18/07/2014

Eels

Auditorium, Milano


“Sweet soft bummer rock”. Come al solito, ci pensa Mr. E in persona a offrire la definizione più fulminante per l’ennesima incarnazione degli Eels. Ovvero la versione per inguaribili beautiful freak dell’America di Fleetwood Mac e dintorni. Via le tute da ginnastica del tour di “Wonderful, Glorious”, spazio a giacche e cravatte da ensemble jazz. Pronti ad apostrofare la platea dell’Auditorium di Milano con un improbabile “Are you ready to soft-rock?”.

Meno indie e più adult oriented, se vogliamo. Di certo sempre più band a tutti gli effetti, e sempre più votati al classicismo rock. Non c’è da stupirsi, insomma, che stavolta Mark Oliver Everett abbia deciso di portare con sé il gruppo al completo anche a teatro. Per mettere in scena le sue “Cautionary Tales” non potrebbe esserci formula migliore.

 

Scorre veloce il prologo delle Daughters Of Davis, duo di sorelle britanniche cariche di verve soul-folk, che sembrano voler portare Ani Di Franco direttamente ai provini di “X Factor”.
Con un firmamento di lampadine a fare da scenografia, gli Eels si presentano sulle note della strumentale “Where I’m At”, ed è subito un fiorire di tromba e pedal steel intorno al passo solenne del pianoforte. Mr. E conquista il microfono al centro della scena per regalare il suo personale preludio: una sognante “When You Wish Upon A Star” – sì, proprio quella di “Pinocchio” – in cui lo zucchero disneyano lascia il posto solo all’attesa rivolta all’infinito stellato. “Fate is kind/ She brings to those who love/ The sweet fulfillment of their secret longing”.

Sono i capitoli recenti a tenere banco per tutta la prima parte della serata, dando l’occasione di riscoprire il canzoniere più sottovalutato degli Eels, quello successivo a “Blinking Lights And Other Revelations”. In veste intima e raccolta, brani come “Parallels”, “Mansions Of Los Feliz” e “A Line In The Dirt” parlano il linguaggio dei migliori bozzetti eelsiani: l’esperienza messa a nudo nel suo nocciolo più essenziale.

Eels



Solo dopo una ventina di minuti arriva la prima incursione all’indietro, grazie allo struggimento di “It’s A Motherfucker” (“The next level of bummer”, la presenta E sedendo al piano con un mezzo sorriso sulle labbra). Scelta tutt’altro che casuale, visto che sono proprio le canzoni di “Daisies Of The Galaxy” a giocare il ruolo delle grandi protagoniste, con una trasposizione dal vivo più fedele che mai. Prima, però, tocca emblematicamente a “Where I’m From”, il brano posto al centro dell’ultimo disco, il compito di chiudere il sipario sulla sezione iniziale del concerto, facendo spazio ancora una volta ai fantasmi del passato.

Con l’imperativo di trasformare la serata in un “Friday night concert” a tutti gli effetti, la batteria di Knuckles e la chitarra di Chet irrobustiscono il loro apporto, riscaldando la platea con i toni marcati di “Lockdown Hurricane” e “A Daisy Through Concrete”. “Fresh Feeling” si srotola sul contrabbasso di Big Al / Krazy Al (opportunamente ribattezzato Upright Al per l’occasione...), mentre “I Like Birds” vola veloce su un assolo alla Chuck Berry. Ma è soprattutto la tromba di P-Boo a regalare ariosità al suono del gruppo, rinnovando la freschezza di classici come “Grace Kelly Blues”. Accanto a lui, Chet indossa come al solito i panni del fantasista, alternandosi tra chitarra, melodica e pedal steel (“the sad machine”, per dirla con E).

Chet



La resa dal vivo dei brani, per una volta, non riserva stravolgimenti, privilegiando su tutto l’eleganza delle rifiniture. Fa sempre eccezione, ovviamente, “My Beloved Monster”, che all’ennesima trasfigurazione si camuffa di coretti da juke-bok anni Cinquanta, capaci di farne uno dei gioielli della serata.

Dopo una vigorosa “Mistakes Of My Youth”, che va a mescolarsi al crescendo finale di “Wonderful, Glorious”, la conclusione del set è affidata a “Where I’m Going”. Ma le sorprese devono ancora cominciare: chi l’avrebbe mai detto, per dire, che un incorreggibile lupo solitario come E sarebbe stato disposto a scendere dal palco per andare a incontrare il pubblico? E invece eccolo distribuire abbracci, pacche sulle spalle e strette di mano a tutti i fan delle prime file…

È il momento in cui saltano gli schemi, e sono in molti quelli che lasciano i posti a sedere per andare ad assieparsi sotto il palco. Mr. E imbraccia la sua chitarra celeste e ripesca dai cassetti della memoria una versione della vecchissima “Fucker” fatta apposta per rivoltare il cuore come un guanto. “Daisies Of The Galaxy” si distende ad alleviare la solitudine, “Last Stop: This Town” fluttua su un tintinnio di campanelli per sollevarsi ancora una volta oltre i tetti ingombri di affanni delle nostre case.

Tutti reclamano ancora gli Eels, e loro tornano in scena nientemeno che con un trittico di cover. Imprevedibili come la rilettura al rallentatore di “Don’t Stop Believin’” dei Journey, cantata anche al fianco dello stesso Steve Perry nei mesi scorsi. Romantiche come l’omaggio a Elvis di “Can’t Help Falling In Love”, uno dei brani interpretati più spesso da E nel corso degli anni. Lievi come la conclusiva “Turn On Your Radio” di Harry Nilsson, che sugli arpeggi di Chet ritorna al filo conduttore del viaggio degli Eels nella musica degli anni Settanta. “I don’t know where life’s goin’/ But soon it will be gone/ I hope the wind that’s blowin’/ Helps me carry on”.

“Uneasy listening”, lo chiama E. “Suona come easy listening all’apparenza, ma se fai attenzione a quello di cui parla può diventare molto uneasy”. Semplice, eppure capace di non lasciare tranquilli. Come un sorriso sbucato all’improvviso dalla macchina della tristezza.

Setlist

1. Where I’m At

2. When You Wish Upon A Star (Harline – Washington)

3. The Morning

4. Parallels

5. Mansions Of Los Feliz

6. My Timing Is Off

7. A Line In The Dirt

8. Where I’m From

9. It’s A Motherfucker

10. Lockdown Hurricane

11. A Daisy Through Concrete

12. Grace Kelly Blues

13. Fresh Feeling

14. I Like Birds

15. My Beloved Monster

16. Gentlemen’s Choice

17. Mistakes Of My Youth

18. Where I’m Going

 

Encore

 

19. Fucker

20. Daisies Of The Galaxy

21. Last Stop: This Town

 

22. Don’t Stop Believin’ (Journey)

23. Can’t Help Falling In Love (Weiss – Peretti – Creatore)

24. Turn On Your Radio (Nilsson)

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