08/03/2010

Cristiano De Andre'

Teatro Smeraldo, Milano


Quando in sala si spengono le luci e Cristiano De André si siede su uno sgabello davanti ad un microfono e accavalla le gambe proprio "in quel modo li", imbraccia un bouzouki e si riconoscono al primo accordo le note di"Mégu  Megùn": a quelli come me viene la pelle d'oca come se qualcuno stesse facendo scorrere le unghie sul piano liscio di una lavagna. La voce di Cristiano è diversa da quella di suo padre, però la somiglianza, soprattutto in certi passaggi, è marcata; questo per  togliersi in partenza il dente dei paragoni che in particolar modo nell'ultimo decennio hanno pesato sulle spalle di De André figlio.

Le canzoni scelte da Cristiano sono quelle a lui più vicine e che ha sentito di poter interpretare e riarrangiare con un gusto personale, e in effetti in qualche passaggio sembra proprio che le canzoni di Fabrizio abbiano incontrato per strada un po' di Peter Gabriel, degli U2 e dei Coldplay. La scaletta, è inevitabilmente un compendio del viaggio di formazione di molte generazioni: "La canzone di Marinella", "Quello che non ho", "Zichiriltaggia", "Smisurata preghiera", "Un giudice", "Don Raffaè", "Se ti tagliassero a pezzetti" (momento molto toccante, perché l'altra protagonista del sequestro di cui parla, Dori Ghezzi, è in sala), "Fiume Sand Creek", "Andrea", "La cattiva strada", una "Ho visto Nina Volare" particolarmente intensa, mentre "A' Cimma" è impreziosita da un arrangiamento ipnotico in cui il lavoro di Luciano Luisi è davvero da applausi. Ultimi bis: "La Canzone dell'amor perduto" e "Pescatore".

Rispetto alle date estive del tour sono state sacrificate "Dietro la porta" (l'unico brano di Cristiano) e "Oceano", mentre sono entrate in scaletta "Anime Salve", "Bocca di Rosa" e una versione davvero superlativa di "La collina". Se dovessi scegliere un brano fra tutti, però, sarebbe inevitabile dire "Amico Fragile", la canzone più autobiografica del repertorio di Fabrizio e quella che anche Cristiano sembra "sentire" di più. L'affiatamento sul palco è quello di una band che suona insieme da anni e non da una manciata di mesi: oltre al già citato Luisi (a cui si deve molto del lavoro di arrangiamento) alle tastiere, spiccano Osvaldo Di Dio alla chitarra, Davide Pezzin al basso e Davide De Vito alla batteria, oltre allo stesso Cristiano a bouzouki, chitarra, violino e tastiere.

"De André canta De André" è davvero un regalo per tutti quelli che hanno amato la musica di Fabrizio ma anche per tutti quelli a cui la produzione di Cristiano (che finora non ha certo ricevuto il riconoscimento che si meriterebbe, ad esempio trovatemi canzoni più belle di "Dietro la porta" e "Nel bene e nel male" tra quelle che affollano inutilmente le rotazioni radiofoniche) è sempre piaciuta molto e che avevano voglia di vederlo tornare.
Probabilmente per l'artista questo tour è stato anche l'unico modo per liberarsi di quei paragoni di cui sopra, tanto inevitabili quanto sterili, e per l'uomo la catarsi più efficace per fare pace con il dolore di una perdita. Durante la serata Cristiano De André ha condiviso con il pubblico aneddoti ed emozioni private e personali; come il racconto della notte in cui è nata "Verranno a chiederti del nostro amore", con l'ottica di un ragazzino di dodici anni che spiava i genitori dal buco della serratura, e la cronaca della genesi di "Cose che dimentico", unica canzone scritta a quattro mani da Fabrizio e Cristiano, dedicata alla memoria di un poeta gallurese.

Cristiano De André è mancato molto in questi anni, e nell'occasione è apparso particolarmente emozionato, forse per la presenza di gran parte della sua famiglia in sala e forse perché allo Smeraldo l'affetto nei suoi confronti si respirava nell'aria.

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