Crash Of Rhinos

Un nodo in gola da sciogliere

intervista di Lorenzo Righetto

Non ci sono molte informazioni su di voi, quindi lasciatemi chiedere come avete deciso di suonare insieme. Quello che viene in mente, a sentire la vostra musica e i vostri live, è che dovete essere amici da sempre o qualcosa del genere...
Forse “metà di sempre”. Ci siamo incontrati a metà dell’adolescenza, attraverso il liceo o ai concerti punk al Victoria Inn, a Derby. Oli era il batterista pop-punk più veloce del West. Jim aveva una chitarra coi brillantini e amava la tecnica “palm mute chugging”. Non penso che abbiamo mai suonato punk-pop insieme però.
Tutto è successo probabilmente per via della nostra insalubre ossessione per la musica e per una visione simile della vita e della creatività. E per l’amore reciproco verso la lager polacca più economica.
Jim, Biff e Beal erano nei The Little Explorer. Draper era nei Removals. Jim, Beal, Draper e Oli erano nei Jesus Years. Durante queste esperienze abbiamo sempre voluto suonare insieme (bazzicavamo le sessioni di registrazione dell’uno e dell’altro) e così non appena finirono, i Crash iniziarono.

Come si rapporta la musica che fate con quella che ascoltavate da ragazzi?
Probabilmente in più modi di quelli che sappiamo. Ma quando scriviamo insieme ci lasciamo prendere da piccole idee, effetti o stili. Come il tuo piccolo cambio d’accordo preferito nella coda di una canzone dei Karate, o fare un bel “pick scrape” anni 80 prima di un assolo di chitarra col wail.

Mi sembra che, in “Knots”, siate riusciti a mantenere la vostra identità pur proponendo diverse soluzioni musicali, prese da generi diversi. Riconoscete questa come una direzione nella vostra evoluzione musicale?
Sì. C’è stato un grosso intervallo tra lo scrivere “Distal” e quello che sarebbe poi stato “Knots”. In quel lasso di tempo ascolti un sacco di dischi, scrivi tante canzoni, viaggi, cambi, diventi più vecchio.

Trovate “Distal” già impossibile da replicare?
No, non proprio. Devo dire che è facile. Abbiamo suonato così tanto quelle canzoni prima di andare in tour o registrarle in studio – poi le abbiamo suonate in tour ancora di più. Finché siamo tutti noi cinque e siamo carichi di energia nelle batterie, saremo a posto.

Ho letto che avete chiesto al vostro produttore un sound “In-Utero-meets-Colour&The-Shape”. Perché proprio questi due album? Pensate di essere riusciti a raggiungere quello che avevate in mente?
In Utero” per la batteria. “Colour & The Shape” per tutto il resto. Sono grandi dischi dei quali non ci stanchiamo mai, e sono dischi ambiziosi con tanta diversità. Non penso che “Knots” suoni come uno o l’altro ma l’idea ci ha spinto a uno sforzo maggiore.

Trovi che l’etichetta “emo” sia limitante per voi, alla fine?
Sì.Suona come “college-rock”, “indie-rock”, “punk-rock”, “pop-punk”, “alt-rock” e tutti quei generi dei Novanta che sono stati compressi in una macchina per il pane, dalla quale è uscita questa triste pagnotta ammosciata nella forma di una parola. Una triste pagnotta ammosciata per descrivere un’intera masnada di band entusiasmanti a cui piace fare rock ognuna alla propria maniera.

L’emo è generalmente identificato quale genere americano. Puoi darci un breve saggio del movimento inglese, piuttosto?
C’erano band punk che facevano le cose in modo diverso. Come gli Hooton 3 Car, i Cotton Weary, i Jayne Doe. Poi sono diventati più pesanti e math nei Spy Versus Spy e negli And None of Them Knew They Were Robots e nei Fine Before You Came (sono italiani, ma mi ricorderò sempre il giorno in cui arrivarono nel Regno Unito!).
Questo è più o meno tutto, dal mio punto di vista. Sarà molto diverso per altre persone in relazione alla loro età, dove hanno vissuto, e così via.

Ho letto che la presenza di due bassisti è praticamente “qualcosa che è successo”. Come? Come vi comportate in studio, nella composizione e nella registrazione?
Come ho detto in una domanda precedente, volevamo solo suonare tutti insieme. Beal e Draper suonano il basso in modo molto diverso. Sostanzialmente lavorano insieme senza confondersi.

La storia delle vostre registrazioni è piuttosto strana, dato che avete prodotto il vostro primo Lp a Torino, e venne pubblicato da un’etichetta italiana, la Triste.
Potete dirci come è successo?
Il nostro primo tour in Italia fu coi Fine Before You Came. Maurizio della Triste aveva appena rilasciato “Sfortuna” ed era in tour con loro, come fonico. Gli piacemmo, e così disse: “Venite da me a registrare, proprio come le suonate sul palco”.

Siete molto amici coi Fine Before You Came, da molto tempo. Come vi siete conosciuti?
A Derby, a un festival punk. Draper li aveva presi. Si presentarono e suonarono intorno alle 17:30 di un pomeriggio di sabato. Stavano a casa mia. Mia mamma gli fece una torta alla banana. Rimasero a Derby e facemmo un concerto improvvisato il giorno dopo in un posticino chiamato Raffles. Si era sparsa la voce di questi vivaci ragazzi italiani, ed era pieno, e lì suonò anche la band di Draper, i Removals, così come i Little Explorer, e diventammo come fratelli con madri diverse sparse per tutto il mondo.

Discografia

Distal (Triste, 2011)7
Knots (Topdown/To Lose La Track/Big Scary Monsters, 2013)7,5
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

Lifewood
(live, da Distal, 2011)

Gold on Red 
(live, da Distal, 2011)

Asleep
(live, da Distal, 2011)

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