Edoardo Bennato

Te lo do io Collodi

intervista di Claudio Fabretti

Edoardo Bennato è sempre stato un personaggio sfuggente, spiazzante, allergico a ogni etichetta o scuderia politica. Un Peter Pan impertinente, con il sacro fuoco del rock nelle vene e la lingua più tagliente di una vipera. Ci accostiamo a lui, quindi, con un misto di curiosità e apprensione. Per scoprire che, oggi, il figlio della Bagnoli metallurgica ferita nell’onore è un uomo più saggio e riflessivo, che lotta ancora contro “i draghi del potere”, ma ha scoperto da tempo che sono “fatti di cartone” e sa unire al suo proverbiale sarcasmo una visione disincantata ma non priva di speranza sulle sorti umane. A cominciare da quelle di un’Italia che, attraverso i suoi dischi, è riuscito a dissezionare in tutti i suoi innumerevoli paradossi e contraddizioni. “Un paese collodiano”, oggi come ieri. Perché allora non tornare a sfogliare le storie di quel “Burattino senza fili” che, a più di quarant’anni dall’uscita, resta ancora la cartina al tornasole di una nazione intera? Glielo chiediamo subito, senza nascondere una sincera ammirazione per il suo stato di forma, già verificato sul palcoscenico dell’Auditorium Conciliazione lo scorso novembre a Roma, quando il settantunenne cantautore napoletano ha infiammato l’audience con due ore e mezzo di concerto tiratissimo e in crescendo – dal quartetto d’archi al rock’n’roll - ripercorrendo quattro decenni di carriera.

Edoardo Bennato - Burattino senza fili 2017Edoardo, che senso ha riproporre oggi “Burattino senza fili”?
È un disco a cui sono molto legato, anzitutto, anche a distanza di quarant’anni. E poi credo che il suo messaggio sia ancora attuale, forse più che mai. Collodi oggi si divertirebbe molto a vedersi avverare puntualmente le sue profezie, a ritrovare tutte le nostre contraddizioni. E così ho ricantato e riarrangiato i brani, insieme ai miei amici musicisti che mi accompagnano in tour. Ne ricaveremo presto anche un musical, sulla falsariga di quello realizzato per Peter Pan con le musiche di “Sono solo canzonette”.

Hai aggiunto però un tassello mancante: “Mastro Geppetto”, il brano inedito che apre l’edizione 2017 del disco.
Già, nell’album originale tralasciai due figure di spicco: Lucignolo (inserito nell’ultimo album in studio, “Pronti a salpare”, ndr) e soprattutto Geppetto, perché li trovavo ostici dal punto di vista rock. L’anno scorso ho trovato la soluzione: è venuto fuori un brano dixieland, ricco di fiati, e sono molto soddisfatto della resa musicale, così come del bellissimo videoclip diretto da Stefano Salvati, un vero e proprio kolossal con ben 200 comparse.

Ora non manca più nessuno?
Ora tutto il mondo di Collodi è tornato: insieme a Mastro Geppetto, che è diventato un artigiano in pensione, e a Lucignolo, un pr che organizza rave party, ritroviamo il Gatto e la Volpe, la Fata, Mangiafuoco, che tiene banco e fa ballare tutti i burattini secondo la sua logica perversa, da despota. E il Grillo Parlante è più comico che mai.

Troppo scontato l’accostamento a Beppe?
No, davvero, Beppe Grillo lo conosco da tempo, mi ha anche invitato più volte, ai suoi spettacoli e alle sue iniziative. Lui fa sempre la stessa cosa: sollecita la gente a capire il marciume che ha intorno. Lo faceva già nei suoi spettacoli tanti anni fa. Grillo ha avuto vita facile, e sai perché? Perché Casaleggio aveva un gruppo di ragazzi che lavoravano per lui, in questo ufficio a due piani, raccogliendo dati e informazioni su tutto il malcostume che c’è in Italia, fornendo così il materiale a Beppe per i suoi spettacoli. E lui saliva sul palco e diceva “Belin, ma vi rendete conto che siete tutti vittime…” (imitazione esilarante di Grillo, ndr). Però gli mancavano altri dati, quelli sulla situazione genetica dell’Italia…

Che cosa ci dicono questi dati?
Il grafico delle ultime elezioni, ad esempio, indica un’Italia spaccata a metà: per i Cinque Stelle al Sud e per il centrodestra al Nord. È un dato che rispecchia la spaccatura del paese. Altro dato è quello sul referendum Repubblica e Monarchia, una cartina sovrapponibile a quella attuale, così come lo era la cartina del 1860. Insomma, abbiamo questo problema: il modo di vivere i rapporti tra Stato e cittadino a Reggio Emilia è diverso rispetto a Reggio Calabria. E visto che sono un uomo del Sud, sento il dovere di proteggerlo. Non è un problema di buoni/cattivi o stupidi/intelligenti, dal Sud, anzi, ci arrivano tante eccellenze. Il problema riguarda la maturità sociale delle masse. La differenza di partecipazione e di maturità sociale fa in modo che nel Sud vi sia un’entità protezionistica alternativa allo stato con cui dobbiamo fare i conti. Chi vuole governare l’Italia deve fare i conti con questa entità, con l’antistato.

Tra Nord e Sud il divario semmai si sta allargando. Non solo a livello nazionale, ti pare?
Ma certo, la divisione su base latitudinale riguarda la stessa Unione Europea: i paesi più in difficoltà - o “meno virtuosi”, come si usa dire - sono tutti quelli dell’area mediterranea: Italia, Spagna, Portogallo, Grecia… Io ho una mia teoria: nelle aree del pianeta dove per motivi latitudinali, e cioè di alternanza delle stagioni, di necessità, i componenti della famiglia umana sono stati costretti a incentivare le loro conoscenze tecnologiche e anche i rapporti interpersonali e giuridici, il livello delle masse è cresciuto e si è sviluppata una maturità sociale più alta. Così quando a Stoccolma, a Seattle o a Vancouver, si delega una persona che sia un ministro, un assessore, un premier, il delegato viene costantemente pilotato e condizionato dall’elettorato che rappresenta, e il delegato si guarda bene dal non fare gli interessi della comunità che lo ha votato e continua a osservarlo. Al Cairo non succede. Ragiono in termini di umanità adulta e umanità bambina. E quindi mi muovo secondo questa logica “very politically uncorrect”, ma propositiva.

Una logica con cui affronti anche il tema dell’immigrazione nel tuo ultimo album. Perché sostieni che dobbiamo essere noi occidentali, quelli “Pronti a salpare”?
Dobbiamo essere tutti pronti a salpare, perché gli smartphone e i social network tutti i giorni lanciano continui inviti da parte di chi è emigrato verso quelli che stanno ancora giù, nel mondo bambino e imperfetto. L’Africa oggi sta come nel Medioevo, l’Italia come negli anni 50, mentre il nord del mondo progredisce e diventa la meta agognata. Ho anche realizzato dei quadri su tela, esposti all’expo a Milano, poi al Pan di Napoli e al Palazzo Ducale di Siena, in cui, con linguaggio iper-realista, ho raffigurato i vu cumpra’, che rappresentano il cammino della famiglia umana.

Edoardo BennatoA proposito della necessità di ribellarsi e non tacere di fronte ai soprusi dei potenti, devo confessarti che una tua canzone ha contribuito molto a sviluppare il mio spirito di insubordinazione, quando ero ragazzino (ridiamo). La canzone è “Ma che sarà”, peccato sia rimasta tra le meno note di “Sono solo canzonette”...
Però io sono molto affezionato a quella canzone, l’ho inserita anche nel musical di Peter Pan, rivolgendomi proprio ai ragazzi, ai giovanissimi, perché avverto che oggi c’è tanta confusione, sono schifati da quello che vedono. “Ma che sarà” raccontava di come, sfuggendo alla solita logica della ragione, inseguendo i sogni al limite della follia, spesso si possono smascherare gli abusi dei potenti. Anche quella resta in effetti una canzone molto attuale. All’epoca però c’era il rischio di venire fraintesi, erano gli anni di piombo, c’era un clima politico molto pesante.

Tu però hai sempre tenuto molto a non confonderti con una parte politica, anche negli anni in cui i tuoi colleghi erano più o meno tutti allineati dalla stessa parte.
Chi fa questo mestiere deve essere al di sopra delle parti, anche se le fazioni politiche cercano di affiliarti. Quello che dico nelle canzoni, per essere credibile, deve essere svincolato da ogni condizionamento. Eppure si corre sempre il rischio di non essere graditi dai militanti di una certa fazione. Se capita che vado al Circo Massimo invitato da Beppe Grillo, divento subito un sostenitore di M5S, se poi vado a un altro raduno organizzato da altre forze politiche, mi affibbiano etichette diverse. Sono abituato a convivere con tutto ciò, anche perché io la patente per fare questo mestiere non l’ho avuta dai discografici, ma proprio dalle realtà musicali più politicizzate degli anni 70.

A cosa ti riferisci?
All’inizio degli anni 70, praticamente la mia casa discografica mi aveva licenziato. Così mi misi in mezzo alla strada, a Civitanova Marche. Era il periodo in cui arrivavano i festival “open air”, svincolati da Sanremo, che in quegli anni era diventato una recita parrocchiale, neanche la Rai non si collegava più (il riferimento è in particolare all’edizione del 1976, in cui la Rai trasmise solo la serata conclusiva e tagliando addirittura il momento della proclamazione del vincitore, ndr). Così la patente per suonare la ebbi dal mondo politicizzato, dall’intellighenzia musicale di quegli anni: c’erano Claudio Lolli, Franco Battiato, Claudio Rocchi. Mi feci tutti i festival dell’estate del 1973. E alla fine dell’anno il direttore della Ricordi mi chiamò per dirmi che ci avevano ripensato e volevano fare un 45 giri con “Salviamo il salvabile” e “Ma che bella città”, quindi successivamente l’album “I buoni e i cattivi”. Iniziai così a comporre i primi concept-album, in cui utilizzavo il meccanismo della favola per raccontare i paradossi della realtà. Ma la situazione non è mai cambiata: siccome viviamo in un paese da operetta in cui le fazioni si scornano con forte spargimento di sangue, in ogni circostanza, qualunque cosa dica, corro il rischio di essere frainteso. Io però me ne devo strafregare, anche se corro il rischio di inimicarmi i seguaci di una fazione o dell’altra… io mi rivolgo ai militanti del rock.

Ecco, il rock. Sei veramente tra i pochissimi cantautori italiani a essersi cimentato con convinzione in questo campo. Che cos’è per te il rock?
Per me è qualcosa di essenziale, di irrinunciabile. Il rock è ciò che mi dà la carica, che mi spinge a suonare. È carica propositiva, un’energia che parte dal palco e arriva giù tra il pubblico e viceversa. E abbiamo bisogno di carica e propositività per tenere testa ai guai del mondo. La cosa più difficile, però, è scrivere i testi.

Testi come quello di “La Fata”. In concerto l’hai proposta accompagnandola con un video sulle donne vittime di violenze o oppressione politica nel mondo. La caccia alle streghe non è mai finita?
Purtroppo sì, soprattutto – ancora una volta – nel Sud del mondo, nelle aree più arretrate del pianeta. Le discriminazioni restano una grande piaga sociale, e le donne continuano a pagare spesso il prezzo più salato, sono le vittime più facili. Per fortuna in molti casi hanno invece guadagnato appieno i loro diritti, ricordo la sensazione che mi faceva negli anni 60 vedere donne alla guida di taxi e pullman a Stoccolma e dintorni. Oppure la Danimarca, dove porterò presto mia figlia Gaia… Lì per fortuna il problema è stato risolto da tempo. Quella canzone, “La Fata”, era anche un elogio della femminilità, della magia delle donne.

Con “Cantautore”, invece prendevi in giro qualcuno? Magari qualche collega dell’epoca se l’è anche presa…
Ma no, prendevo in giro me stesso, in realtà. Ho sempre avuto buoni rapporti con i miei colleghi. E quando ho realizzato l’album “La fantastica storia del Pifferaio Magico” (che rielaborava gli spunti di " è arrivato un bastimento", ndr), ho coinvolto molti colleghi, come Piero Pelù, Jovanotti, Morgan, Irene Grandi, Negrita, Sud Sound System, Max Pezzali e tanti altri.

Chi ti ha colpito di più?
Morgan. Lui paga le sue esuberanze, ma è bravissimo. È uno che è in grado di scrivere una partitura per orchestra in una nottata. Ma mi piacciono molto, ad esempio, Roy Paci, i Negrita, Ron, Neffa, Alex Britti…

Oggi il cantautore non è più un guru intoccabile, però.
Sì, ma col tempo è anche cambiato il modo di intendere quel ruolo. Bono è un cantautore, Mick Jagger o il cantante dei Green Day cantano e si scrivono i testi. E poi ci sono degli equivoci, perché ad esempio Fabrizio De André, mio grande amico e maestro, a cui ho anche dedicato la ballata “Pronti a salpare” del mio ultimo album, non scriveva sempre sia i testi sia la musica. Idem Lucio Battisti, che componeva le musiche e lasciava le parole a Mogol o a Panella. In quel caso lì il cantautore chi è? Quindi molto spesso queste etichette sono approssimative.

Edoardo BennatoEri amico anche di Battisti?
Sì, ci frequentavano a Milano. Visto che la sede della Numero Uno era a Galleria del Corso, lui mi accompagnava a casa a viale Monza e proseguiva più a nord, perché abitava in campagna, nella Brianza. Io ero più giovane, stavo facendo la gavetta, e Lucio mi diceva sempre: “Nun te preoccupa’, arriverà il tuo momento…”. Era un grande appassionato di blues. Una volta gli prestai un album di John Hammond, che è stato il mio maestro - il figlio di John Hammond senior che andava in giro come Alan Lomax nel delta del Mississippi per registrare i brani… Prestai quel disco a Lucio, che se lo tenne un mese, se lo consumò. Lui aveva una chitarrina di quelle che si comprano alle bancarelle, faceva queste cose blues e Mogol gli scriveva già i testi delle sue prime hit.

In “Pronti a salpare” c’è un brano, “La calunnia è un venticello”, dedicato alla vicenda di Enzo Tortora. Come vedi, oggi, il nostro sistema giudiziario e la corsa al giustizialismo, la sete di gogna, che si avverte in giro?
Nel caso di Tortora, è una vicenda che mi colpì molto anche a livello personale. Nell’album, infatti, ho pubblicato anche una foto, dove ci siamo io e i miei fratelli Eugenio e Giorgio piccolini, insieme proprio a Enzo Tortora, che ci presenta durante un festival musicale. Quindi l’abbiamo conosciuto, poi l’ho rivisto in altre circostanze: era una persona degna di stima e di rispetto. Quello che gli è successo è collodiano, è paradossale, è assurdo, ma fa parte di questo meccanismo perverso che regola la nostra nazione (anzi, paese, come si dice oggi). Un paese geneticamente squilibrato: quelli che l’hanno fatto – Cavour, Mazzini, Garibaldi - sono eroi e hanno strade e piazze intitolate alla loro memoria. Quelli che l’hanno governato dopo, invece, sono considerati dei fetenti. Avremo mai via Andreotti, piazza Renzi o Largo Berlusconi? C’è qualcosa che non torna se da 150 anni chi si prende l’onere di governare il paese viene ricordato come un malfattore: forse sono alibi alla nostra superficialità, alla nostra mancanza di partecipazione, inettitudine, pigrizia. Tutto quello che dico si ritorcerà contro di me! (ridiamo).
Quanto alla voglia di gogna, è vero, oggi è molto forte, ma era già ben presente nel libro di Collodi. È emblematica la scena in cui Pinocchio va dal giudice, che è un vecchio scimpanzé, “il giudice ascoltò con molta attenzione le vicende del povero burattino, si commosse e gli spuntò anche una lacrima, poi si rivolse a due gendarmi – due cani vestiti da gendarmi (chissà perché…) – e alla fine disse “questo burattino è stato derubato, offeso, umiliato, allora adesso prendetelo e portatelo in prigione”. Una situazione kafkiana, surreale, così come la situazione italiana, quella del 1977, ma anche quella del 2018.
Ora, però, tutto quello che ho detto prendetelo con il beneficio dell’inventario, perché sono un pazzaglione, uno squilibrato, un cane sciolto a cui è concesso di dire tutto… nel nome del rock’n’roll!

(versione estesa di una intervista pubblicata sul quotidiano Leggo, contributi di Mario Fabbroni)



Discografia

Non farti cadere le braccia (Ricordi, 1973)
I buoni e i cattivi (Ricordi, 1974)
Io che non sono l'imperatore (Ricordi, 1975)
La torre di Babele (Ricordi, 1976)
Burattino senza fili (Ricordi, 1977)
Uffà! Uffà! (Ricordi, 1980)
Sono solo canzonette (Ricordi, 1980)
È arrivato un bastimento (Ricordi, 1983)
È goal! (Edoardo Bennato live) (Ricordi, 1984)
Kaiwanna (Ricordi, 1985)
Ok Italia (Virgin, 1987)
Edoardo live (Virgin, 1987)
Il gioco continua (mini Lp, Virgin, 1989)
Abbi dubbi (Virgin, 1989)
Edo rinnegato (reincisione con arrangiamenti acustici di vecchie canzoni, Virgin, 1989)
È asciuto pazzo 'o padrone (con lo pseudonimo Joe Sarnataro; registrato insieme ai Blue Stuff, Virgin 1992)
Il paese dei balocchi (Virgin, 1992)
Se son rose fioriranno (Virgin, 1994)
Le ragazze fanno grandi sogni (Virgin, 1995)
All The Best (antologia, Bmg-Ricordi, 1996)
Le origini (2 cd, antologia, Bmg-Ricordi, 1996)
Quartetto d'archi (con il Solis string Quartet, Fonit Cetra, 1996)
Gli anni Settanta (2 cd, antologia, Bmg-Ricordi, 1998)
Sbandato (Virgin, 1998)
Sembra ieri (antologia + 3 inediti, Wea, 2000)
Il principe e il pirata (colonna sonora, Edizioni musicali Cinquantacinque, 2001)
Edoardo Bennato. Live RTSI (live del 1979, RTSI Music, 2001)
L'uomo occidentale (Warner, 2003)
Salviamo il salvabile (3 cd, antologia, Bmg-Ricordi, 2006)
Tutto Edo Cantautore (2 cd, antologia, Rhino Records, 2009)
Le vie del rock sono infinite (Universal, 2010)
Pronti a salpare (Universal, 2015)
Burattino senza fili 2017 (Universal, 2017)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

Un giorno credi
(live alla Rai, 1975, da Non farti cadere le braccia, 1973)

Rinnegato
(live alla RSI - Radiotelevisione Svizzera, 1979, da Non farti cadere le braccia, 1973)

Campi flegrei
(live a San Siro, 1980, da Non farti cadere le braccia, 1973)

 

Una settimana un giorno
(live, da Non farti cadere le braccia, 1973)

In fila per tre
(live coi Solis String Quartet - Marechiaro Blues 1995, da I buoni e i cattivi, 1974)

Io che non sono l'imperatore
(live alla Rai, da Io che non sono l'imperatore, 1975)

Meno male che adesso non c'è Nerone
(live a Musica in Libertà, 15 maggio 1978, da Io che non sono l'imperatore, 1975)

Viva la guerra
(live al RockPalast, Germania, 27-11-1980, da La Torre di Babele, 1976)

Cantautore
(live alla RSI - Radiotelevisione Svizzera, 1979, da La Torre di Babele, 1976)

E' stata tua la colpa
(live alla RSI - Radiotelevisione Svizzera, 1979, da Burattino senza fili, 1977)

Il gatto e la volpe
(live alla RSI - Radiotelevisione Svizzera, 1979, da Burattino senza fili, 1977)

Dotti medici e sapienti
(live alla RSI - Radiotelevisione Svizzera, 1979, da Burattino senza fili, 1977)

Mangiafuoco
(live alla RSI - Radiotelevisione Svizzera, 1979, da Burattino senza fili, 1977)

Quando sarai grande
(live alla RSI - Radiotelevisione Svizzera, 1979, da Burattino senza fili, 1977)

Sei come un jukebox
(videoclip da Uffà Uffà, 1980)

Uffà Uffà
(videoclip, con i Gaznevada, da Uffà Uffà, 1980)

 

Sono solo canzonette
(live al RockPalast, Germania, 27-11-1980, da Sono solo canzonette, 1980)

L'isola che non c'è
(live a Milano Idropark, 11 giugno 2004, da Sono solo canzonette, 1980)

Il rock di Capitan Uncino
(live a Milano Idropark, 11 giugno 2004, da Sono solo canzonette, 1980)

Ma che sarà
(videoclip da Sono solo canzonette, 1980)

E' arrivato un bastimento
(videoclip da E' arrivato un bastimento, 1983)

 

Ogni favola è un gioco
(videoclip da E' arrivato un bastimento, 1983)

Nisida
(live dal Concerto per i Campi Flegrei, Anfiteatro Pozzuoli, 2002, da E' goal, 1984)

Zero in condotta
(videoclip da Kaiwanna, 1985)

Tu vuoi l'America
(videoclip da Ok Italia, 1987)

Viva la mamma
(videoclip da Abbi dubbi, 1989)

Un'estate italiana
(videoclip, con Gianna Nannini, inno dei Mondiali di calcio 1990)

 

Il paese dei balocchi
(videoclip da Il paese dei balocchi, 1992)

Le ragazze fanno grandi sogni
(live da Le ragazze fanno grandi sogni, 1995)

 

Sbandato
(videoclip da Sbandato, 1998)

E' lei
(videoclip da Le vie del rock sono infinite, 2010)

Mastro Geppetto
(videoclip da Burattino senza fili 2017)

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