13/07/2012

Cult

Anfiteatro Camerini, Piazzola sul Brenta, Padova


Il Festival estivo di Piazzola sul Brenta è ormai da qualche anno un immancabile appuntamento con la grande musica dal vivo in Veneto, nella suggestiva cornice dell'Anfiteatro Camerini della località in provincia di Padova che già diede i natali, secoli fa, al grande artista Andrea Mantegna. La nuova edizione, organizzata per la seconda volta in partnership con Hydrogen, è partita con l'importante presenza di Joan Baez, iconica cantante/cantautrice che è stata protagonista di un evento che ha celebrato la giornata della Pace con un'emozionante carrellata di classici più o meno conosciuti, ed è proseguita con Billy Idol, Sting, Tiziano Ferro e i Wolfmother (solo per citare qualche nome) con l'ovvia volontà di andare incontro a un pubblico sempre più vasto e variegato. Il 13 luglio è stata la volta di una band storica (i Cult di Ian Astbury e Billy Duffy), tornata alla carica dopo cinque anni di silenzio discografico con il solido "Choice Of Weapon".

"This is a rock'n'roll show!". Così, dopo cinque anni di silenzio discografico (interrotto appena da due "capsule", ovvero due Ep con materiale inedito prodotto da Chris Goss e da un'imponente ristampa su quattro cd del capolavoro "Love" del 1985, riportato integralmente on stage appena due anni fa in occasione del suo venticinquesimo anniversario), riecco l'inconfondibile voce di Ian Astbury e la chitarra di Billy Duffy. Inglesi di nascita e americani d'adozione, i Cult hanno quasi trent'anni di storia alle spalle, una serie di dischi importanti, influenti e raramente prevedibili, registrati con produttori del calibro di Rick Rubin e Bob Rock - ognuno con un proprio carattere, una propria identità. Sono passati molti anni, ormai, da quando Billy inseguiva in concerto Patti Smith e i Sex Pistols, per poi trascorrere intere serate con l'amico Ian Astbury (che trascorse gli anni dell'adolescenza in Canada) che invece adorava David Bowie, Lou Reed e Jim Morrison, a parlare di musica: l'energia e la voglia di comporre ancora grande rock ci sono ancora, e la ricetta funziona proprio perché non è mai stata strettamente legata alle mode del momento.

ShamanDuemila i fan accorsi per il primo evento italiano (i nostri si sono poi esibiti anche al Velvet di Rimini e al Carroponte di Sesto San Giovanni) che celebra l'uscita del nuovo "Choice Of Weapon", il loro album più convincente da molti anni a questa parte: Astbury ne è molto orgoglioso, non è un disco inciso tanto per tornare in tour e questo fa sì che il concerto non sia unicamente un viaggio all'insegna della nostalgia dei tempi andati. Appena sotto il palco ci sono estimatori di lungo corso: uno sventola una copia su 33 giri di "Electric", molti altri indossano magliette acquistate durante il tour del 2010, altri ancora ricordano il momento in cui scoprirono la musica della band e si chiedono come si comporterà sul palco l'ora cinquantenne Ian (i più giovani sorridono pensando alla sua attuale pancia "alla Ozzy Osbourne" e trovano una strabiliante somiglianza tra Billy Duffy e una celebrità televisiva, il cuoco scozzese Gordon Ramsey).
I Cult hanno collezionato successi su successi negli Stati Uniti e in Inghilterra (si esibiranno per cinque date, salvo colpi di scena dell'ultimo momento, insieme ai Mission e ai Killing Joke e il gran finale sarà il 16 settembre presso lo stadio di Wembley a Londra), eppure in Italia non sono riusciti ad andare molto oltre la schiera dei fedelissimi: questo, a detta di alcuni presenti, in passato ha sempre fatto sì che le esibizioni fossero meno energiche, più fredde rispetto ai concerti in Patria, e che Astbury raramente facesse l'istrione, compromettendo la resa complessiva dell'esibizione. Per fortuna stavolta non è stato così.

L'onore (e l'onere) di aprire le danze è stato dei Gun, una formazione scozzese che qualcuno ricorderà con piacere ma di cui si erano perse da parecchi anni le tracce: tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, infatti, fecero centro nelle classifiche internazionali grazie a tre album piuttosto riusciti - soprattutto "Swagger". In Italia il gruppo è conosciuto soprattutto grazie all'eccellente, energica cover di "Word Up" dei Cameo, gettonatissima su MTV e su Videomusic/Tmc2 e nelle nostre radio per tutta un'estate; poi ci fu un quarto album prodotto da Andrew Farriss degli Inxs che non riuscì a convincere né il pubblico né la critica, e i ragazzi si autoimposero una lunga pausa di riflessione durante la quale il bassista Dante Gizzi, ora anche frontman dei Gun, ha formato gli El Presidente e gli altri membri hanno suonato come turnisti per colleghi come Joe Strummer, Robbie Williams e Bruce Dickinson. Non è facile tornare in pista dopo quindici anni d'assenza, eppure i Gun ce l'hanno fatta con risultati egregi: il nuovo disco "Break The Silence" tutto è fuorché una banale rimasticatura di quanto fatto in passato, e i ragazzi di Glasgow lo dimostrano eseguendo dal vivo ben tre nuove canzoni, compresa l'orecchiabilissima title track che, con un adeguato e diligente sforzo promozionale da parte dei principali network radiofonici, avrebbe tutte le carte in regola per sfondare e tenerci compagnia per tutta la stagione. I Gun non sono nati ieri, anche se l'attuale proposta si discosta molto da ciò che hanno inciso in precedenza - non solo perché è cambiato il cantante, ma anche perché adesso si sono affidati alla cure di Dave Eringa (Idlewild, Manic Street Preachers) che ha forgiato un sound perfettamente in linea con le proposte indie/alternative d'oltremanica dell'ultimo decennio, con una furba strizzata d'occhio anche allo stile fresco e leggero degli Young The Giant.
In scaletta non poteva mancare la famosa rilettura del classico dei Cameo che li ha fatti conoscere ai più: il pubblico di Piazzola sul Brenta la ricorda molto bene, canta il ritornello e ripete convintamente insieme a Gizzi "W-O-R-D UP!". "Grazie a tutti", ora è tempo dello show principale, e durante l'allestimento del palco per ingannare l'attesa gli speaker trasmettono canzoni come "Breaking Glass" e "Boys Keep Swinging" di David Bowie e "Street Life" dei Roxy Music. Il tempo di familiarizzare e scambiare due parole con un fan di Vicenza che segue i Cult a partire dallo spesso bistrattato "Ceremony" ed ecco che un boato accoglie l'entrata dei cinque navigati musicisti.

The CultÈ bello ritrovare Ian Astbury sul palco, con un paio di occhiali scuri che non toglierà fino ai bis finali, capelli lunghi raccolti con una coda e un giubbotto con la scritta "Wilderness" ben in vista e (cosa che ha stupito francamente un po' tutti, visto il clima non proprio fresco...) un collo di pelliccia. Per due motivi: primo perché pochi giorni prima dell'evento i nostri erano rimasti purtroppo coinvolti in un incidente stradale (il loro tour bus, durante il viaggio tra la Croazia e la Slovenia, virò all'improvviso andando a sbattere contro il guard-rail) ma per fortuna li abbiamo trovati tutti piuttosto carichi, e secondo perché sembrava proprio che i Cult non volessero più saperne di incidere nuovi album. Per fortuna c'hanno ripensato, perché sono proprio le canzoni di "Choice Of Weapon" - oltre a una manciata di classici selezionati dagli album più affini, per sonorità e spirito, al nuovo disco - a fare la parte del leone.

La voce del cantante non è più quella di una volta: il tempo l'ha resa più profonda, vulnerabile e arrochita, tuttavia non c'è stato alcun bisogno di abbassare la tonalità dei pezzi storici. Lo si è notato da subito dall'attacco della prima canzone della scaletta, "Lil' Devil", in origine contenuta in uno dei loro migliori album ("Electric", prodotto da Rick Rubin) e finita anche nella colonna sonora di "Al di là di tutti i limiti", l'adattamento cinematografico del romanzo "Meno di zero" del grande Bret Easton Ellis. Subito dopo è la volta di un primo assaggio dal nuovo lavoro, l'opening track "Honey From A Knife": Ian ricorda con estrema soddisfazione al pubblico che è uscito "Choice Of Weapon", e garantisce che se "Love", "Electric" e "Sonic Temple" ci sono piaciuti anche questo entrerà presto nel nostro cuore. Sebbene spogliata del certosino lavoro di limatura in studio fatto del perfezionista Bob Rock, la canzone convince anche dal vivo. Non ci si aspettava di ascoltare così presto il grande classico "Rain", terza canzone della setlist, ma tanto basta per far sì che i fan si accendano sul serio - saranno loro a cantarla per intero, dando la possibilità ad Astbury di non sforzare troppo le sue corde vocali. Il batterista John Tempesta e il bassista Chris Wyse garantiscono una sezione ritmica mozzafiato per il ruggente Ian e la Gretsch White Falcon di Billy Duffy che macina riff per tutta la durata del concerto.

Interessante notare come i brani di "Love" e di "Electric" si mescolino alla perfezione con le nuove canzoni. E sì che dagli inizi post-punk/dark-wave di "Dreamtime" alle sonorità più dure dei primi anni Novanta (che hanno visto la band lottare contro la moda imperante del grunge di Seattle, quello senza i riff perché "in fondo era gente che non sapeva suonare molto bene", e uscirne con le ossa rotte nel 1994) fino ai nostri giorni, è davvero difficile rintracciare un disco dei Cult che suoni esattamente come il precedente (fatta eccezione, forse, per il solo "Ceremony"). Per questo "Lucifer" suona così bene, collocata tra "Rain" e "Nirvana": se "Honey From A Knife" omaggia il classico rock'n'roll di Chuck Berry, il secondo brano di "Choice Of Weapon" mescola reminiscenze new wave con velati riferimenti allo stile di Jimi Hendrix. Le canzoni sono lezioni di storia del rock, eppure riescono a suonare straordinariamente fresche e attuali.
Gli italiani amano il "drama", Ian Astbury ne è convinto mentre presenta l'unica canzone estrapolata dal bonus CD del nuovo album (l'intensa "Embers") e che prima era comparsa in una delle due "capsule" del 2010: non mancano però momenti in cui il cantante si prende meno sul serio, inizia a interagire con il pubblico e a fare battute in inglese e in un italiano improbabile (devono averlo assai divertito anche le cronache del "bunga bunga" del nostro ex presidente del Consiglio, visto che ha ripetuto la cosa più di una volta...). Funziona anche "The Wolf", mentre c'è qualche intoppo durante "For The Animals", il singolo di lancio di "Choice Of Weapon": Billy Duffy a un certo punto lascia la chitarra nelle mani di un roadie, sbatte il plettro e si allontana seccato mentre Tempesta si lancia in un assolo di batteria e Mike Dimkich fa quello che può con la sua chitarra ritmica fino alla fine della canzone. Solo "Fire Woman" viene scelta dall'album "Sonic Temple", quello che raggiunse la posizione più alta delle classifiche di vendita americane - in poche parole non abbiamo potuto ascoltare né "Edie (Ciao Baby)" né "Sweet Soul Sister - e la stessa sorte subisce "Between Good And Evil" del 2001, dal quale è stato estratto solo il singolo "Rise". Non poteva chiaramente mancare "She Sells Sanctuary", rimasta nel tempo la canzone più conosciuta dei Cult anche dal pubblico più casuale e rispolverata non molti anni fa persino dai Keane per un lato B inciso durante le sessions di "Under The Iron Sea".

Billy Duffy"You can't destroy them, the beauty and the youth / You'll never beat them, you'll never hide the truth", canta Astbury con passione nella rock ballad "Life > Death", la punta di diamante di "Choice Of Weapon" con una coda strumentale indimenticabile. Chiudono la scaletta altri due bis, "Spiritwalker" (unica presenza dal debutto "Dreamtime") e "Love Removal Machine", ancora una volta da "Electric".
Se da una parte Ian Astbury è risultato assai meno distaccato rispetto a quanto riportato dai fan che lo videro negli anni Novanta, e sebbene questo sia stato un rock'n'roll show con tutti i crismi (senza lungaggini, con un palco allestito sobriamente e con una musicianship competente), resta l'amaro in bocca dopo il piccolo incidente con Duffy, sempre concentratissimo sulla propria chitarra ma con lo sguardo quasi mai rivolto verso i fan, e soprattutto per la breve durata del concerto, di appena un'ora e un quarto. Eppure si torna a casa soddisfatti, consapevoli di aver sentito suonare un gruppo che sa ancora il fatto suo e altrettanto consci del fatto che l'ispirazione e la voglia di comporre nuova musica non sono scomparse. Il nuovo materiale è solido, le canzoni sono ben scritte e perfettamente coerenti con la storia e lo stile che ha sempre contraddistinto i Cult, che a questo punto della loro carriera possono fare a meno di curarsi delle classifiche e non hanno il benché minimo interesse a ingraziarsi i favori degli hipster "viziati" (Astbury rimase a dir poco scandalizzato dal votaccio ottenuto da "Lulu" di Lou Reed e i Metallica su Pitchfork, ma nelle interviste recenti si dimostra anche molto attento ai nuovi talenti e a quanto accade oggigiorno nel music business). E in fin dei conti a noi vanno benissimo così come sono.

Fotografie di Marco Peruzzo (http://www.marcoperuzzo.com/)

Setlist

  1. Lil' Devil
  2. Honey From A Knife
  3. Rain
  4. Lucifer
  5. Nirvana
  6. Embers
  7. Fire Woman
  8. The Wolf
  9. Wild Flower
  10. Rise
  11. The Phoenix
  12. For The Animals
  13. She Sells Sanctuary

Encores:
  1. Life > Death
  2. Spiritwalker
  3. Love Removal Machine

Cult su Ondarock