Crossover

Rituali dell'ambiguitą

Come un gothic-fantasy, il lungometraggio di Mark Ingram e Vanessa Tosti, che, dai locali di un negozio vintage di New York, approdano alla trasgressione degli electro-club europei, celebrando, da raffinati esibizionisti, il rituale dell'ambiguità, tra trasgressioni sadomaso e citazioni 80's

di Mimma Schirosi

La ricerca smodata dell'effetto piacere, dai club più estremi della Mitteleuropa alle vere e proprie dark-room grondanti umori lubrificati da litri di sudore e calore, è una delle linee di tendenza perfettamente assecondate dalla Gigolo Records, etichetta fondata da Dj Hell e legata alla scena electro più patinata e viziata.

L'immaginario electro-clash, attraverso la produzione di artisti come Adriano Canzian, Miss Kittin, Tiga, Fishersponer e Vitalic, viene ben nutrito, gli sfregamenti si dispiegano, le provocazioni e i voyeurismi si amplificano.
Il pubblico electro è, per sua stessa natura, esteta: il pensiero pe(n)sante è relegato ai momenti di necessità, l'erotismo regge il gioco delle parti, la borchia e il rossetto rosso marcano il territorio e diventa superfluo parlare di ogni qualsivoglia schema.
Il contenitore di questi istinti tutti terreni pare trastullarsi nel suo stesso strabordare, e allora niente più scandalizza, al contrario, questo status assurge alla sua ragion d'essere e può attrarre anche chi, abitualmente, versa in inquietudini ben più profonde e stati d'animo meno ridondanti.
L'attrazione si spiega anche nel corredo genetico di alcune di queste produzioni, legate, in qualche modo, alla scena rock e, nello specifico, alla musica 80's, nelle sue espressioni talora più sintetiche, talaltra più dark.
Visto da quest'ottica, l'interesse che un gruppo come i Crossover, creatura sui generis della Gigolo, suscita non esclusivamente negli addetti ai lavori, non appare del tutto incomprensibile.

Il duo, costituito da Mark Ingram e dall'italo-americana Vanessa Tosti, ex commessi del negozio di abiti vintage "Smylonlyon" di New York, studia il piano di gioco a tavolino, insistendo innanzitutto sull'immagine della coppia ambigua e trasgressiva, con un corredo fetish di tutto rispetto.
Mark è la mente e l'ombra lunga maschile, Vanessa il corpo e la vischiosità tutta fisica del femminino.
A distinguerli da molti dei colleghi della Gigolo contribuisce da subito un certo intellettualismo, seppur legato a figure estreme e borderline dell'arte di ogni tempo, come dichiara Mark in alcune interviste, citando, tra gli altri, Alejandro Jodorowsky, il cui surrealismo aleggia in molte delle situazioni raccontate nei due album, e Hieronymus Bosch, dal quale par mutuare molte delle figure neo-mitologiche e oscure, seppur attraenti, presenti nell'immaginario Crossover.
L'architettura viene ulteriormente condita di interesse perché, sollevando un primo strato di dichiarata attitudine danzereccia, si scopre una serie di citazioni tutt'altro che easy: dai Suicide e il loro incubo agghiacciato e agghiacciante, alla seduzione cerebrale ispirata dalle creature spaziali di David Bowie, sino a un salto nei meandri più oscuri del synth-pop anni 80.

L'identità reale viene subito abbandonata, lasciando posto a dei personaggi creati ex novo per sedurre il mercato: come cerimonieri di fantomatici rituali esoterici, Mark diventa Spaced Out Kid Humanoid aka Desmond e Vanessa Darling-Starchild aka Verona.
In questa nuova veste, i due incidono nel 2002, per la Gigolo, Fantasmo, disco piuttosto pretenzioso nella sua molteplicità di spunti, ma interessante per lo scenario descritto.
L'identità più oscura resta ancora latente, ricoperta dalla sovrapposizione di un approccio rap che disorienta e confonde le idee sulla morfologia del gruppo.
Il rodaggio presso il pubblico inizia con una poltiglia electro-rap, nervosa e inacidita, declamata con voce alterata da Mark e ingentilita dalla provocazione di Vanessa ("Lucida Obscura"), che prosegue, smorfiosa, in "Phostographt", sul cui ritornello il registro si dilata in sinuosità à-la Goldfrapp.
Incubi impasticcati riempiono la synth-dance di "The Great Katanza", a cui seguono minacce riverberate da colpi d'arma da fuoco ("Green Teeth") e crittogrammi che allineano ai Fisherspooner ("Kobé").
In chiusura, una cantilena su di giri impregna un tappeto sonoro di suicideana claustrofobia ("F.Lying T.Errible. W.Alrus") e un'invocazione allucinata toglie il disturbo, carica di promesse per il futuro ("Phantom Hero").

Il giro di boa verso la messa a fuoco più nitida della direzione da seguire avviene, nel 2003, con l'Ep Journey To Grob, in una versione di "Phostographt" riveduta e corretta dal genio del remix Tiga, a cui segue una title track accelerata da sincopi in fuga claustrofobica. La chiusura è un lungo spoken nel quale si intrecciano, di volta in volta come ira funesta, eco lontana, alterazioni e allucinazioni, vezzosità da lolita, le voci di Desmond e Verona, con inserti di violino a enfatizzare l'atmosfera di per sé tesa e misterica ("Over Exposure").

Dopo una pausa di due anni, riempita da tour e auto-promozioni, sullo sfondo di un immaginario che si fa progressivamente più colto, con la distribuzione, durante i propri show, di libelli appartenenti all'insolita collana "Pirate Communiques" e la stesura del libretto "Fantasmo", ormai scioltisi da qualche iniziale ingenuità, Mark e Vanessa dimostrano di curare non solo la forma, nel rispetto del codice electro, ma anche la sostanza. Ne viene fuori, nel 2005, Cryptic And Dire Sallow Faced Hoods Blast Off Into Oblivion, album che, prendendo le mosse da certo passato ripescato e rivitalizzato, approda a un mood a cui le abituali vesti dance iniziano ad andar strette, nell'attrazione verso qualcosa di più raffinato e decadente, che riporti indietro di almeno 25 anni.
L'incipit è un triangolo quasi perfetto di vischiosità recitate con morbosa sintonia ("Disgrace Chateau"), marziale alterigia da fiaba gothic su una tastiera che si sveglia dalla propria catatonia, aprendosi in spirali fantasy ("Messages"), sinuosi racconti del cuscino in chiave synth-pop ("Chimera Chimera").
Spingendo oltre, la combinazione tra reminiscenza rap e citazione dark, produce "Radio Spazio X", strana cavalcata recitata con foga e segnata da dinamismi à-la Cure, cedendo, subito dopo, il passo alla plasticità artificiosa dei tastieroni di un tempo che fu degli Human League ("My Wave").
Nel mezzo, con l'animo ormai turbato e sovraeccitato, si celebra l'elogio della sensualità, accompagnato dai preliminari accaldati di un coito sadomaso, nel quale, quasi testimoniando la propria accondiscendenza, interviene, sul finale, miagolante più che mai, Vanessa ("Pointy Little Teeth").
La seconda metà del disco, passando attraverso il reincarnarsi della Siouxsie di "Christine" nell'approccio più famelico di Vanessa in "Psychic Babies", e il dilatarsi sul purpureo velluto della ballata elettronica ("I Know Your Face"), si chiude con gli automatismi di una synth-dance pronta a prestare il fianco a nuovi remix ("Bats Fly Free Thru My Head").

Il solco, sotto le mentite spoglie dei cerimonieri e con opportunistica ruffianeria dancefloor, una volta allargato il raggio d'azione a un pubblico non esclusivamente electro, è segnato, e la forma è libera di mutare nelle identità che, estemporaneamente, più le si confanno, nella miglior tradizione dei maestri dell'ambiguità.

Vanessa Tosti e Mark L. Ingram giungono nel 2012 con molto dilemmi e poche certezze. Proporre soluzioni electro-pop vagamente prestate alla club-music, con reminescenze dark, può essere una scelta rischiosa e fuori fuoco. Gloom riassume varie tendenze in ambito elettronico fondendo il tutto in un’unica anima inscindibile, donando il giusto apporto di novità senza strafare, dando il suo meglio quando c’è bisogno di puntare al cuore. Su basi electro multiformi, i ricami melodici sono un perfetto apporto per Ingram che con salda ombrosità noir colora le canzoni di un pregevole effetto disorientante.
La coppia a stelle e strisce salmodia poesie macabre, inscena balli spastici e si adatta perfettamente ad atmosfere ben poco balneari, bensì fumose, distorte, abilmente malate. La musica fluisce senza pause dando la sensazione di opera studiata globalmente, senza singoli da rampa di lancio, concepita per dare una sensazione di totale immersione sensoriale. Mai completamente sbilanciato sul lato passionale, ma perennemente tormentato, Gloom rivela un’anima introspettiva, prende in prestito il battito della dance-music e lo trasmuta volta per volta in uno strumento adattabile in base all’esigenza della canzone. Non una pesantezza di comodo o costruita ad arte, la profondità dei suoni e la ruvidità delle melodie donano un’autentica sensazione di seduzione morbosa e insana.
Le pause non esistono, ed è un piacere soccombere all’estenuante giravolta di synth circolari, drum-machine e voci. L’efferato incipit di “Wraith In The Woodz” è solo l’inizio di un viaggio che prosegue con toni coerenti, dove il ritmo non straripa mai, ma implode su sé stesso con effetti ben più devastanti (“Luv Sich Vampires”, i magistrali stop&go di “How Couvl I”, gli accenni dark-dance nella bellissima “Mother Ov God”). Le parentesi electro-pop non scalfiscono una corazza fatta di nero e orrori (il sex-appeal della voce femminea in “The Bvrning” e “Yr A Ghost” oltre alla finale, parzialmente solare, “Fog Machine”), coadiuvate da due abissi neri come la pece: “Svmmer In Oslo” (il pezzo più opulento e scuro dell’album) e “Don’t Tvrn Yr Back On Magic” (inarrestabile e massiva).
Messo sul mercato nel periodo pre-vacanziero con scarsa fortuna, Gloom ha tutte le potenzialità per sparigliare le carte in tavola e mettere in difficoltà incrollabili certezze.

Contributi di Alessandro Biancalana ("Gloom")

Crossover

Discografia

Fantasmo (Codek, 2001)

6

The Journey to Gröb (Gigolo, 2003)

6,5

Cryptic And Dire Sallow Faced Hoods Blast Off Into Oblivion (Gigolo, 2005)

7,5

Gloom (Desire Records, 2012)

7

Pietra miliare
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Gigolo Records