24/08/2018

Cosmo

Riverock Festival, Assisi


L'unica data umbra del Cosmotronic è al Riverock Festival di Assisi. Due percussionisti e un cantante/dj, Cosmo per l'appunto - al secolo Marco Jacopo Bianchi - salgono sul palco con buon anticipo, forse scoraggiati dal pubblico esiguo, ma, si sa, Assisi è una realtà minuta e quello della 42Records è un'artista che appartiene a un panorama musicale troppo di nicchia per un contesto senza grandi città come quello umbro, per di più nel mese in cui la gente fugge dalla regione per andare altrove.

Lo spettacolo di Cosmo è all'altezza delle aspettative scenografiche, appagate dai coriandoli, dai laser, dai fasci di luce lisergici che si infrangono contro le retine degli spettatori, ma è al di sotto di quelle musicali, che personalmente erano elevate giacché alimentate dai roboanti articoli di testate anche influenti che avevano avuto la premura di titolare con toni entusiastici, lanciando cioccolatini a più non posso: "Cosmotronic è meglio di come ce lo aspettavamo", "Un party oltre i generi classici", "Uno spettacolo che significa libertà dalle convenzioni".
Tecnicamente lo show è un ibrido che rispecchia l'anima di Cosmo e il suo duplice lessico musicale: metà dj-set, metà live. Poco meno di due ore di musica che di eclatante ha ben poco. La parte techno è quella della danza, del ritmo, dei beat pulsanti; una discoteca a cielo aperto con un pubblico un po' freddino per la verità, se si escludono i fedeli delle prime file. Cosmo stavolta non si butta, non fa stage diving. "Lo faccio ad ogni data", aveva dichiarato ai microfoni di Radio Deejay poco tempo fa, "è una cosa che mi viene dall’incoscienza e dall’adrenalina", due componenti che evidentemente non lo hanno abitato durante la serata umbra, ma considerando l’entusiasmo del pubblico non lo si può biasimare.

cosmo_2_01L’altra metà dello show è puro pop elettronico e in gran parte coincide con gli encore. “L’ultima festa”, “Le voci”, "Tutto bene", l'irresistibile charleston in levare di “Sei la mia città”, "L'amore" (semplice quanto emozionante), "Quando ho incontrato te", "Dicembre", in altre parole gli “sparuti, incostanti sprazzi di... melodia”, direbbe Jep Gambardella nell'atto di autostuprarsi. Già, perché il Cosmotronic Tour sembra più che altro un prodotto ben confenzionato, lucidato, impacchettato e sponsorizzato con notevole maestria. Chi ama la techno in discoteca ci va anche se non c’è Cosmo, mentre chi la techno più che ascoltarla dice di ascoltarla va a vedere Cosmo ballicchiando con il drink in mano, aspettando, in cuor suo, l'arrivo della forma-canzone, il ritornello dopo la strofa, la deflagrazione melodica, il momento per urlare come a un qualsiasi altro concerto di musica pop.

A giudicare dalle grida liberatorie che hanno accolto i brani sopracitati, al Riverock è successo un po’ questo. Più di un’ora di convenevoli e di preliminari per arrivare a cantare. Forse il problema degli show come Cosmotronic è proprio che per metà ti piacciono e per metà te li fai piacere. A parte le rare eccezioni, insomma, c’è sempre una coltre di “chiacchiericcio” che devi metterci in conto e, se ti va male, come l'altra sera, devi pure ingollare qualche decontestualizzato e sconcertante "come va, stronzi?", vomitato dal musicista contro la folla senza motivi apparenti.

Poi si riaccendono le luci e, come sempre, ci sono quelli a cui lo show è piaciuto e quelli a cui non è piaciuto. La differenza, forse, sta solo nel fatto che una parte ha trovato il coraggio di manifestare la propria delusione e l'altra no.