Wolf Parade

Fiamme wave dal Canada

Canadesi di belle speranze, d'età compresa fra i 22 e i 28 anni, i Wolf Parade sono l'ennesima dimostrazione di come quella zona del Nord America rappresenti oggi un'autentica fabbrica di nuovi rocker. Il loro percorso musicale non è molto diverso a quello di tante indie-rock band: qualche Ep (il primo nel 2003), molti concerti, e infine un contratto per SubPop che si concretizza con l'uscita del debut- album, "Apologies To The Queen Mary".
Ci catapultiamo su Arlen Thompson e Dan Boeckner, rispettivamente batterista e chitarrista-cantante dell'ensemble canadese, nel bel mezzo del sound-check che precede l' esibizione milanese al Transilvania Live. Mentre loro se ne stanno seduti sui divanetti del locale, gli altri continuano a suonare: per questo motivo Arlen ci lascia dopo un paio di domande per tornare a provare. Il fragore del drumming, aggiunto al resto, ci agevola l'accesso ai camerini in compagnia di Dan, che con tutta evidenza vuole risparmiarci un surreale coloquio fra sordi. Ecco il report della chiacchierata, in esclusiva per Onda Rock.

Vorrei iniziare l'intervista parlando del Canada... Stanno accadendo cose fantastiche da voi, musicalmente parlando...
Arlen: Beh, in effetti, siamo canadesi, per cui... Credo comunque di aver capito il senso della domanda: in realtà non ci sentiamo di appartenere propriamente a una scena musicale, nel senso che noi facciamo musica senza curarci molto del resto, però è vero che in Canada oggi c'e' parecchia gente che cerca di suonare della buona, onesta musica.

Parlatemi del vostro background, che genere di musica ascoltate?
Arlen: Sono cresciuto con il post-hardcore, con il punk-rock, con la musica rock in genere...
Con questa risposta un po' frettolosa Arlen ci saluta, così proseguiamo la chiacchierata con Dan...

"Apologies To The Queen Mary" contiene molte sonorità "wave", non trovi?
Dan: Mah, forse è dovuto al fatto che nel nostro sound c'è la presenza delle tastiere, e molti gurppi new wave, tipo i Wire, ne facevano parecchio uso.

Parlami del titolo del disco: è molto singolare. Chi è la Regina Mary cui porgete le scuse?
Dan: Ci riferiamo alla nave da crociera Queen Mary, una specie di megahotel galleggiante, veramente enorme. Lo scorso anno abbiamo partecipato all'All Tomorrow Parties, a Los Angeles, suonavano anche i Flaming Lips e altri ancora. Alla fine avremmo dovuto dormire sulla nave, però dopo il concerto abbiamo festeggiato e bevuto parecchio. Abbiamo combinato un sacco di guai, insomma, così ci hanno fatto sapere che non eravamo più i benvenuti a bordo. Per questo motivo, abbiamo voluto scusarci con lo staff della nave, e anche con il loro... "spirito".

Come vi siete ritrovati a lavorare con Isaac Brock? La tendenza di molti produttori-musicisti è di occuparsi troppo anche della parte creativa. Trovate che ci sia qualcosa dei Modest Mouse nel vostro disco, oppure Brock vi ha lasciato fare?
Dan: Quando facevo parte di un'altra band, circa sei anni fa, abbiamo collaborato un paio di volte, è nato un contatto che ho ripresentato in quest'occasione.
In effetti, è come dici tu, lavorare con lui significa scendere a compromessi perché Isaac, come molti musicisti, tende a intervenire sul lavoro con la propria ispirazione: ha delle idee personali molto precise su cosa bisogna fare. Così, dopo che Isaac ha prodotto l'album, noi dopo l'abbiamo completamente remixato! Alla fine il 25-30% è stato prodotto da lui, e il resto da noi.

In "Modern World" dici: "I'm not in love with the modern world". Che cos'è che non ti piace di questo mondo? E come vorresti che fosse il mondo perché ti piacesse?
Dan: Vedi, io sono nato in un piccolo villaggio, di circa 1000 abitanti, poi ho cominciato a trasferirmi con la famiglia in città di volta in volta sempre più grandi. A un certo punto, ho cominciato a comprendere che la vita in una metropoli del Nord America può essere molto dura, per certi versi distruttiva, anche dal punto di vista psicologico. Però, a ben pensarci, lo è anche altrove, per esempio in Cina e in molti altri Paesi, dove non si hanno sbocchi, e l'esistenza è sempre uguale a sé stessa. Ogni giorno fai le stesse cose, vai a lavoro, torni a casa, e il giorno dopo ancora...

Vero. Però la vita di un musicista è un pò diversa, non trovi? Cambi luogo molto spesso, incontri nuova gente...
Dan: Sì, questo è vero, però questa canzone risale a qualche anno fa, quando lavoravo per un'azienda farmaceutica che, come molte multinazionali, fa dello spregiudicato cinismo la sua politica commerciale, anche vendendo medicinali per certi versi pericolosi alla salute della gente. E' anche per questo genere di situazioni che sono portato a dire "I'm not in love with the modern world"!

Ho letto la recensione su Pitchfork. Assegnano un entusiastico 9.2 al vostro album. Lo scorso anno, una valutazione simile portò molta fortuna agli Arcade Fire, che è diventata l'indie-band dell'anno. Sta accadendo lo stesso per voi?
Dan: In effetti la gente sta impazzendo per quella band, ma io non credo che i Wolf Parade vogliano seguire la stessa strada. Abbiamo suonato con loro, Arlen ha suonato la batteria in "Funeral", ma ritengo che nessuno di noi voglia avere lo stesso tipo di carriera, per esempio facendo subito un nuovo disco sull'onda dei consensi ricevuti...

Volete prendervela con più calma, forse?
Dan: Sì, in effetti, vorremmo evitare di diventare una band da Mtv, vorremmo andarci piano, almeno per un po'... diventare la prossima "big thing", e poi sparire nel nulla, non è roba per noi, vorremmo proprio farne a meno. Come quelle nuove band che per sei mesi sono fottutamente famose e poi fottutamente scompaiono! Chi ha molto successo immediato spesso lo deve al fatto di incidere per una major, mentre noi vogliamo crescere in maniera più organica: credo ad esempio che internet ci possa aiutare ad acquistare celebrità, a far girare il nostro nome, come una volta succedeva con le fanzine. Ma la rete è molto più veloce, per certi versi istantanea."

A proposito di internet, cosa ne pensate delle possibilità offerte dalla tecnologia, come il peer to peer?
Dan: Non mi preoccupa, non m'interessa proprio perché noi facciamo soldi con le tournée, non con i dischi. Può essere un problema per un certo tipo di artisti, o per le etichette più grandi, che investono molto nella promozione e nei video. Ma per quanto mi riguarda, se la gente vuole condividere i file delle nostre canzoni attraverso la rete, che si accomodi pure! Anche perché non c'è alcun modo per impedirlo.

(Milano, Transilvania Live, 3 dicembre 2005)