31/05/2016

Boredoms

Pirelli HangarBicocca, Milano


A posteriori possiamo dire questo: non è del tutto vero che da una performance dei Boredoms non si sa mai cosa aspettarsi. Le informazioni di partenza riguardavano solo la formazione e la location - più unica che rara per un concerto pubblico -, l'enorme sala dei 'Sette Palazzi Celesti' di Anselm Kiefer presso il Pirelli HangarBicocca di Milano. C'erano incognite anzitutto sulla disposizione dei musicisti in questa imponente cattedrale profana, e ovviamente sul tipo di sound col quale avrebbero celebrato l'occasione specifica, anteprima della terza edizione del festival Terraforma di Villa Arconati a Bollate (Mi).

Ecco però la sola certezza per chi si appresta a incontrare la band nipponica dal vivo: si tratterà immancabilmente di un rituale, una trance rispondente a direttive che solo loro possono stabilire e alle quali gli spettatori devono affidarsi senza compromessi.
Più che un normale palco, un ring ci si presenta agli occhi una volta raggiunto il fondo del capannone, circondato dalle enormi tele materiche con le quali Kiefer ha completato la sua installazione permanente. La pedana degli artisti, fitta di tamburi, piatti e armamenti elettronici, è a sua volta perimetrata da lunghi tondini di ferro sospesi in orizzontale e verticale. Sono le singolari "campane" che introdurranno la celebrazione, ovviamente presieduta dal "sacerdote" Yamantaka Eye, che con ampi gesti e vocalizzi scandisce le fasi di progressiva alienazione dal contesto. Non appena Eye posa le mani su due scatole amplificate esse emettono profondi bassi vibranti, e al suo fianco si scatena la concitata sezione ritmica di Yoshimi e Yojiro Tatekawa.

Una giustificata perplessità iniziale fa così spazio alla graduale consapevolezza che i Boredoms sappiano con certezza dove intendono arrivare, ma soprattutto come. Se la sezione introduttiva seguiva infatti un suo ordine regolare, quasi composto, in seguito le vaotiche modificazioni elettroniche della voce di Eye si alternano a ritmi dispari al limite del virtuosistico. Poi lo sfoggio di un'altra stravagante invenzione: rullanti di batteria collegati a coni acustici ipersensibili, all'interno dei quali si agitano e si mescolano vari attrezzi di metallo, arricchendo un clima già esuberante con clangori di grande effetto scenico ancor prima che sonoro.

Da oltre un decennio gli exploit del collettivo giapponese hanno avuto il comun denominatore dell'inno rivolto al Sole, vale a dire il simbolo della vita sul globo terrestre. Non ci è possibile rapportare questa tendenza con ciò che è avvenuto entro le mura dell'Hangar: certo è che un simile scenario richiedesse qualcosa di affine in termini di grandezza, solennità ma anche controversia; il primitivismo non-significante del rituale, dei suoi gesti e suoni mutevoli, riflette con un ragionevole grado di approssimazione la natura ossimorica dei Palazzi kieferiani, tanto elevati quanto essenzialmente poveri, disadorni, apparentemente precari ma saldamente ancorati a terra, inamovibili nella loro umile concretezza.

Insomma, qualcosa che con ogni evidenza non afferisce soltanto all'insieme delle esibizioni live, ma più in generale a quello dell'esperienza condivisa, polisensoriale e liberamente interpretabile. Quel che ci voleva per introdurre la tre giorni ventura di Terraforma, appunto, non proprio il classico festival dei grandi nomi; il valore aggiunto della proposta lo scoprirete immancabilmente a luglio, avventurandovi tra gli affascinanti scorci che circondano la maestosa villa storica di Bollate.