Amor Fou

Una piccola favola pop

intervista di Claudio Lancia

Gli Amor Fou si stanno dimostrando una delle realtà più interessanti e stimolanti del panorama musicale italiano contemporaneo. Un doppio appuntamento live a distanza di qualche settimana al Sottoscala Nove di Latina (prima come Amor Fou, poi come Casador) è l'occasione giusta per affrontare svariati argomenti con Alessandro Raina, cantante e compositore della band.

Alessandro, vorrei partire dal tuo percorso personale. Un percorso e imperniato sul trasformismo continuo che ti ha portato negli ultimi dieci anni ad assumere vesti diverse in progetti dall'approccio differente (Giardini di Mirò, Noorda, Amor Fou) e a celarti dietro uno pseudonimo (Casador) anche quando ti sei presentato con lavori solisti.

Non credi che mostrarsi con ragioni sociali diverse (una strada percorsa per certi versi anche da Prince qualche anno fa, ndr) possa disorientare la maggior parte del pubblico, spesso distratto, rendendo più difficile seguire correttamente la tua traiettoria artistica?

In realtà in tutta la mia "carriera" l'unico cambiamento è stato l'abbandono del mio vero nome per Casador.
Ho partecipato come ospite in progetti che però non facevano capo a me (Giardini di Mirò e Noorda) mentre per i miei lavori solisti ho sempre usato il mio vero nome, prima di optare per Casador, scelta dettata anche dalla volontà di proporre il progetto su base non solo nazionale.
Amor Fou è il primo gruppo di cui faccio parte in qualità non di ospite ma di fondatore. Se ci pensi, quindi, i cambiamenti non sono poi così tanti. Il fatto è che ho cominciato a fare musica pochi anni fa, come ospite, e solo in seguito ho sentito di poter proporre dei progetti miei al 100%. Che il pubblico italiano sia spesso distratto e confusionario - ahimè - è una certezza, ma credo che nel tempo se il percorso di un musicista e la sua eventuale cifra stilistica riescono a imporsi, il pubblico impiega poco a individuarlo. Che ci si affezioni è tutt'altra cosa.

Mi intriga molto la tua storia: un giornalista musicale raffinato che riesce a coronare il sogno di entrare a far parte di una delle band più interessanti dell'alt-rock italiano. Un po' il fan che diventa protagonista, no?

Effettivamente è una storia singolare, ma credo che fare esperienze di vita molto diverse e non solo orientate alla musica mi abbia fatto arrivare a essa con più lucidità e soprattutto con un bagaglio di storie e stimoli da mettere in gioco, che nell'ambiente musicale ho trovato purtroppo molto raramente.
Collaborare con i Giardini di Mirò è stata un'esperienza a metà fra la vacanza da sogno e ... lo stage, ma sul piano musicale non ho avuto modo di acquisire moltissime competenze, anche per via dell'intensa attività del gruppo. E' stato però un bel prologo e un grande privilegio. Mi ha permesso di capire quale fosse l'approccio più adeguato al mio modo di intendere la musica e conoscere pregi e difetti del panorama italiano.

Divergenze di vedute con il resto dei Giardini di Mirò ti hanno spinto verso il progetto più "cantautorale" degli Amor Fou. Una sorta di superband, non trovi?

Le divergenze con i Giardini di Mirò si risolvono nelle normali difficoltà che un gruppo molto compatto incontra nel doversi mettere in discussione dopo tanti anni al cospetto di un nuovo elemento che sta muovendo i primi passi. E' mancata l'esperienza e non c'era il tempo di crescere insieme per mettere a fuoco un linguaggio comune, ma i risultati sono stati comunque molto importanti per me e per loro.
Amor Fou non sono un supergruppo, ma un progetto formato su un'idea condivisa della musica e di quanto essa può significare, a cui hanno partecipato e partecipano artisti capaci e volonterosi.

Dopo il primo disco, accolto in maniera molto positiva dalla critica, subito un cambio che interessa metà della line-up. Puoi spiegarcene i motivi.

I motivi si riassumono nella totale divergenza di presupposti non tanto sul progetto, ma sul significato da dare al fare musica e al proporre certi contenuti. Questo, unito a una totale mancanza di chiarezza e di motivazioni da parte di alcuni, ha portato inevitabilmente a dover ripensare il gruppo dalla base, o meglio a trasformarlo in qualcosa di molto più affine ai suoi presupposti. I quali sono sempre stati chiarissimi sia a me che a Leziero ma verso i quali non tutti hanno mostrato motivazione e identificazione, elementi senza i quali un progetto così non ha ragione di esistere.

In un mondo dominato dal mordi e fuggi e dalle compilation personalizzate sugli iPod, verrebbe considerato un suicidio realizzare un concept-album troppo impegnativo. Eppure gli Amor Fou hanno il coraggio ne "La stagione del cannibale" di partire da uno degli eventi più controversi della recente storia italica (la strage di Piazza Fontana) per passare in rassegna quarant'anni di vita sociale del nostro paese in un disco piuttosto complesso. La scommessa la ritieni vinta? Raccontaci la genesi del primo lavoro firmato dagli Amor Fou.
In realtà credo che ogni disco, tanto più se di stampo cantautorale, debba contenere un concetto di fondo sviluppato attraverso canzoni e testi. E' una tendenza che purtroppo in Italia è andata perdendosi a favore di elementi stilistici e manieristici o è stata oscurata dalla figura dell'interprete, tuttora preponderante.
Al di là del non ritenerci dotati di qualità musicali e vocali di per sé sufficienti a giustificare la produzione di dischi come attività esclusiva, ci siamo sempre visti come persone legate da una comune urgenza di tradurre un immaginario, in cui si accostano storie, persone, eventi con i quali ci confrontiamo e ci siamo confrontati tutti, come artisti, cronisti o normali cittadini.
Al centro c'è sempre la dimensione umana, ma la vita non finisce lì: perdere il contatto con la realtà o crearne una modellata sul proprio personaggio richiede una capacità immaginativa mostruosa e francamente penso ce l'abbiano in pochissimi nella storia.
Il primo disco degli Amor Fou è nato mettendo insieme le tessere di una storia d'amore lunga e tormentata sullo sfondo di pagine emblematiche per il nostro paese. Il nuovo disco è un vero e proprio catalogo di personaggi reali e altrettanto emblematici. E così sarà quello che verrà dopo.

Nelle vostre composizioni è evidente una notevole ricerca testuale, persino i titoli di alcune canzoni (penso a "Venti giorni di una donna famosa" oppure a "Ore 10 parla un misogino") sono assolutamente originali.

Sono titoli tratti da film, libri, giornali, ossia tutto quello di cui ci si nutre per mettere a fuoco i contenuti e le ragioni delle canzoni che si pubblicano.

Amor Fou - Alessandro RainaQuali sono le principali differenze che hai riscontrato vivendo dal di dentro due progetti importanti come Giardini di Mirò e Amor Fou? Ad esempio, l'approccio alla costruzione dei pezzi mostra differenze rilevanti?

I Giardini di Mirò sono un gruppo di amici molto legati al proprio territorio, folgorati dall'esplosione di una corrente musicale, il post-rock, in cui sono state "diluite" nel tempo varie influenze e suggestioni, ma che ha costruito la propria fama riproponendo molto bene gli stilemi della corrente stessa. I cambiamenti sono stati molto graduali e misurati, principalmente perché non si tratta di un gruppo composto da musicisti preparatissimi né particolarmente interessati ad esserlo, ma da cultori di ottima musica con le idee molto chiare su cosa il proprio progetto dovesse essere o non essere, il che ha dei grandi pregi ma può alla lunga essere limitante.
Gli Amor Fou sono nati dalla collaborazione di un ex-giornalista/scrittore artisticamente molto acerbo con musicisti di grandissima caratura, molto preparati e versatili a ogni livello, dalla performance alla produzione.
Sotto questo profilo, dialogare, comporre, registrare e suonare con gente come Luca Saporiti o Leziero Rescigno ha rappresentato per me una grandissima scuola e un continuo stimolo a imparare e perfezionare il mio stile.

Il tuo interesse verso il mercato estero resta sempre prioritario? Intendi continuare a perseguirlo? Come pensi possa coniugarsi con la scelta di cantare in italiano?

In effetti non ha alcun senso pensare di proporsi al mercato estero con un progetto in italiano. Per questo motivo ho intrapreso il progetto Casador, con tutta la pazienza necessaria a farlo crescere e renderlo "presentabile" in un panorama fitto, caotico e qualitativamente ricchissimo come quello internazionale.

Amor Fou continuerà a essere una creatura sempre più elettrica e sempre meno elettronica?

Amor Fou continuerà a vestire l'immaginario delle proprie canzoni in modo coerente, qualsiasi scelta stilistica richieda. Non ci siamo mai posti problemi di appartenenza, le influenze sono vastissime e questo, quando si ha ben chiaro cosa si voglia ottenere, è certamente un grande stimolo. Dunque l'elettronica ricomparirà se e quando ci sembrerà necessaria. Nel caso del primo disco è stata quasi una condizione sine qua non e ciò ha sicuramente limitato l'espressività del disco.

Nella tua carriera ti sei trovato a dividere palchi importanti con artisti di categoria superiore quali Wilco e Lali Puna. Raccontaci qualche aneddoto.

Gli aneddoti sono moltissimi, ma non c'è nulla di singolare, almeno riguardo agli artisti che citi. Anzi, la cosa che colpisce di più in loro è l'essere assolutamente "down to earth". Il basso profilo, la serenità con cui vivono il proprio lavoro e rispettano il ruolo di chi condivide il palco pur non avendo un briciolo del loro talento né una dimensione di popolarità così vasta. Ho sicuramente avuto la fortuna di apprendere moltissimo dialogando, ma soprattutto osservando da vicino artisti come Jeff Tweedy, Micah P. Hinson, Shannon Wright o Glen Johnson, ma posso dire lo stesso anche per artisti italiani e molto meno celebri.

Ritengo la band di Jeff Tweedy la più importante nel panorama alt-rock internazionale del primo scorcio del nuovo millennio. Saprai senz'altro renderci in maniera adeguata l'emozione provata al loro cospetto.
Io li ho visti a Firenze qualche mese fa e purtroppo a fine concerto se la son data subito a gambe. Atteggiamenti sempre poco eleganti, non trovi? Cosa costa fermarsi a firmare dieci autografi al pubblico che ti segue in maniera così affezionata e che tutto sommato garantisce la tua sopravvivenza artistica?
Posso immaginare la situazione e per quanto poco possa aver capito passandoci una giornata insieme penso che si tratti di persone semplicemente molto riservate che considerano sufficiente il grandissimo prodotto che danno al pubblico nelle due ore di concerto, oltre ovviamente ai dischi. Capisco bene il feticismo di noi latini, ma occorre considerare le diverse sensibilità.
Tweedy, al di là del privilegio insito nel vivere di musica, resta un uomo palesemente provato dalla vita e credo che la musica rappresenti per lui una salvezza così come una sfida quotidiana. Viaggiando in giro per il mondo 12 mesi l'anno si sprecano moltissime energie, mentali in primis, e regalare ore di musica di quel livello, praticamente ogni sera, è già di per sé un dono incredibile. Sarebbe molto peggio se Lady Gaga, che vive di popolarità prima che di contenuti musicali, si negasse ai fan.
Tweedy e soci mettono la musica davanti a tutto e questo è ok, tanto più se ti fanno tornare a casa col privilegio di aver ascoltato la migliore band del pianeta. Posso dirti che dieci minuti dopo il concerto di Torino gli Wilco erano tutti dietro a un Mac a chattare con le loro mogli e i loro figli, distanti migliaia di chilometri, e forse questa dimensione permette loro di concentrarsi completamente sulla musica nel momento in cui si dedicano a essa. Sono però persone sobrie, timide, disponibilissime (e non è una costante fra i musicisti, ci mancherebbe altro) e rispettose del proprio pubblico, a cui danno tantissimo al di là degli autografi.

Un giochino alla Nick Hornby: i cinque dischi che hai in heavy rotation in questi giorni, più il titolo del libro che Alessandro Raina ha sul comodino.

"Heroes" di David Bowie, "Magical Mystery Tour" dei Beatles, una compilation di Sergio Endrigo, "No Cities Left", il clamoroso esordio dei Dears, "Kid A" dei Radiohead. I prossimi dischi che ho intenzione di approfondire saranno quelli di Grizzly Bear, XX e Langhorne Slim.
Ascolto poche cose, ma se un disco mi piace non me ne stacco prima di due mesi, e credo che non cambierò mai questa attitudine. La musica richiede pazienza, almeno per me, ma ricambia sempre. In un momento così caotico ho invece poco tempo per concentrarmi a leggere...l'ultimo volume affrontato è un libro di ricette tratte dai film di Charlie Chaplin (la cucina è la mia passione principale) e una biografia di Marcello Mastroianni.

Mettiamo un po' di pepe: parliamo di altre band italiane, soffermandoci su nomi ormai affermati.
Cosa pensi della "svolta artistoide" dei Marlene Kuntz? E della "conversione" di Giovanni Lindo Ferretti? E degli Afterhours a Sanremo? E dei Giardini di Mirò che nel 2009 musicano un film attraverso sequenze musicali di una noia mortale?
La provocazione è attuale ma credo mi sia impossibile, ammesso che la mia opinione interessi a qualcuno, dire la mia su questi presupposti! La mia fase acida è terminata, credici (ride di gusto, ndr).
Scherzi a parte, i Marlene Kuntz credo siano artistoidi da sempre, e anche per questo restano un gruppo unico per il nostro panorama musicale, al di là degli alti e bassi nella produzione. Lo dicono i testi e l'attitudine di Cristiano Godano, la quale mi pare sia rimasta intatta. La conversione è un momento assolutamente interiore e privato della via di una persona, al di là di quanto possa apparire controversa nel caso di un artista che ha spesso palesato opinioni politiche e culturali molto radicali. Posso però dire che non doveva certo arrivare il buon Giovanni Lindo Ferretti a dirci che Joseph Ratzinger è un teologo di grandissima caratura, ma mi rendo conto che in un certo contesto si tratti di argomenti molto scomodi e che la religione in sé sia vissuta in maniera troppo spesso estremizzata e poco costruttiva, sia da parte di chi ci si identifica che dai miscredenti. Gli Afterhours sono andati a Sanremo in modo molto onesto, con un brano che non mi pare il migliore della loro produzione, ma credo che cioè abbia fatto parte di un legittimo percorso di divulgazione della loro musica, arrivata troppo tardi (e forse nemmeno nella fase di maggior creatività di Manuel) all'attenzione del grandissimo pubblico.
Gruppi come i Giardini di Mirò in genere o li ami o li trovi di una noia mortale, o forse ci sono diversi modi di suscitare noia, e loro, se lo fanno, lo fanno con grande stile. In ogni caso si tratta di grandissimi artisti, con discografie invidiabili.
Mi soffermerei anche su altri avvenimenti che ritengo scottanti e controversi nel panorama musicale alternativo, ad esempio mi ha colpito molto la recente decisione di Moltheni di abbandonare le scene. E continua a stupirmi la perentoria e istantanea salita alla ribalta di progetti musicali che se fossero stati concepiti in un periodo storico capace di esprimere una critica musicale più autorevole e un pubblico più esigente, non sarebbero andati oltre le rubriche dei demo.

Con quali band del circuito nazionale gli Amor Fou sono maggiormente in contatto? E con quali band (anche estere) vi piacerebbe collaborare in futuro?

Non siamo in contatto con nessuna band o artista in particolare, ma stimiamo e se capita ci confrontiamo affettuosamente con artisti che condividono il nostro percorso e i palchi su cui suoniamo, da Paolo Benvegnù a Moltheni, dai Massimo Volume ad Alessandro Grazian. All'estero ci sono centinaia di artisti e band con cui ci piacerebbe collaborare, l'elenco è veramente troppo lungo, ma posso anticiparti che qualche idea in pentola bolle già.

Il nome di una band italiana emergente da segnalare?

Non mi è facile individuare un nome, per motivi che non sto qui a elencarti, ma mi auguro di essere presto costretto a ricredermi. Apprezzo moltissimo la vocalità di Thony, una cantautrice italo-polacca di stanza a Roma, e mi aspetto molto dai News For Lulu, capitanati da Nicola Crivelli (già nei Green Like July), mentre mi pare che i media si siano già accorti degli Albanopower del mio amico Lorenzo Urciullo, da cui prima o poi verranno belle cose anche come solista in italiano.
In tutti i casi si tratti di progetti che già da tempo avrebbero dovuto mettersi in condizioni di proporsi sulla scena internazionale e che in Italia purtroppo non avranno mai particolare considerazione, innanzitutto per la lingua utilizzata. Se ha senso definirla "emergente", aggiungo anche che Barbara Petrina è un grande patrimonio per la ricerca musicale italiana.

Alessandro Raina tiene ancora viva la passione per il giornalismo? Ed in questo contesto come giudichi la proliferazione delle webzine che tendono a togliere spazio alla carta stampata?

La proliferazione del digitale in sé amplia in maniera esponenziale la possibilità di diffusione di informazioni e contenuti totalmente irrilevanti o quasi. Questa è una conseguenza del fatto che sempre più persone hanno la possibilità di comunicare, e che ritengono di doverlo fare al di là della bontà degli argomenti trattati e al di là dall'aver passato abbastanza tempo a cercare il modo giusto per farlo.Ho smesso di scrivere e non credo di riprendere, ma la scrittura resta la mia principale passione e in un modo o nell'altro continuerò a manifestarlo.

Discorso non distante dall'ormai  eterna diatriba fra downloading e piacere di possedere l'oggetto-disco, non trovi? Del resto sull'argomento "distribuzione digitale" Amor Fou e Casador in Italia si sono rivelati all'avanguardia...

Ci siamo sempre posti l'obiettivo di preservare la qualità del materiale che diffondiamo, a prescindere dal formato in cui arriva al pubblico. Questo ci ha reso forse meno prolifici, ma ci ha dato la possibilità di concentrarci al meglio sul prodotto finale. Dedichiamo grandissima cura a tutti gli elementi, musicali e non, poi è il pubblico a scegliere se fruire della nostra musica al 5, al 60 o al 100%, possedendo cioè anche gli oggetti fisici con cui la presentiamo.

Domanda di rito: cosa faranno gli Amor Fou da grandi?

Si indebiteranno per fare dischi e accumulare proventi con cui coprire parte dei debiti stessi. Dunque non usufruiranno mai dello scudo fiscale.

Discografia

AMOR FOU
La stagione del cannibale (Homesleep, 2007)7
Filemone e Bauci (Ep, Homesleep, 2009)6,5
I Moralisti (Emi, 2010)7,5
Cento giorni da oggi (Universal, 2012)7
ALESSANDRO RAINA
Colonia Paradi'es(Cane Andaluso, 1999)
Nema Fictzione(City Living, 2006)
CASADOR
The Puritans(Ep, autoprodotto, 2008)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

De Pedis
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(videoclip da I moralisti, 2010)
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(videoclip da 100 giorni da oggi, 2012)

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