreale ottimismo. Gli arrangiamenti musicali, tra folk, classica, r&b e rock psichedelico aprono quasi la strada al progressive, catturando la paranoia dei tempi come nessun altro ha saputo fare in quegli anni. Come fosse tutto parte di una unica lunga suite, ogni traccia si fonde con la successiva grazie agli arrangiamenti costruiti in modo tale da accompagnare l'ascoltatore fino a farlo disorientare in un labirinto di suoni.
Registrato in presa diretta in oltre 60 ore di lavoro in studio, "Forever Changes" rappresenta uno dei vertici della psichedelia californiana, destinato però a segnare la fine della formazione classica dei Love. Il quarto "Four Sail" esce con una line-up rimaneggiata, la stessa sorte subita dalla loro musica nel doppio "Out Here" (1969) e "False Start" (1970), che virano progressivamente verso un sound meno psichedelico e più rock-oriented. Maggiormente degna di nota rimane l’appendice solista di Lee (“Vindicator”, 1971), che arriva dopo l’album registrato in coppia assieme Jimi Hendrix e mai pubblicato: in “False Start” dei Love è tuttavia presente “The Everlasting First”, che ci svela come doveva suonare l’inedito duo.

Nel 1969 vengono pubblicati altri due album, "Four Sail" (Elektra) e "Out Here" (Blue Thumb). Nel 1972 Arthur Lee incide un album da solista, "Vindicator" (A&M Records) e un altro con Jimi Hendrix che però non verrà mai pubblicato. Sempre nel 1972 esce un'antologia del periodo 1965-68, "Love Revisited". I Love si riuniscono poi nel 1974 per pubblicare un ultimo album, "Reel To Real".
Arthur Lee, durante gli anni 70 e 90, continuerà a suonare dal vivo e a registrare album con formazioni diverse chiamate Love o Arthur Lee and Love; nel 1992 pubblicherà "Arthur Lee And Love (New Rose)".

Ma l’amore a volte non basta: la saga dei Love si rivelerà infatti un'autentica maledizione. Bryan MacLean morirà nel 1998, un anno dopo aver pubblicato il suo album "Ifyoubelievein", mentre Arthur Lee ci lascerà nell'estate del 2006, dopo diversi anni trascorsi in carcere per possesso di armi da fuoco. Nel 2014 sarà dato alle stampe l'album "Black Beauty" che era stato registrato nel 1973.
Oggi l’unico sopravvissuto è il batterista Michael Stuart, ormai ripiegato a nuova vita come fotografo.

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