05/07/2016

Wilco

Villa Ada - Roma Incontra il Mondo, Roma


I Wilco tornano a Roma a sei anni dal sold-out dell'Auditorium. Altri due album sono passati sotto i ponti, "The Whole Love" e "Star Wars", non esattamente i loro migliori, ma la band guidata con piglio sicuro da Jeff Tweedy è sempre più da tutti riconosciuta come quella che ha consegnato all'alt-country la dignità di genere a sé stante.
Oggi i Wilco dal vivo sono una certezza, una certificazione di qualità vivente, con sei elementi fra i migliori al mondo nei rispettivi ruoli, a partire da Nels Cline, chitarrista più che straordinario, e da Glen Kotche, davvero inarrivabile dietro la batteria. Per non parlare delle doti chitarristiche, vocali e di scrittura di Tweedy, e del valore aggiunto apportato dai magnifici gregari: lo storico bassista John Stirrat e i due polistrumentisti Pat Sansone e Mikael Jorgensen.

L'unico evento da evitare nell'attuale navigazione della band americana è diventare la macchietta di se stessa, rischio corso durante i bis proposti sulle sponde del laghetto del parco di Villa Ada, quando vengono presentati in veste acustica ben cinque brani, fra i quali i non certo secondari "Misunderstood" e "A Shot In The Arm".
Se ci fosse stato un violino sarebbe stato bluegrass, una scelta che sa di ritorno alle radici, e che stride con l'atteggiamento avanguardistico da sempre marchio di fabbrica dei Wilco. Sarebbe stata preferibile una parentesi acustica nel mezzo del concerto, con due o tre pezzi al massimo, e chiudere con una selezione più energetica, come del resto hanno sempre fatto nei tour precedenti.

È comunque l'unico punto debole di uno show che per il resto viaggia a gonfie vele, costruito sulla spina dorsale di "Star Wars", pubblicato circa un anno fa, la benvenuta scusa per mettere in pista questo giro di concerti: i nuovi brani sono concentrati nella prima parte della setlist, per poi lasciare spazio alle composizioni che tutti i fan desiderano riascoltare, a partire da quelle estratte da "A Ghost Is Born".
Fra queste, si meritano sul campo la menzione d'onore l'inossidabile "Impossible Germany", la sempre pazzesca "Handshake Drugs" e la portentosa "Spiders (Kidsmoke)", il brano che completò la migrazione dei Wilco dall'alt-country a qualcosa di completamente nuovo, contaminando il folk con l'elettronica, con le chitarre di Neil Young e con i rumorismi dei Sonic Youth: una di quelle tracce che andrebbero fatte ascoltare nelle scuole di musica di tutto il mondo fino allo sfinimento.

Applausi a scena aperta anche per il closing indiavolato di "Art Of Almost", per il caotico ordine di "Via Chicago", e per i tanti estratti da "Yankee Hotel Foxtrot", altro album amatissimo dai fan.
"The Late Greats" chiude la prima parte dello show, prima della discutibile parentesi root: magari non sarà stato il miglior concerto di sempre dei Wilco, ma gli standard dalle parti di questi signori sono sempre altissimi, irraggiungibili per la quasi totalità di tutti i loro "avversari". La prossima data italiana è già fissata da tempo, sarà a Milano il prossimo novembre, segnatela in agenda...