Balmorhea

Notturno lacustre per corde e archi

intervista di Raffaello Russo

Nell'imminenza della pubblicazione di "Constellations" quarto album dei Balmorhea (terzo ufficiale per la Western Vinyl), Michael Muller traccia in esclusiva per i lettori di OndaRock una breve storia della band e delle ispirazioni sottese alla sua musica. Dall'iniziale incontro con Rob Lowe all'ampliamento della line-up in uno stabile quintetto; dai retaggi post-classici alle suggestioni da camera, passando per il legame culturale, geografico e musicale col territorio texano, cerchiamo di conoscere meglio attraverso le sue parole un'esperienza artistica tra le più lucide e riconoscibili degli ultimi anni.

Qual è stata la vostra storia e formazione musicale? Come vi siete incontrati e avete deciso di far musica insieme?

Rob proviene da un'autentica formazione pianistica di tipo classico, mentre io avevo cominciato a suonare la chitarra in maniera meno metodica. Ci siamo incontrati lavorando in un campeggio estivo situato nella zona collinare del Texas, che si trova a circa tre ore di macchina a ovest della capitale Austin, dove attualmente risiediamo. Dopo aver trascorso un po' di tempo insieme ci siamo accorti che avevamo interessi e gusti musicali in comune. Dopo di che, abbiamo lentamente cominciato a suonare insieme sempre più spesso e poi abbiamo deciso di scrivere brani insieme, ed è così che è nata l'idea dei Balmorhea.


Nel corso del tempo, però, la maggiore complessità e ricchezza delle composizioni sembra aver reso indispensabile per voi allargare la band ad altri musicisti. Si è trattato di un processo spontaneo o è stato frutto di una scelta ben precisa? È cambiato qualcosa nel vostro modo di comporre adesso che non lo fate più soltanto per voi stessi?

Il processo espansivo della band sia dal punto di vista sonoro che da quello della formazione si è originato in maniera molto organica. È stato il frutto di una scelta consapevole ma al contempo ha rappresentato un'evoluzione naturale. Semplicemente, facciamo la musica che ci sentiamo fare; attraverso le nostre composizioni, non abbiamo mai cercato di conseguire un risultato specifico che non fosse la loro autenticità rispetto a qualcosa che in un determinato momento necessitava di essere espresso. Ovviamente questo non significa che vogliamo rifare lo stesso disco in continuazione, quindi in un certo senso stiamo cercando di raggiungere nuovi orizzonti per quanto riguarda la strumentazione e gli arrangiamenti.


La vostra provenienza texana è la stessa di molte band importanti degli ultimi anni, in particolare in ambito post-rock. Vi sentite legati alla scena artistica texana, avete contatti con altre band?

Sì, ci sentiamo vicini all'ambiente texano perché fornisce gran parte dell'ispirazione per la nostra musica (in particolare I titoli dei dischi, dei brani e lo stesso nome della band). Dal punto di vista strettamente musicale, invece, con ci sentiamo molto vicini a nessuna band texana in particolare, anche perché ultimamente dalle nostre parti stanno venendo fuori soprattutto band post-rock o indie-pop. Ci sono degli aspetti di alcuni artisti texani (come gli Explosions In The Sky o Bill Callahan) che risuonano nella nostra musica, ma non riteniamo di avere molto in comune con il loro stile espressivo, né con il quadro complessivo della scena.


A proposito di post-rock, il vostro primo album autoprodotto è stato da molti avvicinato a quella definizione generalista, mentre poi i lavori successivi hanno testimoniato un'evoluzione in una direzione molto più particolare. Cosa pensate dell'etichetta post-rock?

Non ci consideriamo affatto una band post-rock, visto che le nostre composizioni sono incentrate sul piano e su strumenti acustici a corda. E la definizione stessa di "post-rock" sembra aver smarrito significato nel corso degli anni: è troppo ampia e cerca di riassumere e mettere in relazione distanze stilistiche troppo vaste. Per questo non ci curiamo più di tanto della definizione o del modo in cui viene classificata.


Al Texas sembrate molto legati anche per quanto riguarda il territorio e la sua storia, come dimostra la dedica concettuale di "All Is Wild, All Is Silent" e i titoli di molti dei suoi brani: da cosa nasce questo interesse? Si tratta di un modo per stabilire una continuità storica della musica che fate voi oggi o quei riferimenti rispondono semplicemente a esigenze di natura culturale?

Il concept di "All Is Wild, All Is Silent" ha tratto origine da un libro che raccoglieva l'antico diario di un colono texano, un estratto dal libro è stato anche riprodotto all'interno dell'artwork dell'album. Il legame di quella storia con la nostra musica ci è sembrato molto forte e coerente, ed è stato molto interessante svilupparlo. Fondamentalmente si tratta del racconto di un uomo che abbandona la propria famiglia per esplorare l'ignoto, alla ricerca della possibilità di una vita e di un luogo migliore. Il profondo contrasto tra la bellezza dei luoghi e la paura dell'ignoto ha rappresentato per noi un filo conduttore splendido e sorprendente.


La vostra musica sembra collocata in un altrove spazio-temporale: vi guardate indietro, attraverso l'utilizzo di una strumentazione tradizionale e adesso anche attingendo esplicitamente anche al folk, eppure sembrate proiettati in avanti, a esplorazioni sonore e intrecci compositivi sempre nuovi. Come conciliate questi due aspetti in apparenza diversi?

La nostra finalità è quella di conseguire un certo stile che ci renda distinguibili come "Balmorhea", pur nella continua esplorazione di nuovi stili di scrittura e nuove strumentazioni. Questo è evidente  nella notevole differenza di temperamento tra "All Is Wild, All Is Silent" e il nuovo disco "Constellations".


Quattro album nel giro di poco più di quattro anni: si direbbe che avete una notevole urgenza creativa che vi porta a comporre molto spesso, facendo maturare di volta in volto il vostro suono. Avete una condizione prediletta per comporre? Vi lasciate guidare dalle emozioni momentanee, oppure i tuoi brani nascono in maniera più tecnica e studiata?

Ogni disco ha avuto origine in maniera in un certo senso "selvaggia", spontanea e mai programmata a tavolino. Il loro ordine e i rispettivi tempi di scrittura e realizzazione sono stati del tutto naturali. La loro composizione è stata al più influenzata dalle stagioni dell'anno nelle quali ha avuto luogo: la parte predominante di "All Is Wild, All Is Silent" è stata concepita nei mesi estivi, mentre "Constellations" è stato scritto nel corso di mesi invernali freddi e solitari. E così, l'abbraccio di ogni stagione trova corrispondenza evidente nella musica.


In particolare, quando scrivere i brani, pensate mai a una loro specifica modalità di fruizione da parte dell'ascoltatore? Vi sentireste di fare una piccola "guida all'ascolto" della vostra musica, individuando a un modo o una situazione in cui dovrebbe essere ascoltata?

Ritengo che la nostra musica possa trovare il suo miglior contesto in un ascolto in cuffia in un paesaggio tranquillo. Immagino che possa conseguire un effetto più profondo se ascoltata in viaggio o mentre si fa qualcosa in posizione reclinata. Penso comunque che ogni ascoltatore abbia una prospettiva diversa, per cui mi auguro che ognuno possa entrare in contatto con la nostra musica nella condizione in cui si trova più a proprio agio.


Per quanto sia riduttivo considerarla come una sorta di colonna sonora, la vostra musica evoca spesso immagini e suggestioni molto forti, come dimostra perfettamente anche il bellissimo video di "Remembrance". Come vivete il rapporto tra musica e immagini?

In tutti i brani di "All Is Wild, All Is Silent", c'è una specifica progressione narrative: "Remembrance" rappresenta un passaggio di quella storia immaginaria che senza parole abbiamo narrato nel corso di tutto l'album, che appunto segue una trama specifica e ben definita.

In generale, a noi stessi la nostra musica evoca immagini forti, rispondenti a sentimenti che albergano dentro di noi. Riusciamo a esprimere soltanto una piccola parte del nostro "background" out, ma per noi è importante lasciare all'ascoltatore la possibilità di sviluppare le proprie immagini da collegare alla musica. Analogamente a quanto avviene con un libro, non vogliamo precludergli questa possibilità, riversando le varie suggestioni in un film nel quale le caratterizzazioni e immagini sono concrete, limitate e magari diverse in negative rispetto a quanto il lettore ha potuto immaginare.


Oltre alle immagini, nei vostri dischi ricorre spesso il tema del ricordo, soprattutto legato a luoghi, paesaggi, stagioni. La musica per voi serve a farli rivivere, oppure è un modo per cristallizzare determinati momenti in una cornice che li collochi in un passato immutabile?

La memoria uditiva e quella olfattiva, forse anche da un punto di vista scientifico, rappresentano i più forti recettori attraverso I quali l'essere umano forma i propri. Certe sequenze di toni, così come certi odori, suscitano in noi ricordi molto precisi e dettagliati; in quel senso, sì, la musica può essere cristallizzata in un dato momento, ma anche in quel caso non può essere confinata a quello soltanto. Nuove sensazioni e nuovi ricordi sono vengono ad esistenza continuamente, ad ogni ascolto, a seconda di ciò che l'ascoltatore sta provando dal punto di vista sia fisico che emotivo nel momento in cui ascolta.


In "All Is Wild, All Is Silent" si affacciano alcuni vocalizzi più decisi, ma la vostra rimane una musica esclusivamente strumentale: da che cosa dipende questa scelta? Pensate di poter mai scrivere una vera e propria canzone?

Anche in questo caso si è trattato di una scelta del tutto spontanea, della quale preferiamo lasciare aperto all'ascoltatore il significato. I testi sono una cosa molto spesso interessante, ma la loro assenza rimuove ogni limite alle finalità della musica, che in questo modo può essere modellata secondo i significati più diversi. Quest'ampiezza dello spettro delle possibili interpretazioni può in qualche modo essere ostacolata quando le parole imbrigliano l'immaginazione.


Proprio perché nella vostra musica non ci sono parole, i titoli dei brani e quelli degli album sono spesso molto efficaci e densi di significato. Da cosa traete ispirazione quando li scegliete?

L'ispirazione per i nostri titoli scaturisce di solito da ciò che ci circonda ed è legata da un punto di vista emotivo a quello che proviamo mentre componiamo, così come anche alla storia, alla letteratura o all'arte che possono avere a che fare con la complessiva struttura di ogni raccolta di canzoni. Tutti i brani del nostro nuovo disco, infatti, descrivono le prevalenti sensazioni che abbiamo provato mentre li abbiamo scritti e provati.


Cosa pensate della definizione di "modern classical"? La ritenete in qualche modo adeguata alla vostra musica?

È una buona definizione, credo sia più che appropriata. Qualcuno ha utilizzato anche l'espressione "post-classical", che pure suona altrettanto adeguata. Ma la nostra musica è semplicemente se stessa, per cui a noi va bene qualunque definizione sia più facile per l'ascoltatore per identificarla.


Com'è nata l'idea di "All Is Wild, All Is Silent Remixes"? In generale, pensate che l'elettronica possa arricchire in qualche modo la vostra musica?

Negli ultimi anni abbiamo incontrato molti amici con i quali condividiamo una certa affinità stilistica o anche solo di indirizzi musicali. In realtà non era nostra intenzione cercare di "aggiungere" alla nostra musica qualcosa che a noi fosse sfuggito, ma volevamo soltanto permettere a degli amici di reinterpretare le nostre composizioni secondo la sensibilità loro propria. Le varie rielaborazioni sono molto diverse tra loro, perché sono il risultato di un riadattamento dei brani alle modalità espressive nelle quali ogni artista si sentiva maggiormente a proprio agio. E infatti il risultato si è tradotto in una vasta rassegna di sensazioni che sono state molto speciali anche per noi.


Siete già venuti un paio di volte a suonare in Italia, fermandovi quasi sempre al nord e suonando soltanto in cittadine non molto grandi. Come mai questa scelta di location particolari? E come siete stati accolti dal pubblico italiano?

In realtà non abbiamo avuto molta voce in capitolo circa i luoghi nei quali suonare, così le città e i locali dove abbiamo suonato sono stati soltanto quelli che si erano resi disponibili ed erano entusiasti per il nostro arrivo. Nelle nostre due esperienze italiane, tutti i concerti hanno avuto un'ottima partecipazione e in qualche caso sono finiti sold-out, il che è molto gratificante quando sei così lontano da casa. Il pubblico italiano è sempre stato molto caldo e amichevole nei nostril confronti e ci siamo veramente innamorati dei posti che abbiamo visitato e non vediamo l'ora di vederne e sperimentarne di nuovi. Torneremo a suonare in Italia ad aprile!


Quest'intervista sarà pubblicata in contemporanea con l'uscita di "Constellations": potete fornirci qualche anticipazione sull'ispirazione dalla quale ha tratto origine il nuovo disco e su cosa ci si può aspettare dal suo contenuto?

"Constellations" è un lavoro più essenziale, forse potrà essere interpretato come un passo indietro. È un album invernale e notturno, che racchiude suggestioni marine, così come una più complessiva sensazione di oscurità  (ma non in senso negativo), che traspare anche dai titoli dei brani. Nel disco c'è solo qualche accenno percussivo, mentre il suo indirizzo vira più verso tranquille piéce pianistiche e arrangiamenti d'archi. È un disco più "classical" rispetto ai nostri precedenti. Abbiamo impiegato più tempo del solito nel processo della sua scrittura e registrazione, per questo lo percepiamo come un buon passo in avanti per noi in qualità di band. E ci auguriamo che tutti quelli che lo ascolteranno saranno della stessa opinione.

Discografia

Balmorhea (Self Released, 2007)7
Rivers Arms (Western Vinyl, 2008)8
All Is Wild, All Is Silent (Western Vinyl, 2009)7,5
All Is Wild, All Is Silent Remixes (Western Vinyl, 2009)7
Constellations (Western Vinyl, 2010)8
Stranger(Western Vinyl, 2012)6
ClearLanguage(Western Vinyl, 2017)7
The Wind (Deutsche Grammophon, 2021)8
Pietra miliare
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