17/11/2009

Nudge + Lotus Plaza

La Mela di Newton, Padova


E' un'autentica primizia di Pulse Data (uno dei migliori propulsori live di tutto il Triveneto) quella tenutasi alla Mela di Newton, neonato spazio nel cuore del centro di Padova, Martedì 17 Novembre 2009. Un doppio live tutto Kranky, spartito tra Lotus Plaza, progetto del chitarrista dei Deerhunter, Lockett Pundt, e i Nudge, ridotti al duo Foote-Dickow (senza Honey Owens).


Pundt attacca lo show con una libera improvvisazione ambientale di chitarra elettrica, trasfigurata dai dispositivi elettronici. Soffici acquarelli (ben coadiuvati dai visual di sfondo), glissando Fahey-iani galattici, accordi visionari, si fanno via via crescendo dirompente che sfonda le barriere della percezione. Senza soluzione di continuità, Pundt v'inserisce il battito gioviale di "Quicksand", tratto dal suo primo albo a nome Lotus Plaza, "The Floodlight Collective", per poi mutarlo in continue (e inedite) variazioni fantastiche. Il suo personale shoegaze-pop evoca lo scherzo-equivoco di un Bacharach che si trovi a orchestrare il wall-of-sound dei Ride al posto di quello classico di Phil Spector.


Il chitarrista è anche un artigiano di mixer, drum machine e distorsori elettronici, un Panda Bear possibilmente più giocoso, impegnato in decostruzioni, rifrazioni sonore, accenti armonici sixties e battiti techno-dub. La sua droga, la sua psichedelica, ha il fascino poetico dell'immaginario suburbano di mostriciattoli infantili di un Jean-Michel Basquiat.


Quello dei Nudge è invece un vero e proprio set di ricerca, modellazione e trasformazione ultradimensionale di suoni, uno dei più importanti degli ultimi anni. Una volta inserito in un contesto live, il loro disorientamento sonico beneficia di una componente di libertà musicale ancor più forte. Attraverso "Harmo", "Verdantique" (il picco della serata), "Dawn Comes Light", tutti dall'ultimo "As Good As Gone", e a rielaborazioni da "Cached", i due indossano i panni di ricercatori, scultori e finanche di nuovi sacerdoti del suono.


Ma le loro sculture si materializzano quasi dotate di vita propria, persino oltre la ormai tradizionale performance multimediale, coadiuvate dai pad elettronici, sparuti tocchi dub, canto monastico con vocals indecifrabili alla Karl Hynde, ma soprattutto avviluppate in una trance mistica fenomenale, pulsazioni irregolari e lamine cacofoniche. In questo modo, anche la tradizionale fruizione di generi e sottogeneri di rock e elettronica d'ascolto diviene un fatto secondario, tanta è la compattezza dell'amalgama, e tanto ficcante è la presentazione di ricami ritmici e delle navigazioni spaziali dei timbri elettromagnetici.


Perfetta fotografia, scattata e incorniciata in una sola serata, della situazione del rock d'avanguardia, inquadrata dal particolare ma più che emblematico mirino della sempre infallibile Kranky, per nemmeno 5 euro. Ottima e incoraggiante affluenza di pubblico. Il locale della "Mela" è, in questo, l'ideale: dimensioni contenute, ma di certo sufficienti, e forse necessarie, a ospitare ecosistemi live di così cruciale percezione. Da tenere a mente.

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