24/07/2017

Air

Teatro Romano, Ostia Antica (Roma)


L'astronave degli Air atterra tra le vestigia romane di Ostia Antica. E già per questo capisci che sarà una notte speciale, tutta giocata sui contrasti temporali: l'elettronica del duo francese ammantata del solito fascino retrò, le visioni futuriste, suggerite anche da visual e luci, proiettate sulla pietra color sabbia dell'anfiteatro d’età augustea. Uno sfondo mozzafiato per la celebrazione di Nicolas Godin e Jean-Benoît Dunckel, da 20 anni corrieri cosmici dal french touch in tour nello spazio-tempo, per un viaggio già immortalato dall'antologia “Twentyears”. E saranno proprio i brani contenuti nella doppia raccolta a dominare una scaletta che ripercorrerà successi e chicche dei due spacemen sbarcati alla corte di Versailles.

Ostia AnticaLa lunga passeggiata preliminare tra le splendide rovine romane rinnova lo stupore sul perché in questi luoghi non vi siano quelle orde di turisti che all'estero gremiscono le location più insulse. Forse perché siamo in Italia - basterebbe rispondersi una volta per tutte. Siamo invece a Berlino, in transito dall'Australia, con i Parcels, la band di spalla che irrompe sul palco quando non è ancora buio e il rosso del tramonto si mescola col grigiore della foschia che vela la notte di Ostia. Il loro elettropop, sospeso tra funky e retromania, riscalda il pubblico, che apprezza non poco una performance fresca e accattivante, in cui svetta quella “Overnight” prodotta nientedimeno che dai Daft Punk, gli altri sovrani del French Touch, il cui tiro si avverte sensibilmente nei suoni. “Questo è il posto più bello in cui abbiamo mai suonato”, dice il tastierista Louie Swain. E vagli a dare torto…

Air live - Ostia Antica

Sono scoccate da poco le 22, quando Godin e Dunckel, rigorosamente biancovestiti, salgono sul palco, affiancati da due turnisti, rispettivamente alla batteria e ai sintetizzatori. Godin si destreggerà tra chitarra, mandolino, basso e sintetizzatori, facendosi anche filtrare la voce dal vocoder in un paio di episodi, mentre Dunckel giostrerà tra moog e synth (tra cui il mitico Korg MS-20), dando man forte ai cori. Sobrie le scenografie, con cinque pannelli-specchi tridimensionali posti alle spalle del gruppo, a rifletterne le immagini.
L'inizio è soft, con le atmosfere vellutate di “Venus” a stendersi come polvere di stelle tra i gradoni dell'anfiteatro, mentre i due giocano a intrecciarsi le voci. Sarà il primo dei cinque brani tratti da “Talkie Walkie”, album del 2004 che il sottoscritto non piazzerebbe in un ideale podio degli Air, ma che gli interessati, a quanto pare, reputano ben più rilevante, includendone la metà dei brani (5 su 10) in scaletta. Nessun dubbio, invece, sull'imperituro fascino del singolo “Cherry Blossom Girl”, caramella dream-pop che ti si appiccica addosso inesorabilmente, tra arpeggi trasognati di chitarra, tastiere al cognac e coretti leziosi alla Stereolab. Gli Air la avvolgono di viola con gli specchi scenografici sul palco. Ma a brillare, nella notte di Ostia, sono anche le modulazioni ovattate di “Run” e il motivetto fischiettato di “Alpha Beta Gaga”, che si fa largo tra allegre mandolinate e strali al neon elettrici, mentre alla quiete rarefatta di “Alone In Kyoto” - immortalata da “Lost In Translation” di Sofia Coppola - sarà riservato uno degli encore.

L'altro disco di riferimento – com'è inevitabile che sia – è “Moon Safari”, il capolavoro del 1998, rappresentato da un'altra cinquina, dalla quale però restano escluse proprio le due fissazioni del sottoscritto: “You Make It Easy” (che fine hai fatto Beth Hirsch?) e “Le Voyage De Penelope”. Poco male, però, perché “Talisman” e “Remember” effondono tutte le loro magiche essenze seventies impregnate di lounge aliena e cantilene al vocoder, e una esaltante esecuzione di “Kelly Watch The Stars” accende l'entusiasmo dei presenti, rievocando la più celebre partita di ping-pong della storia della videografia musicale.
Saranno lasciati ai bis finali, invece, la hit per antonomasia “Sexy Boy”, che farà saltare tutti in piedi come un gol con le sue pulsazioni scoppiettanti, e una “La Femme d’Argent” che muterà via via le sua foggia sorniona da cocktail-lounge in un crescendo psichedelico dissonante e spettacolare.

Air live - Ostia Antica

Sorprende di più, semmai, scoprire che il terzo album-cardine del set sia il secondogenito – e troppo spesso trascurato - “10,000 Hz Legend”, da cui Godin e Dunckel estraggono una composita quaterna, che spazia dalla psichedelia floydiana di “Don't Be Light” all'eterea “Radian”, dal bisbiglio onirico di “How Does It Make You Feel” alla cantilena robotica di “People In The City”.
Ma riescono a trovare posto in scaletta anche brani sparsi da altri lavori, come una struggente “Playground Love”, interamente strumentale, in rappresentanza – unica, ahimè – dell'immensa colonna sonora di “The Virgin Suicides”, o come una “J'Ai Dormi Sous L'Eau” ripescata direttamente dall'Ep d'esordio “Premiers Symptômes” del 1997. Resteranno fuori, invece, le Sinfonie Tascabili del 2007 (peccato!), le bomboniere pop di “Love 2” (2009) e tutti quei lavori successivi di marca sperimentale che hanno visto gli Air ingegnarsi tra omaggi a Méliès (“Le Voyage Dans La Lune”) e ideazioni ad uso museale (“Music For Museum”).

Ma dopo un'ora e mezzo di concerto all'insegna dell'eleganza e di un'ottima acustica, c'è da essere pienamente soddisfatti. Meno freddi, più coinvolti di altre occasioni (vedi l'esibizione a Fiesta di qualche anno fa), quasi emozionati, mano al cuore, di fronte alla calorosa accoglienza del pubblico, gli Air lasciano il palco, allontanandosi tra le rovine di Ostia Antica. La loro astronave riparte, la destinazione è - come sempre - ignota. Ma alzando gli occhi al cielo, ora, si possono scorgere le stelle. E, come Kelly, non possiamo che restare a fissarle.