Sigur Rós

Se l'emozione avesse un suono

intervista di Matteo Meda

Come nella loro terra il ghiaccio si unisce al fuoco, così la musica dei Sigur Rós è il frutto dell'incontro tra tante e diverse suggestioni artistiche, dalla psichedelia al dream-pop, dallo shoegaze al post-rock. Il suono che ne risulta, interpretato secondo una sensibilità tormentata e con gusto tipicamente nordico, è qualcosa di unico e fortemente caratterizzato in senso istintivo. Una musica fragile e sempre emozionante, che ha fatto innamorare di sé mezzo mondo con i capolavori "Ágætis Byrjun" e "()", segnando già in maniera decisa gli anni 2000, per poi evolversi e mutare di disco in disco: dallo straordinario saggio pop tra gioia e malinconia di "Takk..." al passaggio puramente ambientale di "Valtari", fino a giungere all'ultimo, inatteso e ruvidissimo "Kveikur". In occasione del loro tour italiano (23 luglio a Tarvisio, 26 a Ferrara, 27 a Lucca, 28 a Roma), abbiamo raggiunto telefonicamente Georg Holm, bassista della band islandese, che ci ha raccontato la genesi del nuovo album.

Prima “Valtari”, ora “Kveikur”. Due album in meno di un anno, per quale motivo?
Beh, perché di fatto non è andata esattamente così. “Valtari” è un disco su cui abbiamo lavorato per un sacco di tempo! Le registrazioni più vecchie di quel disco risalgono addirittura al 2005, è stata una sorta di collezione di brani che per molto tempo non siamo stati in grado di portare a termine. Il nuovo album, invece, l’abbiamo completato in un periodo di tempo relativamente breve.

Kjartan Sveinsson (il tastierista, ndr) ha deciso di abbandonare la band qualche mese fa. Per i fan è stata una defezione inaspettata. Si era incrinato qualcosa nel rapporto con la band?
Assolutamente no. Credo l’abbia fatto per proseguire a fare musica per conto suo. Cinque anni fa, mentre noi continuavamo a comporre e lavorare alla nostra musica, lui studiava composizione e alla fine si è diplomato. Ha sempre amato il cinema e ha sempre detto di voler lavorare a colonne sonore o lavori simili. L’anno scorso ha deciso di non voler venire con noi in tour e nessuno se l’è presa perché per noi non era un problema. Poi, quando siamo rientrati, ci ha detto molto chiaramente che non avrebbe più voluto essere nella band. E ci siamo rimasti male, ma abbiamo riconosciuto la franchezza con cui l’ha fatto, piuttosto che restare senza motivazioni.

Il nuovo album riflette in qualche modo i cambiamenti che sono avvenuti in voi nell’ultimo anno?
Penso che il cambiamento più grande sia il fatto che Kjartan non sia più con noi. Credo che questo abbia cambiato molto le dinamiche della band, perché ora non siamo più in quattro a comporre, ma solo in tre. Mi sento però di dire che, nonostante questo, quelle del nuovo disco sono canzoni dei Sigur Rós al cento per cento, solo con qualcosa di diverso.

“Kveikur” sembra essere l’esatto opposto di “Valtari”. Cosa vi ha spinto a questa svolta così aggressiva nel sound?
Non è stata certo una decisione, non abbiamo mai voluto andare di spontanea volontà in una determinata direzione, è successo tutto molto naturalmente. Probabile la ragione decisiva è stata la velocità con cui abbiamo assemblato e provato il tutto, che ci ha caricato di molta più adrenalina del solito, aumentando l’energia anche fra di noi. Di sicuro non è stata un’opposizione voluta al sound di “Valtari”. Noi continuiamo a pensare che quel disco raccolga degli ottimi brani. E tanto meno abbiamo voluto sfogare in “Kveikur” forme di rabbia o negatività: banalmente, ci sentivamo come se volessimo esplodere, come ti ho detto prima c’era molta energia fra di noi.

Parlando dei testi, siete tornati a cantare tutto in islandese. Avevate qualche messaggio particolare da far passare?
Beh, in realtà no, semplicemente si adattava meglio al suono del disco. Per dirti, uno dei brani (“Brenninstein”, ndr) parla di un’eruzione vulcanica, qualcosa che in Islanda è all’ordine del giorno. In generale sono tutti racconti di eventi o situazioni che ci riguardano da vicino, che abbiamo vissuto o continuiamo a vivere. Anche sui testi non ci siamo mai veramente detti “dobbiamo parlare di questo o di quest’altro”, semplicemente escono quasi casualmente, molto spesso dopo che le parti strumentali sono già complete.

Cambierete qualcosa nella vostra attitudine dal vivo per seguire il nuovo sound di “Kveikur”?
Di sicuro faremo molti brani del disco, visto che il tour parte con l’idea di promuoverlo, ma in generale vorremmo fosse un mix di elementi dal presente e dal passato, abbiamo ormai parecchio materiale accumulatosi nel corso degli anni. Siamo molto orgogliosi di questo nuovo album e anche per questa ragione vogliamo portarne gran parte dal vivo, ma al tempo stesso di sicuro faremo molti dei nostri vecchi brani, perché alla gente piacciono ancora. Al momento stiamo eseguendo quattro brani da “Kveikur” ma sono sicuro che diventeranno presto molti di più.

da OndaRock per Il Fatto - Il Fatto Quotidiano