Robert Wyatt

In fondo al cuore del rock

intervista di Ugo Coccia

Dopo anni di silenzio discografico è riapparso, per la felicità degli amanti delle musiche più cerebrali Robert Wyatt, una delle teste più lucide nel variegato panorama del rock mondiale. L'occasione per incontralo è stato l'invito al Salone della musica di Torino dove il compositore britannico è stato atteso da un senso generale di curiosità. Una curiosità seguita anche al disco-tributo in cui molti artisti italiani, tra cui Franco Battiato, Csi e Cristina Donà, si sono cimentati con alcune cover di suoi pezzi classici.
Questo signore ultracinquantenne, costretto su una sedia a rotelle da un banale quanto fatale incidente che lo obbligò a cambiare strumento e a passare dal ruolo di batterista a quello di tastierista, ha pubblicato recentemente per l'etichetta indipendente Rykodisc il suo ultimo album, "Shleep", parto di una mente aperta ai suoni meno convenzionali. Un disco che segna un altro passo nella sua ricerca sonora, intrapresa fin dai tempi della scuola di Canterbury e dei Soft Machine.
Robert Wyatt non ha mai smesso di ricercare nuove forme di vita nel panorama spesso troppo tradizionalista del rock, raggiungendo forse i risultati più alti con il suo memorabile "Rock Bottom" del 1974, che vanta anche la presenza alle chitarre di Mike Oldfield. Un capolavoro che segnerà in modo indelebile l'intera storia del rock, con i suoi suoni eccentrici, le sue improvvisazioni, la sua deformazione estrema della forma-canzone. La musica di Canterbury, singolare distillato di rock, pop, jazz (classico e free), anarchia, provocazione dadaista e humour molto "british", toccava l'apice della sua creatività proprio con questo incredibile album concepito da Wyatt sulla laguna di Venezia, in compagnia della moglie Alfreda Benge. Da allora il maestro britannico ha continuato orgogliosamente la sua strada di sperimentatore geniale, lontano dalle luci della ribalta del rock, idolatrato dalla critica, ma semisconosciuto dal grande pubblico.

Che cosa vuol dire "Shleep", il titolo del tuo nuovo lavoro?
E' una parola inventata. Quando ho deciso di sceglierla come titolo dell'album ho pensato ai miei sonni disturbati, e questa parola distorta riusciva a rendere bene l'idea.

Dopo tanti anni incidi non da solo, ma con una nutrita compagnia di amici. Come è nato il disco?
Ho passato parte degli anni Novanta con una serie di problemi di salute che mi hanno costretto a uno sforzo enorme per riconquistare la dimensione sociale di cio' che si chiama musica. Troppo spesso mi sono concentrato sulla musica come un poeta con la sua penna. Ma la musica non è poesia, è un'arte sociale e quindi ho avuto bisogno di una compagnia di amici che mi aiutassero a uscire da questo isolamento.

Uno di questi amici è Phil Manzanera, che ha messo a disposizione i suoi studi di registrazione, e poi ci sono Brian Eno e Paul Weller, persone che appartengono a universi musicali opposti. Com'è andata?
Suonare con i vecchi amici o con musicisti più giovani è lo stesso. Adesso ho più esperienza nello scegliere le persone giuste per ogni canzone. Quando ero leader dei miei gruppi, tutti i miei pezzi erano suonati dagli stessi musicisti, adesso Phil Manzanera suona nella canzone "Alien", e il modo in cui suona è perfetto per quella canzone, Philip Catherine e Brian Eno per le loro, e così via. Io non sono leale verso alcun tipo di musica. Quello che cerco nelle persone con le quali suono è il carattere e il rigore intellettuale.

Una volta hai detto che non amavi la musica dei bianchi...
No, quello che volevo dire è che ciò che raggiungeva il mio cuore, che mi ha fatto amare la musica più di ogni altra cosa e mi ha salvato l'anima, è stata la musica nera. Questo non è per mancanza di rispetto per altri generi musicali. Anzi, tutta l'America è stata importante per aver dato la possibilità a razze diverse di ridistribuire le loro culture in forme espressive diverse. Forse è l'unica cosa buona dell'America, ma è veramente una grande cosa! (risata) .

Discografia

WILDE FLOWERS
Tales of Canterbury: The Wilde Flowers Story (Voiceprint, 1994)
SOFT MACHINE
The Soft Machine, vol. 1 (Probe, 1968)
Volume Two (Probe, 1969)
Third (Cbs, 1970)
Fourth (Cbs, 1971)
MATCHING MOLE
Matching Mole (Cbs, 1972)
Little Red Record (Cbs, 1972)
ROBERT WYATT
The End Of An Ear (CBS, 1970)
Rock Bottom (Thirsty Ear, 1974)
Ruth Is Stranger Than Richard (Thirsty Ear, 1975)
Nothing Can Stop Us (antologia, Thirsty Ear, 1981)
The Animals Film (o.s.t.) (Rough Trade, 1982)
Old Rottenhat (Thirsty Ear, 1985)
Compilation (Gramavision, 1990)
Dondestan (Rough Trade, 1992 - Hannibal, 1998)
Mid-Eighties (Gramavision, 1993)
Floatsam Jetsam (antologia, Rough Trade, 1994)
Giving Back A Bit - A Little History of Robert Wyatt (Virgin, 1994)
Shleep (Hannibal, 1997)
Eps (compilation 5 cd, Hannibal, 1999)
Cuckooland (Hannibal, 2003)
Solar Flares Burn For You (o.s.t.) (Cuneiform, 2003)
Theatre Royal Drury Lane 8th September 1974 (live 1974) (Hannibal, 2005 - 2LP Domino, 2008)
Comicopera (Domino, 2007)
Radio Experiment Rome February 1981 (Rai Trade, 2009)
… For The Ghosts Within (con Gilad Atzmon e Ros Stephen, Domino, 2010)
Different Every Time (compilation, Domino, 2014)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Robert Wyatt su Ondarock

Robert Wyatt sul web

Sito su Robert Wyatt
Testi
Foto