05/07/2021

Ministri

Roma Incontra il Mondo - Villa Ada, Roma


Quasi un anno e mezzo dall’ultimo concerto visto, almeno per me. Era una sera di febbraio del 2020, Liam Gallagher al Palazzetto dello Sport di Roma, cinque giorni prima della scoperta del primo tampone positivo a Codogno, il paziente zero, e c’era timore, sì, ma nulla che potesse far neanche lontanamente immaginare tutto quello che sarebbe accaduto. Basterebbe questo per ritenere il concerto dei Ministri, tenuto nello straordinario scenario del Laghetto di Villa Ada, come un evento per me particolarmente significativo, il momento che ha sancito il ritorno ufficiale sotto un palco. Federico Dragogna, chitarra e penna della band, si è raccomandato: in uno dei tanti dialoghi intrattenuti con la platea, ha chiesto di fare in modo che questa non sia considerata come una ripartenza, bensì la chiusura di una parentesi che dobbiamo lasciare nel fondo dei nostri ricordi.

Basterebbe questo, dicevo, ma poi il live set dei Ministri è stato profondamente emozionante anche per tanti altri motivi. Partivano da una posizione di svantaggio rispetto a qualsiasi altro loro concerto del passato, perché costretti a esibirsi (per le ben note disposizioni governative) con il pubblico integralmente seduto, adeguatamente distanziato, impossibilitato ad alzarsi per scattare una foto (io l’ho fatto e mi son preso un cazziatone dalla security), autorizzato ad accedere all’area in numero limitato rispetto alla capienza normale del luogo, con la prima fila posta a non meno di quindici metri dalla transenna posta sotto il palco. Una dimensione quasi insopportabile per una band che sul contatto fisco con il proprio pubblico ha cementato ogni singola performance.

La formazione milanese ha lasciato chiaramente intendere, a più riprese, che questo sistema è inaccettabile. Ma per loro era importante ricominciare per davvero, pur opponendosi in maniera ferma all’indicazione (immagino inoltrata loro da tour manager o agenzie di booking) di pensare un tour in chiave acustica, intima. No: avrebbe significato esibirsi in termini dimessi. I Ministri non potevano accettare un simile compromesso. Molti colleghi lo stanno facendo, in questo periodo, a volte snaturandosi, i Ministri no: non saranno loro a chiedere al proprio pubblico di restare seduto, e hanno deciso di compensare la distanza suonando con ancora maggior impeto, con ancora maggior violenza rispetto al normale, assemblando una setlist costituita per la quasi totalità da brani vigorosi.

Così facendo, la distanza fisica è risultata annullata. Il pubblico è rimasto comunque rispettoso delle regole (anche perché i controlli erano scrupolosi e costanti), concedendosi al massimo di alzarsi in piedi nei momenti di maggior tensione elettrica, ad esempio durante l’esecuzione di “Noi fuori”. Per ripagare il disagio della lontananza, in un paio di occasioni i musicisti sono scesi in platea. Lo ha fatto Divi, con orgoglio, durante l’esecuzione della sempre toccante “Il bel canto” (in pratica quello che di solito fa con lo stage diving stavolta lo ha reso camminando in mezzo ai fan che lo acclamavano). Lo ha fatto Federico, nel bel mezzo dei bis, lanciandosi con la chitarra a tracolla in una corsa sfrenata durante uno dei suoi caratteristici soli, come fosse posseduto da una forza sovrannaturale.

A rendere il tutto ancora più vibrante, il fatto che questa volta i Ministri stanno promuovendo un disco di sole quattro tracce, “Cronaca nera e musica leggera”, particolarmente energico. Aggiungendo a questi brani il best of della loro carriera, è venuta fuori una scaletta superba, completamente priva di momenti di stanca. La partenza è devastante, con il superclassico “Tempi bui”, la nuova “Peggio di niente” (una delle loro composizioni più efficaci di sempre, fra le migliori mai prodotte dal trio, stasera allargato per la presenza della seconda chitarra), e le due amatissime “Comunque” e “Gli alberi”. Fra i momenti più intensi, impossibile non citare almeno l’esecuzione de “La piazza”, dedicata al ventennale di Genova 2001. E ancora l’omaggio a Battiato, sulle note di “Alexander Platz”, e la rinvigorente botta di vita di “Spingere”, che anticipa “Una palude”, proposta con una bella coda finale.
Poi tutti a casa, sperando che la situazione sanitaria mondiale possa normalizzarsi quanto prima ed eventi come questo possano tornare a svolgersi serenamente, senza le limitazioni che ora tutti – spettatori e addetti ai lavori - devono accettare. Ma e per sempre "Meglio di niente"…