15/01/2005

Rem + Joseph Arthur

Filaforum, Milano


C’è qualcosa di strano nell’aria del Forum di Assago: nonostante il concerto sia sold-out da mesi, nel palazzetto non aleggia nessuna coltre di nebbia da nicotina… Nel bene e nel male, i primi effetti della legge anti-fumo.
Una decina di minuti dopo le 20, un solitario Michael Stipe si presenta sul palco tra le prevedibili ovazioni, annunciando che si tratta di una serata felice e triste allo stesso tempo: felice perché ad aprire il concerto ci sarà Joseph Arthur, triste perché sarà l’ultima sera del tour in cui il songwriter di Akron accompagnerà i R.E.M..

Forte di una presentazione così calorosa, Joseph Arthur raggiunge il palco in jeans e giubbotto scuro e abbraccia Stipe, approfittando degli applausi dei fan del gruppo di Athens.
Dal momento in cui si fa silenzio nel Forum e Arthur imbraccia la sua chitarra, ha inizio un’esibizione di intensità abbagliante.
La suadente “Echo Park”, tratta dal nuovo disco “Our Shadows Will Remain” (non ancora pubblicato in Europa), e la graffiante “History”, dal capolavoro “Come To Where I’m From”, sono affidate a un arrangiamento scarno ed essenziale, eppure si levano con una forza magnetica. Quindi Joseph, come di consueto nei suoi concerti, comincia a registrare al momento parti vocali, loop di chitarra e beat assortiti, che usa poi come basi per i propri brani: l’effetto è quello di trovarsi di fronte a una vera e propria band, mentre le canzoni si dilatano in improvvisazioni elettriche e distorte, come nella coda dell’inedita “She Paints Me Gold”.
Il vertice dell’emozione, Joseph Arthur lo raggiunge con “All Of Our Hands”, bonus track disponibile solo sul sito ufficiale dell’artista, che viene completamente riscritta sul palco, trasformandola da dolente litania in tagliente e rabbiosa invettiva dylaniana.
Per “In The Sun”, il brano più famoso del cantautore americano, eseguito in una versione rallentata e struggente, Peter Buck affianca Joseph con i fraseggi in e-bow della sua chitarra, insieme al batterista che accompagna i R.E.M., Bill Rieflin. Quest’ultimo rimane in scena anche per le successive “Can’t Exist” e “You’ve Been Loved”, che con il suo falsetto chiude il set su una nota di morbida dolcezza.

Una breve pausa ed ecco apparire i R.E.M. al completo, sulle note incalzanti di “Finest Worksong”. Michael Stipe, vestito in abito scuro, camicia azzurra, cravatta gialla una coppola destinata a volare subito tra il pubblico, porta disegnata sul viso una striscia scura intorno agli occhi che lo fa assomigliare a uno degli “88 folli” di “Kill Bill”. Ma i fan delle prime file sono pronti ad accoglierlo degnamente, ciascuno con una analoga mascherina nera sul volto: e il sito ufficiale della band riferirà che, alla vista della scena, Michael ha faticato ad arrivare alla fine del brano senza scoppiare a ridere… Alla fine del concerto, poi, una delle maschere finirà anche tra le mani di Peter Buck, che giocherà a indossarla prima di prendere letteralmente in braccio Stipe per portarlo via dal palco…
L’inizio è trascinante e proietta direttamente nei fasti degli anni Ottanta, con Michael Stipe a lanciarsi nei suoi inconfondibili balletti dinoccolati al ritmo di “Finest Worksong” e “Begin The Begin”. E si capisce subito che, per fortuna, i R.E.M. che ci troviamo di fronte non sono quelle tre figure pallide e sfocate che campeggiano sulla copertina dell’ultimo “Around The Sun”, probabilmente l’anello più debole di tutta la loro discografia, ma sono i protagonisti in carne e ossa di una delle carriere più solide e coerenti del rock americano degli ultimi vent’anni.

Persino i brani del nuovo lavoro, da “Boy In The Well” a “High Speed Train” fino a “Leaving New York”, suonano meno scialbi e più ricchi di spessore, mentre i classici della band si susseguono l’uno all’altro senza sosta, riscattando il rischio-nostalgia di un “greatest hits show” grazie all’evidente carica di sincerità del trio di Athens. E quando dalle pagine del passato ricompare il riff splendidamente byrdsiano di “7 Chinese Brothers”, è difficile non perdonare anche la prevedibilità di certe scelte nella setlist
Un gioco di luci sobrio e suggestivo fatto di sottili tubi colorati contribuisce a rendere l’atmosfera solare e rilassata, con il pubblico - transgenerazionale come da copione — che si diverte ad accendere gli accendini in “Everybody Hurts” e a cantare in coro “Imitation Of Life”, accogliendo con partecipazione anche il prevedibile sermone politico sull’amministrazione Bush con cui Stipe introduce “I Wanted To Be Wrong” e “Final Straw”, con tanto di testo scorrevole sul maxischermo posizionato sopra il palco.
Gli arrangiamenti dei brani, ormai ampiamente collaudati, non riservano grandi sorprese, fatta eccezione per “Walk Unafraid”, con un’introduzione quasi a cappella che lascia spazio a una chitarra dal ritmo deciso, e “Country Feedback”, con un lungo assolo da brividi di Peter Buck, che Stipe ascolta accovacciato sul palco in posa meditativa.

Quando si devono fare i conti con il peso apparentemente schiacciante di hit planetarie come “Losing My Religion”, il segreto è probabilmente quello di non prendersi troppo sul serio: e i R.E.M., quando tornano in scena per i bis, lo fanno nel modo migliore, lasciandosi andare alla spensieratezza del rock ’n’ roll più schietto con “Permanent Vacation”, uno dei primi brani scritti dal giovane Michael Stipe, e con l’inedita “I’m Gonna DJ”, entrambe con un entusiasta Joseph Arthur alla chitarra.
Per il commiato finale, che non risparmia neppure una bandiera della pace lanciata sul palco dal pubblico, “Man On The Moon” prende il posto di “It’s The End Of The World”: visto che in Italia qualcuno potrebbe pensare a Ligabue, forse è meglio così…

Setlist

Joseph Arthur

1. Echo Park
2. History
3. Leave us alone
4. All of our hands
5. She paints me gold
6. In the sun
7. Can’t exist
8. You’ve been loved

R.E.M.

1. Finest Worksong
2. Begin The Begin
3. Departure
4. Animal
5. Boy In The Well
6. 7 Chinese Brothers
7. High Speed Train
8. Everybody Hurts
9. Aftermath
10. Leaving New York
11. Daysleeper
12. Imitation Of Life
13. I Wanted To Be Wrong
14. Final Straw
15. Drive
16. The One I Love
17. Walk Unafraid
18. Losing My Religion
19. What's The Frequency, Kenneth?
10. Bad Day
21. The Great Beyond
22. Country Feedback
23. Permanent Vacation
24. I'm Gonna DJ
25. Man On The Moon

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