22/02/2020

Big Thief

Locomotiv Club, Bologna


Se questa sera, al Locomotiv Club di Bologna, prendiamo parte a un sold-out clamoroso dei Big Thief – particolarmente sofferto da chi non si è accaparrato per tempo un biglietto – è in egual misura per indubbio merito e per “tempismo storico” del quartetto di Brooklyn. Non che il contratto con la storica 4AD sia stato ininfluente in termini promozionali, ma se i due album pubblicati nel 2019 hanno conquistato la stragrande maggioranza del pubblico indie è perché, molto semplicemente, sono un fresco e necessario ritorno alla semplicità di certi tempi andati, quando lo stesso termine "indie" non indicava un genere musicale ma un'appartenenza (per scelta o no) a circuiti quantomeno secondari.
Perciò, a scanso di equivoci, ribadiamo che tutto ciò che oggi Adrianne Lenker e soci rappresentano è frutto del talento e della passione con cui si sono guadagnati sul campo il loro pubblico, e di un album di svolta, un instant cult quale si è rivelato “U.F.O.F.”, ai piani alti di moltissime e fors’anche insospettabili classifiche annuali (tra cui la mia).

Dopo l’apertura di serata dei francesi Pays P, trio voce-chitarra-batteria piuttosto dinamico e agguerrito, l’accoglienza riservata ai Big Thief è a dir poco entusiastica, specialmente per la beniamina Adrianne, che l’esibizione live riconfermerà come molto più di una frontwoman: è icona e autentica colonna portante della band, la cantautrice e chitarrista in grado di sprigionare meraviglia tanto dalla fragilità quanto dalla rabbia - idealmente le due anime complementari di “U.F.O.F” e “Two Hands”.
Ma a fianco dei nuovi inni folk-rock - “Forgotten Eyes”, “Shoulders” e la tagliente “Not”, con una coda di distorsioni e feedback da brividi - trova spazio in scaletta anche una consistente selezione di brani dall’esordio “Masterpiece”, un piccolo classico che conteneva già in nuce la loro futura gloria - all’epoca, tuttavia, ancora imprevedibile. Soltanto il singolo “Shark Smile”, invece, in rappresentanza del secondo Lp “Capacity”, cui però sopperiscono ben tre inediti davvero pregevoli (“Time Escaping”, “Two Rivers”, “Zombie”) che per stile dominante si direbbero tornare all’intimismo di “U.F.O.F”.

Nella performance emergono ancor più chiaramente la schiettezza e la discreta sofisticazione della scrittura musicale della band, un carisma che non necessita di alcun esibizionismo per fare breccia nel cuore del pubblico. Vale per i dolci arpeggiati di “From”, “Cattails” e “Paul” come per la visceralità di “Real Love”, tra gli apici emozionali del concerto. Pochi giochi di luce, poche concessioni all'entusiasmo più tipicamente “rock”, e proprio per questo ancora più entusiasmanti.
Poco dopo un’ora la band si congeda e sembra non avere alcuna intenzione di tornare sul palco. Le luci e la musica di sottofondo del locale si sono accese, ma le grida sottopalco continuano a elevarsi, e per diversi minuti il concerto si trasforma in sconcerto, tra gli sguardi interdetti e quasi allarmati degli astanti.
Alla fine è la sola Adrianne a tornare sul palco, con la chitarra acustica e in punta di piedi, per regalarci un bis quietamente straziante, quella “Orange” fulcro del loro disco della consacrazione, poesia di una voce tra le più distintive dell’attuale panorama internazionale. Tra applausi e baci, ora si può andare a casa senza rimpianti.

La brutta sorpresa arriva soltanto il giorno dopo con l’annullamento della data milanese al Circolo Magnolia: le disposizioni del Ministero della Salute per contrastare la diffusione del Coronavirus si sono fatte stringenti e per quanto riguarda gli eventi pubblici il capoluogo lombardo si trova a fronteggiare una quarantena forzata. L’unica consolazione - e praticamente una certezza - è che, salvo il dilagare di una pandemia ben peggiore, nulla impedirà ai Big Thief di tornare a trovare una fanbase così affiatata.

Fotografie: © Francesca Garattoni per gentile concessione di VEZ Magazine