04/03/2014

Fanfarlo

Tunnel, Milano


Forse in ossequio alle tinte sonore del nuovo “Let’s Go Extinct”, è un anticipo di primavera quello che accoglie la tappa meneghina dei Fanfarlo al Tunnel. Il gruppo londinese, guidato dallo svedesino Simon Balthazar, è chiamato a confermare quanto ci sia di concreto nella fresca svolta stilistica in chiave eighties pop dell’ultimo lavoro. La curiosità, insomma, è quella di capire se i Fanfarlo si siano davvero lasciati alle spalle un sound che, al netto di alcune pulsioni smithsiane,  li ha sin da subito accreditati come una delle band più american-indie dell’attuale panorama musicale britannico, oppure se siano ancora saldi quei legami che tante lodi hanno procurato.
L’approccio on stage si rivela un po’ esitante, spaesato, vuoi per un impatto scenico a cui volutamente si rinuncia, vuoi per un assortimento sonoro che rimane rigoglioso solo nelle intenzioni, traducendosi in un’esecuzione un po’ frenata e scolastica che svuota il sound delle necessarie vibrazioni.

Per fortuna la qualità dei pezzi in tanti casi è  buona, e così quando si attacca con l’iniziale “Ghosts”, questi aspetti rimangono di contorno in favore di un frizzante uptempo intriso di malinconia, appena speziato dalla tromba, che però il buon Leon Beckenham, tastierista prestato a fiati,  dà la sensazione di non veder l’ora di mettere a riposo. E’ poi la volta della felice cavalcata “Life In The Sky”, brano che apre il nuovo disco e dimostra di avere, anche dal vivo, benzina a sufficienza per scaldare i cuori degli astanti, mentre la ballata “Deconstruction”, per sua stessa natura meno suonata, denuncia ancora la già intravista sommarietà. E’ su questi alti e bassi che prende forma l’indeterminatezza del concerto anche nel prosieguo, per giunta suggellata dalla scelta salomonica di distribuire equamente fra i tre dischi in studio il compito di riempire la setlist.

Il risultato è che a uscirne penalizzata è la coerenza di un’esibizione in sé decorosa, ma che fa sorgere più di un dubbio sulla convinzione con cui Balthazar e i suoi amici ( il barbuto bassista Justin Finch, bardato con un pastrano verde oliva da operatore ecologico, la diafana violinista Cathy Lucas, il già citato Leon Beckenham, e la brava Valentina Magaletti alla batteria, purtroppo stipata in un angolo del palco, con tutto quello che ne consegue) abbiano imboccato una strada lontana dai pruriti folk rock dei primi Arcade Fire, nome con cui la band deve da sempre fare i conti.

Nulla è servito a soddisfare le nostre curiosità, insomma, fra qualche sbavatura e momenti anche coinvolgenti, per un serata che non può dirsi certo buttata, ma che non verrà annoverata fra le migliori performance live di questa annata.

Setlist

Ghosts
Life In The Sky
Deconstruction
Cell Song
I'm A Pilot
Bones
Luna
Vostok
Comets
Tunguska
Landlocked
A Distance
Harold T. Wilkins, Or How To Wait For A Very Long Time
Let’s Go Extinct  

Fanfarlo su Ondarock

Vai alla scheda artista