Calla

In rotta di collisione

intervista di Magda Di Genova

Incontro Wayne B. Magruder e Peter Gannon in un tardo pomeriggio invernale. Tra panini al formaggio e cioccolatini assortiti, cominciamo la nostra chiacchierata presentandoci le nostre allergie e intolleranze alimentari.

C'è qualcosa che preferite non vi chieda?
Peter: Da dove arriva il nome.
Wayne: Sai, non abbiamo una risposta. Solo per quello.
Sembro essere delusa. Peter e Wayne ridono.
(ancora ridendo): Ora la vedi cancellare tutte le domande!
No, non era intenzione chiederlo, ma ammetto che la calla è sempre stato il mio fiore preferito.
Wayne: Anche il nostro. Ci piace il fiore, è bello come viene scritto e…
È un nome facile da ricordare.
Wayne: Sì. Poi ha significati diversi per persone diverse.
Peter: Negli anni ha acquistato maggiore significato. All'inizio non era esattamente…
Peter e Wayne ricominciano a sorridere: alla fine stanno rispondendo alla domanda…
Wayne: Ecco, lo sapevo!

Con "Collisions" avete preso una nuova direzione: sembrate più orientati verso la classica forma "canzone" invece delle atmosfere alle quali eravamo abituati.
Wayne: Se ti volti indietro e ascolti i nostri quattro dischi tutti di fila, ti accorgerai di un'ovvia evoluzione verso la forma-canzone. Molto è dovuto al fatto che Aurelio, quando abbiamo cominciato, non era un cantante ed è per questo che avevi le voci sussurrate e sempre in secondo piano: perché non sapeva cantare ed era molto insicuro.
Per ogni disco che suoniamo dal vivo, Aurelio diventa sempre più sicuro di se stesso, le sue linee vocali continuano a migliorare e ora abbiamo la voce in primo piano. La voce è sempre più presente di disco in disco e, per questo disco, volevamo sfruttare questo nuovo aspetto concentrandoci sulla scrittura delle canzoni. Non volevamo stancarci assecondando idee simili a quello che avevamo già fatto, quindi, per questo disco, abbiamo voluto provare qualcosa di nuovo.
A molta gente non piace che il gruppo cambi. Con ogni nuovo disco, sentiamo persone deluse dal cambiamento del suono, dal fatto che ci sia qualcosa di nuovo, ma se ci preoccupassimo di quello che pensa la gente, non rifaremmo comunque il nostro primo disco: c'è sempre qualcosa di diverso. Tentiamo di fare sempre qualcosa di nuovo e lo facciamo per noi stessi.
Penso che uno degli aspetti presenti in questo disco che non era presente nel disco precedente sia un maggiore senso di frustrazione e un po' più di rabbia. È qualcosa che volevamo esprimere, come le difficoltà che abbiamo avuto nel fare questo disco, ed è qualcosa che emerge dalle canzoni.
È qualcosa che volevamo sfruttare, qualcosa che volevamo fare e non avevamo mai fatto prima: sforzarci di scrivere queste canzoni più "pop" e più corte è stato davvero molto difficile.
Quindi è vero quello che si dice in giro: per voi è stato un disco problematico.
Peter: Una volta che le registrazioni sono cominciate, non è stato molto difficile: è diventato tutto più divertente, in quel periodo non riuscivamo a ottenere i soldi per incidere il disco, quindi alla fine siamo stati costretti a musicare un film in cambio dell'utilizzo dello studio che appartiene alla casa di produzione del film. Praticamente abbiamo finanziato il disco da soli, con un management povero e tutto questo ci ha portato via un anno.
Poi Sean (Donovan, l'ex-bassista, ndr) ha lasciato il gruppo il primo giorno in studio.
Un anno frustrante che poi è culminato in una settimana.
Quando tutto questo è successo, ci siamo dovuti allontanare dal progetto: tutti e tre eravamo molto insicuri di quello che stavamo per fare. Per un attimo abbiamo anche pensato a cambiare nome o addirittura buttare tutto all'aria, ci stavamo chiedendo se tutto avesse un senso o meno. Alla fine di quella settimana, dopo molte discussioni, abbiamo capito che avevamo ancora la stessa passione per la musica e per quello che stavamo facendo e andare avanti con il nome "Calla" aveva ancora senso. Una volta deciso questo, abbiamo registrato il disco, l'abbiamo inviato, ci siamo procurati un nuovo management, ci siamo imbattuti con una nuova etichetta e la formazione è solida.
Ora siamo molto contenti, ma "Collisions" è stato sicuramente una cometa in un periodo già critico.

Essere sotto contratto con una casa discografica nuova, invece, vi ha creato qualche problema? Avete ricevuto pressioni?
Peter: Assolutamente no. Hanno comprato il disco che era già pronto.
Wayne: L'avevamo già concluso, l'abbiamo proposto dicendo che volevamo pubblicarlo. Non c'è stata alcuna pressione da parte di nessuno.
Le uniche pressioni che abbiamo ricevute sono quelle che ci siamo imposti noi stessi.

Perché "Collisions"? Cosa si scontra?
Peter: Un insieme di fattori. Ha anche un contesto più ampio: non si trattava solo di noi e dei nostri problemi finanziari, ci sono anche altri significati.
Wayne: ...i nostri conflitti con il mercato (sorride), conflitti personali, non necessariamente tra noi tre, ma sicuramente con il management.
Può essere interpretato in così tanti modi… come i titoli degli altri dischi, del resto.
Peter: È stato un periodo frustrante, eppure nel disco trovi molta speranza, aspetti positivi, incoraggiamento e un pizzico di umorismo.
È stato frustrante, ma i temi in generale sono anche molto positivi.

Sicuramente meno con "Collisions", ma i Calla hanno sempre prestato particolare attenzione al "suono": ogni volta che ascolti una canzone dei Calla, sei sicuro di sentire qualcosa di nuovo. Non è snervante pensare a ogni minimo effetto in ogni singola canzone per ciascun disco?
Wayne: Quella è quella che chiamo "parte divertente" nel fare una canzone.
Peter: Al posto del piano, per esempio, si possono utilizzare suoni campionati con il computer, sintetizzatori e tanto altro. Tutto questo fa parte del suono dei Calla. Questo ci permette anche di capire meglio come sta venendo una canzone e andare avanti in maniera più spontanea anche se non abbiamo provato molto.
Wayne: Forse lo facciamo troppo spesso (ridiamo). Penso che, a volte, le attenzioni che prestiamo siano troppe. Si tratta semplicemente di come lavoriamo e ci piace in questa maniera.
Peter: Puoi fare a brandelli una canzone, ascoltare i diversi passaggi, forse sentire un effetto una volta e realizzare di cosa si tratta tre passaggi più tardi.
Wayne: Alcune canzoni possono disorientare l'ascoltatore. Se ti addormenti durante un brano, il brano seguente potrebbe svegliarti.
Peter: Sono anni che andiamo in tournée e a ogni concerto ci ritroviamo a spiegare il nostro suono alla gente: "Quando senti questo, quando senti quest'altro… non è la tua cucina che sta per esplodere"…
Wayne: Ci ritroviamo sempre a spiegare alla gente che è tutto intenzionale, che non c'è nulla di cui preoccuparsi.

Wayne, ti occupi ancora personalmente del sito internet ufficiale del gruppo?
Wayne: Non più. Il nostro sito ora è curato da un'altra persona, un nostro amico. Lo seguiamo e lo aggiorniamo come gruppo e vorremmo ci fossero più cose online come il "message board" o qualcosa del genere.

I Calla si sono trasferiti a New York molti anni prima che questa città ricevesse tutte le attenzioni che sta ricevendo ora. Cosa cercavate a New York in quel periodo e com'è cambiata la scena alternativa in questi ultimi anni?
Wayne: Tutti noi siamo cresciuti in Texas e abbiamo cominciato a suonare insieme formando questo gruppo chiamato "Crappy Press". Eravamo io, Peter e Aurelio e ci siamo trasferiti a New York, sostanzialmente perché era un ottimo posto per capire se fossimo stati in grado di intraprendere una carriera musicale, se dovevo tornarmene a scuola o seguire un percorso più sicuro. Il miglior modo per capirlo era andare direttamente alla fonte: se riesci a farcela a New York, capisci di essere in un vero gruppo e che sarai un vero gruppo da qualsiasi altra parte.
Abbiamo preso in considerazione anche la California, a un certo punto, ma trasferirci a New York sembrava a tutti la scelta più giusta.
Peter: New York è sempre stato il fulcro culturale degli Stati Uniti. È sempre al centro dell'attenzione per qualcosa. Se non si tratta di musica rock, si tratta d'arte, poesia, jazz… è sempre stata una Mecca, una tappa obbligata per tutti gli artisti.
Com'è cambiata la scena rock newyorkese negli ultimi anni?
Peter: Da lì escono sempre nuovi gruppi, ci sono sempre molti artisti al lavoro. Sicuramente negli ultimi anni la scena è letteralmente esplosa e alcuni gruppi hanno alzato la qualità della proposta: gente come Strokes, Interpol, Yeah Yeah Yeahs. Ora ci sono tantissimi giovani che si trasferiscono a New York, seguendo le orme di questi gruppi.
È cambiata molto da quando ci siamo trasferiti.
Esattamente come i Calla si sono sviluppati, le cose sono cambiate, ma i Calla non sono cambiati allo stesso modo, non seguivamo le mode. Non tendiamo a essere influenzati da quello che ci succede intorno. C'eravamo prima di tutta questa attenzione e speriamo di esserci ancora quando questa scemerà.

L'uscita di "Custom" mi ha sempre incuriosita. Come avete deciso di pubblicare un album di remix e perché l'avete pubblicato subito dopo l'uscita di "Scavengers"?
Wayne: È tutto iniziato da un paio d'amici che volevano remixare qualche nostra canzone. L'idea era quella di un 12'' che contenesse tre o quattro remix, uno dei quali doveva essere una versione leggermente diversa di "Fear Of Fireflies". La loro idea era di un prodotto destinato ai vari club. È tutto nato da lì e il cd è stato un'idea della casa discografica: avevamo quattro remix e loro sono stati contattati da altra gente interessata a partecipare al progetto.
È sempre molto interessante sentire le proprie canzoni reinterpretate.
Non so quale sia stata la reazione dei nostri fan. So che ad alcune persone non piace l'idea di canzoni reinterpretate.
E tu? Sei soddisfatto del disco?
Wayne: In realtà ci sono dei remix che non hanno "passato il turno" che invece avrei preferito fossero presenti sul disco, ma erano troppo sperimentali.
Speravo di aver torto all'epoca, ma ora vorrei che i brani che compongono il disco fossero più "rumorosi", più ambient ed "estremi".

È vero che avete firmato un contratto prima di aver mai suonato dal vivo?
Peter: Sì, i Calla hanno registrato e pubblicato il disco prima di aver mai fatto un concerto.
Wayne: Io, Aurelio e Sean abbiamo inciso una demo con su alcune canzoni alle quali stavamo lavorando e che avevamo registrato a casa solo per divertimento. Volevamo fare qualcosa di molto diverso da quello che avevamo fatto precedentemente con altri gruppi. L'abbiamo mandata in giro e abbiamo aspettato dei commenti. In realtà, ne abbiamo ricevuto uno solo su un centinaio di demo inviate: era dall'etichetta belga Sub Rosa, che voleva pubblicare il lavoro. Abbiamo chiesto se dovevamo registrarlo di nuovo e ci hanno risposto che non era necessario, che a loro piaceva il suono che aveva. Avevano solo bisogno di altri brani da inserire nel cd. È andata così. Abbiamo dato loro altre canzoni e ne è uscito il disco. È stato dopo che ci siamo resi conto che, a un certo punto, avremmo dovuto probabilmente tenere un concerto, quindi ci siamo messi a pensare a come suonare dal vivo.
È il percorso inverso che fanno gli altri gruppi: provare, suonare in club, firmare un contratto e fare un disco. Per noi è stato l'esatto contrario. Abbiamo dovuto davvero tentare di capire come suonare dal vivo.
Credo che questo spieghi l'evoluzione dei nostri dischi, che ci ha portato solo ora a scrivere un disco come "Collisions", un disco fatto per essere suonato in concerto. È una naturale evoluzione uscire dallo studio e tenere sempre più concerti e fare tournée sempre più lunghe e la tournée per "Televise" è durata più di un anno. Impari molte cose, impari da come la gente reagisce a una canzone che qualcosa, dal vivo, non va molto bene o che altre cose vengono addirittura meglio. Sai anche in partenza che devi suonare queste canzoni dal vivo e cominci a scrivere in maniera diversa, sia consciamente che inconsciamente.
Anche l'album di remix, in questa progressione, ha un senso: è una crescita graduale.
Sai, a questo punto siamo una live-band e lo siamo da anni ormai, non più solo una studio-band.
Per i concerti prepariamo dei suoni campionati, soprattutto per le parti elettroniche. Il prossimo disco potrebbe finire con l'essere un disco totalmente elettronico… (sussurra sorridendo) un disco techno (ridiamo). Non lo sappiamo ancora, ma sarà diverso ovviamente, esattamente come gli altri dischi sono diversi l'uno dall'altro.

(Milano, 1 dicembre 2005)

Many thanks to my very wonderful Friend Francis Reilly who helped me on spooky words, weird idioms and broad accent.

Discografia

Calla (Sub Rosa, 1999)
Scavengers (Young God, 2001)
Televise (Arena Rock, 2003)
Re-Make Your Mind (Ep, 2005)
Collisions (Beggars Banquet, 2005)
Strength In Numbers (Beggars Banquet, 2007)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Calla su Ondarock

Vai alla scheda artista

Calla sul web

Sito ufficiale
Testi