09/01/2010

Above The Tree

Flat, Mestre


Il live del progetto solista del marchigiano Marco Bernacchia, Above The Tree, è un autentico colpo gobbo per il Flat, club-associazione con sede centralissima a Mestre, di recente apertura.
Già detentore di progetti rilevanti (Mazca, Gallina, Al!arm), Bernacchia con Above The Tree e i suoi dischi ufficiali (“Blue Revenge” e “Minimal Love”) ha saputo dimostrare una rara versatilità creativa e una personalità di compositore seriamente obliquo, che con i suoi organismi acustici altamente cangianti ha ormai maturato in vera e propria maestria.

L’attesa per il suo live set è dunque importante, e Bernacchia non delude. Anzitutto, l’aspetto prettamente live. Se da una parte l’artista precisa il suo debito con Animal Collective e la scena weird-folk internazionale, dall’altro Above The Tree colto dal vivo appare anche più alieno che su disco. Le sue sono costruzioni arditissime (“In The Middle Of”, “Emigrated Heaven”) che il compositore rende quasi barocche, cantate extraterrestri ma dotate di sincera, tenera umanità, modellate e rimodellate fin quasi all’implosione sonica.

Quindi l’impatto scenico. Esistono la scarna scenografia del ramo secco posto ramingo sullo sfondo (il talismano del “Tree”) e la sua maschera grottesca di galletto androide (per non parlare della scultura gonfiabile che irrompe dal nulla invadendo parte della platea, o l’aspirapolvere ronzante sospinto tra il pubblico che chiude il set), ma anche elementi quasi-simbolici meno appariscenti, come la speciale chitarra acustica personalizzata, la cortina di effetti e loop, le percussioni “trovate” e i microfoni a contatto.
Non sono solo semplici strumenti musicali, dunque, ma elementi d’interazione con il suo ego musicale, con l’ambiente, lo spazio circostante, e con il pubblico, come nell’apertura “panica” di “Waiting Song”, con uno strepitoso Bernacchia a creare vortici di non-suono con soli voce e loop, in perfetta concordanza con il Wyatt di “End Of An Ear”.

Infine, c’è l’essenza stessa della sua arte, quasi una protuberanza anomala dello stesso ambiente, tale è la sua dose di fantasmagoria, di addizioni immaginarie, di figure lisergiche alla rinfusa. In trip sghembi come “Ta-Ta-Ta-T” e “30% of… ♥” Bernacchia assume le sembianze di un Barrett che rimugina sui suoi ultimi incomprensibili vagiti, cavandone ancora vette inaspettate di fattucchieria.
In generale, la sua facilità di scelta di suoni e giri armonici che poi spolpa in calderoni di sovrapposizioni, tocchi, ticchettii, interferenze e persino battiti ossei (“Disconnected Head”) lo rende il primo vero stregone del rock italiano.

Ampiamente sottovalutato (anche se ormai pronto per essere lanciato su scala più grande), il set di Above The Tree è quasi un paradigma dell’inconscio; il suo solido assetto avanguardista splende in tutta la sua breve durata (purtroppo, perché ingloriosa, e per fortuna, perché intensa), e pure cerca di lasciarsi indietro idee egocentriche, preferendo puntare all’interazione, al feedback di stupore e gioia. Buona (e inaspettata) risposta di pubblico.

Setlist

  • Waiting Song
  • In the Middle of (Silent Song)
  • News From
  • Emigrated Heaven
  • 30% of… ♥
  • Ta-Ta-Ta-T
  • Disconnected Head
  • Bluesz

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