Dylan Mondegreen

Un papà indie-pop

intervista di Lorenzo Righetto, Luca Pasi

Da sempre un po' all'ombra di altri artisti scandinavi più di successo, anche per via di una serie di sfortunate coincidenze, Borge Sieldnes rimane uno dei grandi talenti del pop indipendente, e l'ha dimostrato quest'anno col disco omonimo del suo progetto, Dylan Mondegreen (nome che sta per "testi di Dylan mal compresi"). Costretto dal lavoro e dalla figlia appena nata a centellinare le apparizioni live, non abbiamo rinunciato a contattarlo per farci raccontare delle sue ultime vicissitudini musicali. 

In un'intervista hai detto che hai sempre voluto fare musica indie-pop, ma prendendo stili da diverse decadi per distanziarti dai vari cliché del genere. Certo hai sempre scritto ottime pop-songs, ma sei d'accordo nel dire che il tuo ultimo disco suona molto più vicino degli altri a questa tua idea? 
Sì sono d'accordo! Penso che l'ultimo disco sia quello in cui sono riuscito di più a raccogliere influenze da tutta la musica che ho ascoltato fin da quando ho iniziato ad interessarmi ad essa. È stato fatto durante un periodo della mia vita in cui mi sentivo parecchio nostalgico, e questo mi ha spinto verso un suono nel quale ho provato anche ad incorporare elementi di musica che non ascoltavo più da tempo, ma che ha lasciato comunque un'impronta indelebile nella mia vita.

Come mai hai deciso di utilizzare il nome del tuo progetto come titolo per questo terzo disco? E per quale motivo hai deciso di pubblicarlo sull'americana Shelflife? Sembra ci sia una connessione tra ia Shelflife e i progetti norvegesi (sto pensando anche ai Burning Hearts). 
È un disco molto personale, scritto e registrato durante un periodo in cui ci sono stati parecchi cambiamenti nella mia vita: ho perso mia madre per un cancro ed è nata mia figlia. I testi riflettono tutto ciò e non sentivo naturale utilizzare un titolo che non riuscisse a descrivere il disco nella sua pienezza se non quello di "Dylan Mondegreen".
Mi piacciono le etichette con un'estetica ben definita e volevo rilasciare il disco in America. Pensavo che la Shelflife e il disco fossero un'ottima combinazione e infatti è stata una dei pochi a cui l'ho inviato. Mi hanno risposto velocemente e mi hanno detto di volerlo pubblicare. Ho apprezzato molto il loro entusiasmo e mi sembravano piuttosto affidabili, ci si lavora ottimamente insieme!

Rimanendo comunque coerente con il resto della tua discografia, il tuo nuovo disco è un passo in avanti in termini di produzione e arrangiamenti. Ci puoi parlare un po' della registrazione, del processo di produzione e delle persone che hanno contribuito? Come ti sei messo in contatto con Ian Catt e quanto ha influenzato nei suoni del disco? Il suo remix di "Keeper of Secrets" è ottimo!
Sì, è la prima volta che ho avuto un vera produzione, non solo una co-produzione. Anche se, quasi tutto era stato abbozzato da me nei demo; diciamo che Ian ha contribuito a rendere le canzoni più interessanti e dinamiche. Ho registrato le tracce base in uno studio fuori Oslo, insieme a Rune Berg, un amico di vecchia data e un ottimo musicista e cantautore. Poi sono andato nello studio di Ian a Couldson, fuori Londra, per fare delle registrazioni aggiuntive, editare e mixare tutto. A Londra ho anche masterizzato il disco, con l'aiuto di Guy Davie, che ha lavorato in moltissimi album.

Con Ian mi sono messo in contatto dopo il primo disco, che gli è piaciuto parecchio. Volevo fare qualcosa di diverso in questa nuova uscita e cercare a pieno le mi radici più "indie". Ho pensato che Ian si sarebbe adattato bene a questa idea, e credo l'abbia fatto.

"Dylan Mondegreen" parla anche di temi "più adulti", come la paternità e la vita di coppia in generale, che tendono a volte a guidare anche la parte musicale. Non hai paura che questo potrebbe alienare un po' del tuo pubblico? L'indie-pop è spesso collegato ad un'idea di freschezza e, spesso, a temi più adolescenziali...
È in parte corretto. Avevo bisogno però di scrivere delle sensazioni importanti che mi sembrassero oneste in questo momento. Potrebbe non essere qualcosa a cui un fan "indie" si relazionerebbe, ma ci sono di certo altri gruppi con cui si possono relazionare.

Forse anche noi fraintendiamo il tuo possibile pubblico, almeno nel tuo paese. È Dylan Mondegreen in Norvegia un progetto indipendente - che nei nostri standard italiani significa che difficilmente appariarà nelle radio nazionali e rimarrà confinato ad un pubblico ristretto di giovani - o qualcosa di popolare che si interfaccia a qualsiasi età (quello che potremmo chiamare "mainstream")?
No il pubblico norvegese è limitato, ma non troppo giovane. Ho avuto qualche rotazione sulle radio nazionali del mio primo disco ed è stato recensito su qualche grande giornale, ma non ha mai venduto molto. Non guardo il mercato norvegese come se fosse più importante di quello degli altri paesi, ma ad essere onesti sento che il mio progetto è un po' sottovalutato qua, anche se l'ultimo album ha ricevuto un sacco di ottime recensioni.

Il tuo secondo disco "The World Spins On" si apre con "Come With Me (To Albuquerque)", un tributo a Paddy McAloon in cui citi anche il suo album solista del 2003 "I Trawl the Megahertz". Ci puoi raccontare qual è la storia dietro a questa canzone? Conosci Paddy di persona?
Ho amato i Prefab Sprout per tanti anni, ma non sono mai stati un'influenza così grossa per il mio songwriting. Anche se probabilmente lo sembrava un po' a tutti, perché molte persone hanno iniziato a paragonare la mia musica a loro. Da quei giorni ho poi iniziato ad ascoltarli ancora più di prima. Volevo scrivere quindi una canzone per onorarlo. È stata poi una coincidenza che lui rilasciò il suo "nuovo" disco ("Let's Change The World with Music", ndr) la settimana dopo la mia! No, non lo conosco di persona ma so che ha ricevuto il mio album da un giornalista tedesco e che è rimasto molto lusingato dalla canzone.

Qual è il tuo punto di vista sulla musica pop della scandinavia? Dall'esterno è sorprendete ci siano così tanti artisti che condividono le stesse radici (Smiths e indie-pop in generale) o gli stessi umori (per esempio, anche se musicalmente distanti, a volte mi ricordi i Kings of Convenience). Pensi sia solo causato da un "attaccamento preferenziale" dato dalla vicinanza, o che ci sono ragioni culturali più profonde dietro alla nascita di questa scena?
Ad essere onesti, non lo so. Non faccio parte di qualche scena, ma ho amici musicisti che condividono la stessa ispirazione dalla scena indie degli 80s e 90s, gruppi per esempio come The Margarets. Non ci sono molti gruppi norvegesi che mi piacciono. I Kings of Convenience sono bravi però.

È cosa comune in questa scena avere la musica come lavoro a tempo pieno?
No, non ora. La Norvegia è un paese piccolo ed è impossibile farci molti soldi con la musica, questo almeno se non sei molto popolare e puoi fare tour enormi. Per registrare il mio disco ho speso parecchio, ed ho bisogno un altro lavoro a tempo pieno per coprire queste spese, così come tutti i musicisti che conosco.

Quello che penso della scena italiana, invece, è che sia molto auto-referenziale e non si interfacci mai con l'esterno. Penso che qualsiasi persona che segua la musica può nominare facilmente almeno qualche nome di artisti scandinavi, difficile invece il contrario. Sapresti dirmi qualche nome di band italiana contemporanea?
Oh, questa è difficile. Ad essere onesti, non ne conosco nessuna. La musica italiana che ha visto un po' di successo qui in Norvegia sono più cose alla Eros Ramazzotti.

Discografia

While I Walk You Home (Division Records, 2007)7
The World Spins On(Division Records, 2009)6.5
Dylan Mondegreen(Warner/Shelflife, 2012)7.5
Every Little Step (Shelflife, 2016)6
Pietra miliare
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