19/04/2014

Record Store Day 2014

Rough Trade, New York City


Il Record Store Day, lanciato quasi in sordina qualche anno fa per contribuire a mantenere saldo il rapporto fra consumatori di dischi e oggetto del desiderio, ha nel tempo gradualmente assunto un’importanza crescente, contando un numero sempre maggiore di artisti coinvolti. Le iniziative si concentrano intorno al terzo sabato di aprile, attraverso pubblicazioni discografiche studiate ad hoc ed eventi che si moltiplicano in tutte le principali città del mondo. E’ in particolare New York (a pari merito con Londra) a fungere da catalizzatore delle iniziative più clamorose. Sabato 19 aprile 2014 tutti i maggiori negozi di dischi della Grande Mela hanno organizzato eventi gratuiti dedicati alla musica e al vinile, dando ampio spazio a molti artisti (sia emergenti che navigati) di indiscutibile valore. All’una del pomeriggio era già possibile assistere all’esclusivo dj set di Doug Gillard dei Nada Surf presso Generation Records, storico negozio del Greenwich Village; poco più a est, verso Alphabet City, un paio d’ore più tardi c’era Mick Collins dei Dirtbombs dietro la consolle da Kim’s Video. Anche Other Music e Living Stereo hanno organizzato uno scheduling decisamente interessante.

La palma d’oro 2014 è però da assegnare al nuovissimo store Rough Trade, aperto lo scorso novembre ma già divenuto uno dei principali poli d’attrazione del circuito musicale newyorkese. La Rough Trade si trova in uno dei quartieri più vivaci di Brooklyn, Williamsburg, a pochi metri da una visuale mozzafiato sullo skyline di Manhattan. Il locale è grazioso, e presta la giusta attenzione tanto ai classici quanto alle uscite più hype del momento (il disco del mese è quello di Todd Terje), ha un angolo per provare strumenti musicali, con gli ultimi ritrovati sia in campo electro (con stuzzicanti apparecchi Korg a disposizione), sia in quello dell’effettistica per chitarra. Al piano superiore c’è “The Room”, una stanza dedicata ad eventi multimediali: questo mese i protagonisti sono gli Lcd Soundsystem, ed è possibile ammirare foto, guardare i video dei live show, ascoltare i loro vinili posti su cinque piatti, persino lasciare messaggi in una bacheca. E c’è una bella sala concerti a due piani, in grado di contenere almeno 300/400 persone. Rough Trade ha il potere derivante da un nome importante, ma dimostra anche un’organizzazione impeccabile.

Il programma per il Record Store Day di quest’anno è da leccarsi i baffi: dalle ore 13 a mezzanotte si susseguono sul palco, una ogni ora, alcune fra le band più interessanti della nuovissima scena alt-rock americana e inglese. Ogni gruppo suona per circa 35/40 minuti, rispettando il programma con rigorosa svizzera precisione. Subito dopo pranzo non c’è molta folla, ed i primi artisti ad affrontare il palco sono band emergenti della zona che aspirano ad ampliare il proprio seguito. Apre Betty Who, ventiduenne australiana trasferita a New York che ha recentemente firmato per la Rca: la signorina propone i brani del recente Ep “Slow Dancing”, caratterizzati da uno zuccheroso pop radiofonico non troppo distante da Katy Perry. Gli Slothrust, che giocano praticamente sotto casa perché son proprio di Brooklyn, propongono invece uno spigoloso hard-blues a metà strada fra punk e psichedelia. E’ chiaro da subito che ce ne sarà per tutti i gusti, sensazione confermata dall’ulteriore cambio di stile imposto da Palehound, ovverosia la giovanissima (appena diciannovenne) cantautrice Ellen Kempner, un’altra di quelle che da queste parti giocano in casa.

Alle 16 tocca a Mark Mulcahy, che a otto anni di distanza dai Miracle Legion, torna con un disco solista impregnato di alt-country e schegge rock’n’roll. Segue l’innocuo indie-rock dei Milagres, anche loro di Brooklyn, e i soporiferi Amen Dunes, il progetto di Damon McMahon, qui presentato in una versione più spoglia del solito, sotto forma di duo acustico. Purtroppo una delle band più attese, gli ultra-sonici Perfect Pussy, dà forfait all’ultimo momento, e il dj set di Simon Raymonde consente ai più di andare a caccia di vinili all’interno del negozio, o di scolarsi un paio di birre in uno dei tanti pub caratteristici di Williamsburg.

Alle 20 si riparte, e si entra davvero nella parte più calda della giornata con l’esibizione dei Fear Of Men. Il quartetto di Brighton (due ragazzi e due ragazze) sta ricevendo ottime recensioni grazie al disco d’esordio “Loom”. La band, guidata da Jessica Weiss, pare prodotta da Stephen Street per quanto si dimostri in grado di ricreare certe atmosfere tipicamente Smiths, ma soprattutto prossime ai primi Cranberries, per via sia della modalità del cantato, sia per l’atteggiamento delle chitarre. Nel finale non disdegnano qualche puntatina verso una sorta di country-noise.
A questo punto il locale è preparato ad arte per ospitare la prova più intensa della giornata, offerta dai nu-shoegazer Nothing. A metà strada fra My Bloody Valentine e Slowdive, la formazione di Philadelphia propone un set devastante, che rende le canzoni dell’ottimo “Guilty Of Everything” ancor più micidiali rispetto alle versioni registrate in studio. Un drumming assassino (quello di Kyle Kimball), un bassista tarantolato (Nick Bassett, ma sull’album viene accreditato Chris Betts), due chitarristi / cantanti che costruiscono un’impenetrabile muraglia sonora (Domenic Palermo e Brandon Setta), sotto la quale le voci si percepiscono appena. Sono senza dubbio loro i veri trionfatori di questa ricca staffetta musicale. A fine serata, intrattenendoci a chiacchierare con la band, scopriamo non solo le origini italiane di alcuni componenti (evidenti già dai cognomi) ma anche che per il prossimo novembre stanno prendendo contatti per passare dalle nostra parti. Pare che almeno una data in Spagna sia già stata fissata, e sono certi di fare qualche serata anche nella nostra penisola.

Dopo un set del genere, chiunque rischierebbe di sfigurare, e il duo acustico The Rails ci sembra una scelta poco azzeccata da piazzare di seguito ai Nothing. La coppia acustica londinese è decisamente folk oriented e neanche troppo originale. Kami Thompson e James Walbourne cercano di ripulire le scorie elettriche ancora presenti nell’aria, ma qualche sbadiglio è inevitabile.
L’atto finale vede protagonisti gli Hospitality, altra formazione di Brooklyn di cui si fa un gran parlare negli ultimi mesi. Amber Papini prende il centro della scena con il suo cantato educato e la tecnica chitarristica alquanto scolastica. Il loro repertorio fatto di canzoncine alt-pop funziona e il pubblico manda i brani a memoria, compresi quelli del recente "Trouble", anche se i momenti migliori si delineano quando il tastierista imbraccia la Telecaster, conferendo maggior elettricità ad alcune composizioni.

Undici ore di abbuffata musicale, cos'altro ci può essere ancora da chiedere? Un evento completamente gratuito con una proposta eterogenea e complessivamente di buonissima qualità è una vera oasi per chi fa delle sei note un hobby basato sull’eterna curiosità, sulla voglia di scoprire continuamente nuovi musicisti interessanti. E ora tutti in strada, perché le notti sono infinite nella città che non dorme mai.

Nella foto: Brandon Setta dei Nothing

Setlist

Rough Trade In-Store Performance Schedule:

13,00 - Betty Who

14,00 - Slothrust

15,00 - Palehound

16,00 - Mark Mulcahy

17,00 - Milagres

18,00 - Amen Dunes

19,00 - Perfect Pussy (cancelled)

20,00 - Fear Of Men

21,00 - Nothing

22,00 - The Rails

23,00 - Hospitality

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