Bad Love Experience

La teoria dell'evoluzione

intervista di Fabio Guastalla

Dal garage-rock degli esordi al britpop di "Rainy Days", dal folk contaminato di "Pacifico" al prog-rock elettronico del nuovo "Believe Nothing". Nei quattro album finora pubblicati, i livornesi Bad Love Experience (Valerio Casini, Emanuele Voliani, Gabriele Bogi, Marco Capozzi e il neo-entrato produttore e polistrumentista Ivan Antonio Rossi) hanno sperimentato altrettanti generi, spostando sempre più in alto l'asticella. Una nomination ai David di Donatello per la colonna sonora de "La prima cosa bella" di Paolo Virzì e diversi tour europei alle spalle, la formazione toscana continua imperterrita a guardare avanti. Non per scelta, ma per indole.

“Believe Nothing” segna una ennesima svolta nel vostro sound. Una scelta pianificata oppure un'evoluzione naturale?
Ivan: Credo che l’evoluzione o il cambiamento siano connaturati nell’approccio alla musica dei Bad Love Experience. Il tipo di cambiamento o la direzione dipende probabilmente dalle suggestioni, dagli ascolti e dalla ricerca di quel momento. “Believe Nothing” viene dalla voglia di provare a fare un disco di rock metà anni 70, sperimentando con l’elettronica, con la forma-canzone, con i testi. I pezzi che Valerio aveva composto si prestavano particolarmente già in scrittura, pertanto è venuto tutto molto naturalmente. 
 
Nel nuovo lavoro abbandonate in parte il folk di “Pacifico” e aggiungete molta elettronica. Più in generale, ogni vostro disco si dirige in ambiti diversi, pur restando nel solco del cosiddetto indie-rock. Qui sembra esserci l'ambizione di allestire un'opera più ambiziosa sotto il profilo della costruzione delle canzoni. Perché dunque questi continui cambi di prospettive, e in che modo avete realizzato questo album?
Ivan: Tutto è partito dai demo, che Valerio periodicamente mi ha inviato. Ormai sono il quinto Bad Love, ma vivendo io a Milano e i Bad Love Experience a Livorno, abbiamo dovuto mettere a punto un metodo di lavoro basato sullo scambio delle sessioni di Protools. Valerio butta giù delle idee, va in sala con i ragazzi, e perfezionano i demo, mi mandano la sessione, io aggiungo idee mie - principalmente synth o drum machine - e rimando la sessione indietro. Loro ci lavorano ancora e così via, fino a quando non si entra in studio. Per la realizzazione del disco ci siamo spostati in diversi studi, secondo quello che dovevamo fare. Per esempio, volevamo assolutamente registrare sintetizzatori analogici “veri” e non utilizzare virtual synth. Allora siamo andati al Mono Studio a Milano, che conosco bene e che ha un bel parco synth. La produzione non è stata un processo lineare, abbiamo “provato e riprovato”, cambiato idea più volte. Tutti noi amiamo stare in studio e sperimentare molto. 
 
Ho letto tra l'altro che dopo la pubblicazione di “Pacifico” e il relativo tour, in parte vissuto di spalla ai Piano Magic, avete pensato di sciogliere la band. Quali erano le motivazioni, e in che modo ha poi prevalso la volontà di andare avanti?
Gabriele: È stato un momento duro per la band. Provenivamo dal tour di "Pacifico", appunto, e le nostre energie si erano parecchio affievolite. Eravamo stanchi di essere regolati da qualcuno che un sostegno effettivo non ce lo dava, eravamo frustrati a vari livelli, avevamo speso quantità infinite di energie nel preparare quel disco, quei live, quella promozione, il tutto da veri perfezionisti. Eravamo stanchi dei tanti meccanismi che regolano la musica in Italia. In più, stavamo passando da un'età in cui ci si può definire ragazzi a quella in cui ci si può definire uomini, con tutte le conseguenze mentali che ne derivano. Dopo oltre dieci anni sempre attivi, per la prima volta, sentivamo di fermarci un attimo per prendere fiato e capire cosa fare. Con il rischio, appunto, di non riprendere la corsa. È stata una situazione di stallo che è durata più di un anno. Lentamente, poi, l'accettazione di varie dinamiche, l'affermarsi di alcune consapevolezze su noi stessi e, in particolare, sulla musica, oltre a una sana disillusione, ci hanno rimesso in piedi. Ci siamo resi conto che, spogliata di ogni cosa la band, rimaneva, appunto, solo la musica e che ci piaceva farla. In qualche modo avevamo ancora cose da fare e da dire. Avevamo dei demo dei pezzi di Believe Nothing che girammo al nostro produttore, Ivan Rossi, appunto. Il suo entusiasmo nel volerli produrre è stato contagioso e nel giro di pochi mesi eravamo di nuovo in studio…
 
Nella band è entrato in pianta stabile Ivan Antonio Rossi, uno dei produttori più importanti della scena italiana. Di cosa si occuperà all'interno della formazione, e che valore aggiunto può offrire?
Gabriele: L'entrata di Ivan nel progetto Bad Love Experience è stata una semplice evoluzione di un rapporto che si era instaurato già da qualche anno, diciamo a partire dalle sedute di registrazione del nostro disco precedente, "Pacifico". Ci siamo trovati da subito in sintonia con lui, soprattutto per le affinità musicali che abbiamo, la comune passione per lo studio di registrazione inteso anche come "strumento", la voglia di  sperimentare. È un produttore molto competente sul lato tecnico e in un certo senso anche esigente verso i musicisti. Riesce molto bene a veicolare le nostre idee per renderle concrete, con lui c'è un continuo scambio e un continuo "prova e riprova" finché non si giunge al punto giusto. Spesso ci coinvolge nella realizzazione di quadri sonori che ci spingono ogni volta a rimetterci in gioco (come le nostre versioni de "Il vento" di Battisti o la partecipazione al Song reader di Beck). Sarà contento se dico che è un po' come Godrich per i Radiohead...
 
La scena livornese è una delle più interessanti d'Italia, e da parte vostra siete tra i promotori della nuova etichetta Inner Animal Recordings, sorta di collettivo che raccoglie i progetti della zona. Ci raccontate come nasce e quali obiettivi si prefigge questo progetto?
Gabriele: La Inner Animal Recordings è allo stesso tempo una realtà nuova e fresca di pochi mesi e una realtà che esiste praticamente da quando abbiamo preso in mano gli strumenti da adolescenti. È un collettivo di musicisti che si conosce e collabora da tempo e adesso ci siamo semplicemente dati un nome che ci rappresenti. Si ispira molto a quelle dimensioni suburbane degli Stati Uniti degli anni 90, a quei collettivi di band e musicisti indie (nel vero senso della parola) promotori di un certo sound e di un certo modo di approcciare la musica che, aggregandosi, potevano finalmente avere un'identità riconoscibile (vedi per esempio la Elephant 6). È una dimensione semplice, che non si pone particolari obiettivi, ognuno fa il suo percorso, l'umanità e lo scambio a 360 gradi fra i vari membri ripaga molto più delle tante "chiacchiere" degli ultimi anni. Per certi versi è un ritorno al Do It Yourself e, vista la sua scena storica, è naturale che sia nata una realtà del genere proprio a Livorno.
 
Negli anni avete spesso imbastito tour europei, ne avete altri in cantiere?
Gabriele: In questo momento stiamo proprio lavorando per portare il live di Believe Nothing fuori dai confini nazionali. Non c'è ancora niente di definitivo ma per la prossima stagione autunnale è molto probabile che saremo in giro in Europa per un po' di live e, se tutto va bene, suoneremo anche in nazioni dove non abbiamo ancora avuto modo di esibirci, come la Spagna.
 
La collaborazione con il regista e concittadino Paolo Virzì vi aveva fruttato una nomination ai David di Donatello come migliore colonna sonora. Tornerete prima o poi a incrociare la vostra strada con quella del cinema?
Gabriele: Per noi poter incrociare la nostra strada con quella del cinema è sempre stato un invito a nozze. Le esperienze passate hanno funzionato e ci hanno divertito. Avere un tuo brano come cornice di una scena di un film è un'esperienza davvero emozionante. Attualmente, comunque, siamo in trattative per qualcosa di nuovo anche per noi, sempre ambito cinema ma con meno "finzione"... se andrà come deve, sarà molto bello!

Discografia

Bad (Love) Experience (autoproduzione, 2006)
Rainy Days(Inconsapevole Records, 2009)
Pacifico(Black Candy/Tannen, 2012)
Believe Nothing (Inner Animal Recordings, 2015)
Pietra miliare
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