30/03/2019

Retro Future Festival

Kulturbolaget, Malmö


Il Retro Future è un evento che si è tenuto al Kulturbolaget di Malmö il 30 marzo ed è stato il primo festival esplicitamente “New Retro Wave” realizzato in Svezia. Il genere (da non confondere assolutamente con le varie forme contemporanee di post punk/darkwave) vuole mettere in scena “la musica per il futuro che non si è mai verificato ma che tutti hanno sognato negli anni 80”. Questo secondo le parole dell’organizzatore Samuel Valentine. Pensate a serie come "Stranger Things" o “Black Mirror” (dall'episodio di “San Junipero” a “Bandersnatch”) o a tutto l’immaginario da film sci-fi e horror in Vhs. Si tratta di un dedalo di riferimenti che vanno da serie televisive come "Miami Vice" a giochi per computer come "Out Run".
Più che un genere musicale vero e proprio, è un’estetica postmoderna che si compiace degli inevitabili anacronismi che si creano facendo collidere il presente con una visione esasperata e iperreale degli anni Ottanta, intesi come una sorta di bolla simbolica piena di simulacri. Musicalmente si tratta di una forma particolare di synthwave al neon che fagocita pop, funk, metal e musica da colonne sonore (da John Carpenter a Claudio Simonetti). Il tutto è emerso dal 2010 ad oggi grazie a chi, molto spesso, è cresciuto principalmente nell’era di internet. Del resto, anche noi siamo arrivati al festival seguendo Google Maps.

S’inizia presto con il live di HyprDrivr (aka Andreas Lundberg), artista di Malmö che si è presentato sul palco come un personaggio di "Tron", con tanto di occhiali al neon: una performance visibilmente ben congegnata, forse ancora acerba dal punto di vista sonoro ma potenzialmente interessante. Peccato per qualche piccolo problema tecnico.
Quella di Damokles è stata una delle migliori esibizioni dell’evento. Il Nostro imbracciava una keytar e ha proposto per l’occasione una synthwave contaminata con robuste dosi di funk e italodisco. Per questioni anagrafiche era l’unico artista del festival ad aver vissuto gli anni Ottanta come musicista e dj. Forse anche per questo, la sua visione appariva più legata ai “veri” anni Ottanta, rispetto ai suoi simulacri immaginari di stampo “New Retro”, anche se attualmente Damokles è proprio uno dei più accreditati producer del genere.

Altra esibizione di spessore è stata quella di Midnight Danger, giovane artista proveniente da Stoccolma. Abbiamo visto un particolare e riuscito connubio tra synth, metal e colonna sonora da film horror e sci-fi. Avevamo avuto modo di assistere a una delle sue primissime esibizioni e abbiamo potuto costatare come il suo live-set sia cresciuto a livello qualitativo. Indubbiamente, le colonne sonore di Simonetti per film come “Démoni” (1985) devono essere state di grande ispirazione per l’artista svedese che in più di un’occasione ha imbracciato una chitarra elettrica con pose da consumato rocker. Del resto, non è un segreto che molti artisti del genere provengano da ambiti metal. Ad esempio, James Kent prima di indossare i panni di Perturbator suonava la chitarra in gruppi black metal.

Il live di Nina ci ha particolarmente colpito. Spostandoci nei lidi più pop degli anni Ottanta la cantante berlinese, ora di stanza a Londra, guarda ai primissimi Depeche Mode mantenendo un’estetica patinata e glamour. Sul palco utilizzava una tastiera Roland Gaia ed era accompagnata nella parte ritmica dalla sua percussionista di fiducia, Lau, che utilizzava una sampling pad SPD-SX. Nel suo genere il duo è parso molto affiatato con hit di forte impatto, conquistando agevolmente l’attenzione degli avventori del festival. Il fantasma di Madonna del periodo di “Like A Virgin” era in agguato proprio dietro l’angolo.

Non poteva mancare il lato più fantascientifico e distopico degli anni Ottanta “virtuali”. La performance di Irving Force, pseudonimo dietro cui si nasconde lo svedese Adam Skog, evocava tutto un immaginario ampiamente sedimentato tra cyberpunk, B-movie e film della Troma. Musicalmente era un live-set ben strutturato, in cui suggestioni iconografiche da action-movie e citazionismi sonori assortiti, dal metal all’hard rock, si accompagnavano a un’elettronica contemporanea capace di smovere il dancefloor. Il tutto era un po’ sulla linea dell’ultimo Perturbator, quello di "New Model".
Chiudeva il tutto, l’esibizione del danese Dynatron con un set sospeso tra l’elettronica di Jean Michel-Jarre e divagazioni rock anni Ottanta. Esibizione tutto sommato gradevole, ma c’è da notare come Midnight Danger, Nina e Irving Force abbiamo donato un tocco personale in più al loro immaginario e al loro sound, cosa che forse è mancata un po’ all’artista danese. Del resto, la “New Retro Wave” è un genere essenzialmente nato su internet e solo successivamente emerso nel mondo reale. Dynatron forse è rimasto troppo prigioniero del suono della prima ondata virtuale (2012/2015 circa) e dei suoi stereotipi sonori.

Un plauso va all’organizzazione del festival che è riuscita a ricreare una sorta di ambiente tra “San Junipero” e “Ritorno al futuro”. Molto apprezzata l’idea di mettere a disposizione del pubblico le macchine arcade da sala giochi prodotte della Arcade Dreams. Ottimi gli interludi del dj inglese Star Noir che, tra un’esibizione e l’altra, ci ha fatto ballare all’insegna di un mix tra anni gli Ottanta reali e quelli immaginari. Non ha nemmeno senso parlare di nostalgia o "retromania": un certo immaginario è ancora fervido e prolifico nei suoi mille simulacri e semplicemente continua la sua corsa, accelerando verso l’ignoto.

Simulation is no longer that of a territory, a referential being or substance. It is a generation by models of a real without origin or reality: a hyperreal.
(Jean Baudrillard, "Simulacra and Simulations")