Giovanni Truppi

Il nuovo rinascimento

intervista di Simone Tribuzio

Giovanni, con questo disco - primo per una major (Universal) - sei arrivato al grande pubblico. L'instore tour, poi, ti ha permesso di sondare gli umori e l'accoglienza attorno al progetto. Com'è stata l'esperienza dell'instore e del contatto che c'è stato con il pubblico?
Sono rimasto piacevolmente sorpreso dall'esperienza, inizialmente mi faceva un po' paura che fosse una cosa personalizzante e fredda. E invece sono stato colpito dal clima che c'era umanamente. In queste occasioni mi piace stare con il pubblico.

Parlando del brano “Borghesia”: una divertente e divertita critica che mantiene anche una certa distanza dall'oggetto dell'argomento e dalla sua storia. Qual è stata la genesi delle liriche e della composizione?
Da un punto di vista compositivo, trattasi di un brano nato in maniera abbastanza spontanea, non è il più elaborato del disco perché scritto in un tempo relativamente breve. L'argomento mi stava cuore da tanto tempo, anche perché ho ripensato al quartiere in cui sono nato. Ho avuto modo di leggere “La scuola cattolica” di Edoardo Albinati, di cui ho voluto fare una nuova sintesi in “Borghesia”; una rielaborazione delle suggestioni che mi aveva trasmesso questo libro. Può sembrare che prenda le distanze da questo argomento, ma la prima borghesia alla quale mi riferisco è in realtà me medesimo.

Quali sono le riflessioni le reazioni suscitate dopo aver letto appunto “La scuola cattolica” (Premio Strega 2016)?
Nel testo di Albinati ho ritrovato parecchie riflessioni sulla borghesia italiana, che a parlarne ora sarebbe riduttivo vista la mole del romanzo (di oltre mille pagine). È stato interessante anche per una serie di considerazioni riguardo l'essere maschio, mi ha fatto riflettere molto.

“Quando ridi” edifica un vissuto a tratti mistico, le cui sonorità – così come il cantato – ricordano Franco BattiatoIn linea di massima quali sono stati i lavori che ti hanno influenzato durante la registrazione del tuo disco?
Sono un bel po': ti posso dire “Skeleton Tree” di Nick Cave, “Illinois” e “Carrie & Lowell” (live) di Sufjan Stevens. A questi se ne sono aggiunti tantissimi altri: da Mia Martini a Battiato come dici. Più altre produzioni che fanno parte degli anni cinquanta.“The Ship” di Brian Eno è stato un punto di riferimento, così come Antony and the Johnsons. Ho cercato di mettere insieme tante cose che mi piacevano con Marco Buccelli.

In “Due segreti”, e in coda al brano “Le elezioni politiche del 2018”, così come nei brani successivi si avverte un gusto per la musica classica; tant'è che con l'ascolto la scrittura prende una via sempre più magniloquente. Hai ascoltato anche produzioni di musica classica che hanno poi influito nel processo creativo?
Devo dire che la musica classica nel brano “Le elezioni politiche del 2018” è un'idea di Marco Buccelli, poiché lui ascolta più musica classica di me. Per quanto mi riguarda, “Due segreti” credo provenga più dagli ascolti jazz, e in effetti la parte armonica è più articolata.

Tutta la scrittura del disco si regge su temi e atmosfere ariose che si inseguono: qual è stata l'esigenza creativa che ha fatto nascere questo concept-album – se così possiamo definirlo – di “Poesia e civiltà”?

È stato un caso quello di aver realizzato un disco compatto, il fatto che tu lo chiami concept mi fa molto piacere perché ha a che fare con la compattezza dell'album; seppur io non lo definisca come tale. Ma volevo fare un lavoro che avesse un carattere unitario in cui potessero scorrere argomenti che mi stavano veramente a cuore; come dal punto di vista del mondo sonoro che volevo costruire intorno ai brani.
Nel passato ho sempre voluto cercare di mettere tantissime cose diverse, un'operazione differente rispetto a “Poesia e civiltà”.

Attorno al disco c'è stata un'attesa palpabile da parte degli addetti ai lavori e dei colleghi (da Mèsa a Calcutta). Tu invece segui e apprezzi qualche nuova leva del cantautorato italiano?
Della generazione successiva alla mia ho sentito due brani di Fulminacci che mi hanno colpito molto.

Quale sarà la formazione che vedremo in tour? E che tipo di show dovremo aspettarci dal vivo?
Saremo in sei sul palco: io sarò alla chitarra e alle tastiere, una cantante sarà invece alle tastiere, uno al basso, uno alla batteria, altri due alla chitarra e al basso. Una formazione insolita ma coinvolta in un lavoro stratificato che cercherà di proporre il disco in una forma fedele; il tutto unito alle produzioni precedenti. Una parte sarà più melodica contemplativa rispetto all'altra che ha un carattere più rock.

Nella data invernale del tour di Calcutta a Napoli al Teatro Palapartenope, hai suonato “Del verde”. Come vi siete conosciuti, e come è stato eseguire il brano dal vivo assieme?
Edoardo l'ho conosciuto prima ancora che uscisse “Mainstream”. Ognuno dei due ha scelto quale canzone avrebbe voluto fare. In realtà è stato molto semplice, sul palco Edoardo è stato un grande perfomer. Mi ha fatto molto piacere il suo invito.

A chi si è avvicinato a te con “Poesia e civiltà”: cosa volevi che venisse trasmesso loro del disco e della tua cifra artistica?
Credo che volessi trasmettere innanzitutto gli argomenti che mi stavano più a cuore, la mia idea di musica e del mio mestiere.

Edda, con cui hai suonato la chitarra nel brano “Arrivederci Roma”, ha detto recentemente che questo momento storico è molto buio, ma dopo potremo vedere un nuovo rinascimento (“perché in passato abbiamo avuto pagine oscure”). Nell'ultimo brano del disco “Ancient Society” affermi lo stesso: come avverrà questa resurrezione?
Io credo che siamo già nel rinascimento. Per “Ancient society” mi sono ispirato a un passaggio di un antropologo americano di centocinquantanni prima: il brano prevedeva delle ipotesi, molte delle quali non si sono ancora verificate. Noi tendenzialmente guardiamo gli elementi negativi del nostro tempo, ma neanche voglio ricorrere alle banalità per dirlo. Per tornare alla condizione di rinascimento possiamo fare la nostra parte ogni giorno e nel nostro vissuto quotidiano.