28-29/04/2023

Marillion

Gran Teatro Geox, Padova


Qualunque cosa voi pensiate al riguardo dei Marillion... probabilmente è sbagliata!

Questo è il celebre slogan che la band di Aylesbury diffondeva nei primi anni 2000, nell’estremo tentativo di smettere di essere ancora ricordata dai meno aggiornati come i “figliocci dei Genesis”.
Era già riduttivo definirli così all’epoca (sicuri di aver già sentito la band di Gabriel & C. suonare una roba che quasi strizzava l’occhio alla NWOBHM come “Chelsea Monday”?); decisamente fuori luogo già 15 anni dopo l’addio del vecchio frontman Fish, durante gli esperimenti con il rock alternativo di “Radiation” e alcune spruzzate di trip-hop da “AnorakNoPhobia” a spezzare il buon sano e modernizzato post-prog mai abbandonato; colpevolmente anacronistico oggi, dopo il ritrovato successo di pubblico che ha portato la band inglese ad abbandonare i piccoli club ai quali era relegata calcando nuovamente locali degni del suo talento come la Royal Albert Hall.

 

Ci sono stati tempi duri, anche durissimi per la band, ma se oggi abbiamo potuto assistere a un evento storico per gli appassionati italiani dei Marillion è grazie soprattutto ai fan stessi e al rapporto unico e senza precedenti che la band inglese ha avuto con gli stessi negli ultimi (almeno) 25 anni quando - come raccontato nella nostra monografia - vennero poste le basi inedite per l’ormai ben noto fenomeno del crowdfunding, finanziando ad esempio un altrimenti impossibile tour americano nel 1997 o addirittura un intero album in anticipo di un anno per “AnorakNoPhobia”.

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Questa premessa serve a spiegare la nascita ed esistenza di tale “Marillion Weekend”, nient’altro che una convention di fan nata nel 2002 come cerimonia del ricambiato amore da parte degli artisti inglesi. Un evento speciale, una sorta di luna park aperto a ogni buon fanatico del quintetto, svoltosi poi a cadenza biennale dal 2003 e gradualmente divenuto internazionale, sforando i confini dell’edizione “madre” di Port Zelande nei Paesi Bassi fino ad arrivare in Canada, Cile, Polonia, Uk, Svezia e Portogallo.

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E l’Italia? Diciamo che ciò che ha reso storica questa edizione sta proprio in questa prima apparizione italiana, finalmente realizzata dopo decenni di sogni da parte degli appassionati nostrani e prontamente finita sold-out in tutti i suoi 2.400 posti disponibili.
Come era prevedibile per chi già aveva conoscenza della ventennale storia dell’evento, la due giorni padovana non è stata quindi una semplice doppia data come quella che avvenne dieci anni fa all’Alcatraz di Milano. Già allora Steve Hogarth e soci offrirono due scalette in buona parte distinte ma in un Marillion weekend le date proposte non sono altro che atti separati e del tutto distinti di un unico spettacolo che va ben oltre il mero (seppur fondante e centrale) aspetto musicale.

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I ben informati non saranno rimasti quindi stupiti dalle setlist con forte concentrazione di brani raramente eseguiti dal vivo, tipo “The Fruit Of The Wild Rose”, “Afraid Of Sunrise”, “Genie” e addirittura “Older Than Me” le cui versioni live si contano probabilmente sulle dita di una mano; tra l’altro inevitabile dopo ben diciannove album di inediti.
Va precisato che il target medio del Marillion Weekend è l’ascoltatore che ha già ascoltato in tutte le salse l’artista. Spesso e volentieri anche all’estero, provato dalla forte partecipazione straniera a Padova (tedeschi, inglesi, olandesi e addirittura qualche canadese, brasiliano e neozelandese, per un totale di 28 nazioni). Non dovrebbe quindi aver stupito la volontà dei cinque veterani del prog di trascurare pezzi da 90 già proposti allo sfinimento, seppur sempre acclamati come “Invisible Man” e “King”.

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Tuttavia non sono mancate alcune delle bombe più quotate, tipo il trittico dal capolavoro “Brave” che ha introdotto la seconda notevole scaletta. Anche nuovi brani ormai considerati top sono stati accolti nel tripudio generale, tra l’altro ormai perfettamente rodati rispetto alle più acerbe versioni degli scorsi anni come “The Leavers” e le celebratissime “Care” e "The Crow And The Nightingale" dall'ultimo convincente lavoro "An Hour Before It's Dark".
Infine, come da prassi per ogni Marillion Weekend, il periodo Fish trova spazio molto più ampio di quello normalmente esiguo, regalandoci tra le altre un’impressionante versione di “Warm Wet Circles” seguita da “That Time Of The Night” dove la voce di Steve Hogarth non si sa come riesce a farsi beffe dei suoi 64 anni (gira voce tra gli spettatori che in realtà abbia addirittura un po’ fatto la cresta per difetto sugli anni dichiarati… vezzi dell’artista o leggenda metropolitana?)

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Il resto della band non è da meno, con Rothery che regala un suono tagliente come poche volte, purtroppo un po’ soffocato da un set-up fonico non perfetto durante la prima metà della prima serata. Trewavas discreto ma sempre presente, Kelly conferma di essere il fulcro del suono degli inglesi nell’ultima decade, mentre Mosley a due facce, prima facendo sentire in diversi punti la mancanza di quel quid di energia che ci vorrebbe (un vero peccato non sentir rombare il finale di quel gioiellino che è “White Paper”) poi stupendo con lo spettacolo donato durante un’emozionante “Sierra Leone”.

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Ma, sebbene i concerti siano ciò per cui i presenti sono arrivati al Gran Teatro Geox, in un Marillion Weekend che si rispetti è il contorno a essere un fattore decisivo. I fornitissimi banchi del merchandise composto da rarità di ogni tipo, l’incontro della band con il pubblico italiano, il melting pot di nazionalità differenti durante i momenti di socializzazione prima e dopo gli spettacoli, allietati dall’ottima musica di Davide Marani e Riccardo Romano (cofondatore dei Ranestrane e ideatore del progetto Riccardo Romano Land, proposto insieme a Jennifer e Steve Rothery prima della serata di apertura) sono stati parte non meno importante dell’evento e frutto del solito lavoro del fedelissimo fan club italiano The Web Italy.

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Un evento sicuramente imperdibile per chi ha apprezzato la lunga storia dei Marillion ma dalle facce soddisfatte sembra che non sia dispiaciuto neanche ai moltissimi fan della prima era che avevano perso di vista i loro beniamini ai tempi dello scisma del 1988.

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Intervista a Davide Costa (The Web Italy)

Approfittando dell’occasione, abbiamo fatto qualche domanda a Davide Costa, presidente del fan club The Web Italy in merito ai risultati raggiunti.

 

Ciao Davide, prima di tutto parlaci di TWI, da quanto tempo esistete?
Domanda apparentemente semplice alla quale rispondere. Fu un passaggio “delicato” nella storia del fan club, in quanto il management dei Marillion da anni spingeva per avere un allineamento dei nomi dei vari fan club mondiali, prendendo spunto dal nome più antico, The Web Uk. Noi abbiamo sempre cercato di mantenere il nome storico di Real to Read, dopo quello inglese il più vecchio tra i fan club. Cedemmo per ultimi. Se dovessi battezzare una data, direi che Real to Read si trasforma in The Web Italy ufficialmente nella primavera del 2007, poco prima del tour promozionale di “Somewhere Else”.

Come avete passato i momenti peggiori dei Marillion e come hanno influito sul fan club stesso?
Ah! Abbiamo una ventina di pagine a disposizione? Momenti bui ne sono passati tanti. Il declino  della notorietà, ma non della qualità musicale della band, è stato lento e inesorabile per almeno 10 anni. Dopo aver abbandonato la Emi, la loro forza promozionale/distributiva/contrattuale è scemata via via sempre più, fino all’intuizione geniale del crowdfunding, che i Marillion hanno praticamente inventato nel 1997. Da lì capirono di non avere più bisogno di etichette e cambiarono il loro mondo ma anche quello musicale (e non) in generale.
Nel mezzo, perlomeno in Italia, accadde di tutto. Nel 1994, nel pieno tour di "Brave", dovettero annullare lo show di Ferrara (guarda caso la mia città), unico caso nella loro storia, a causa del promoter di allora. Questo annullamento forzato provocò un’assenza di ben sei anni dei  Marillion dal nostro paese. Facemmo ogni sforzo per mantenere la fiammella viva, ma il graduale calo di iscritti dovuti all’assenza dal nostro paese e alla necessità di produrre tanti  album in pochi anni per rimanere a galla, a volte a scapito della qualità totale degli stessi, ci stava facendo scomparire.
La comunità italiana ha sempre cercato di rimanere compatta, grazie a una Mailing List nata agli albori di Internet e a piccole/ grandi convention a Cervia, al mitico Hotel Rudy, nate nel 2003. Quando cominciai a “prendere in mano” The Web Italy, gli iscritti erano meno di 70. Oggi siamo più di 200. Ho sempre ragionato come un fan e tutto ciò che ho fatto in questi 15/16 anni  è nato dalla domanda: “Cosa mi piacerebbe che facesse il fanclub per me che sono iscritto?”  Per cui, pur essendo pochi, ripristinai la fanzine cartacea, perché non c’è niente di più bello che sfogliare un "libro". Dopodiché cominciai pian piano a riallacciare rapporti personali con la band, che si erano un po’ persi negli anni.
Il 2007 fu personalmente un punto di svolta: Steve Hogarth disse a una cara amica francese, sua manager di allora che… quel Dave gli sembrava in gamba. La prima "follia" del nuovo  corso fu l’organizzazione scellerata del primo h Natural italiano, a Cervia, il 6 ottobre del 2007. Da quell’anno in poi, alle nostre convention vennero praticamente ogni anno ospiti membri dei Marillion. Steve Hogarth ci prese per mano e dalla sua stima arrivammo a quella di Steve  Rothery e poi dell’intera band e del management. Da quel piccolo concerto a Cervia con 200 presenze scarse ai quasi 2.500 del Geox ne è passata di acqua sotto i ponti.

Che ruolo avete avuto nel portare dopo 21 anni dalla sua nascita il MWE in Italia? Cosa lo ha impedito negli scorsi anni?
Dopo il già citato Anoraknophobia, la band ha ripreso regolarmente a venire in Italia, ma eravamo sempre l’ultima ruota del carro. I Marillion organizzavano tour natalizi, dai quali escludevano regolarmente il nostro paese. La risposta era sempre la stessa: “Non possiamo permetterci di perdere dei soldi e in Italia, regolarmente, li perdiamo”. Le presenze ai loro concerti non arrivavano mai al migliaio (a stare larghi), con punte di tristezza colossale di 300 paganti, tra l’altro nel tour di un capolavoro come "Marbles". Le location scelte erano sempre di  seconda fascia e nessuna promozione veniva effettuata per annunciare il loro arrivo. Ma soprattutto l’Italia, a ragion veduta, era considerata dai Marillion il paese di coloro che promettevano cose regolarmente non mantenute.
Il top avvenne per il tour acustico del 2009, "Less Is More": i Marillion cercano in tutta Europa location particolarmente suggestive in città storiche e noi esultiamo perché quale paese ha posti migliori dell’Italia, sotto questo punto di vista? Lucy Jordache, la manager, ci scrive un’e-mail esaltata: “In Italia suoneremo all’Ara  Coeli!”. Noi dello staff, dopo un primo momento di gaudio, cominciamo a ragionare e a farci domande: “Ma, l’Ara Coeli quale? Quella dove si sposò Totti? Ma mica è una chiesa  sconsacrata, come fanno a fare un concerto rock lì dentro?”. Beh, telefono decine di volte al  “promoter” di allora (virgolettato cento volte) il quale mi dice di non preoccuparmi. La faccio breve: era una bufala colossale per impedire che la band cambiasse organizzatore. Rischiamo la denuncia del Vaticano e il concerto si terrà in mezzo alla campagna romana, all’ottimo ma non certo altrettanto suggestivo XRoads.
La svolta avviene nel 2014, proprio al XRoads, dove organizziamo insieme al locale e a un promoter che non conosco, Eugenio Greco della EG Production, la prima data italiana della Steve Rothery Band. Così come per Steve Hogarth, l’approccio è più semplice del "carrozzone Marillion", e ci serve per capire se questo tizio è serio e se è anche in gamba. Mi si presenta un ragazzo giovanissimo, pieno di entusiasmo e dalle idee vulcaniche. Va tutto benissimo, tanto che Rothery farà uscire un Cd/Dvd della serata. Ma voglio fare la prova del nove, organizzando una cosa molto complessa, che coinvolge più parti tanto diverse tra loro: “Steve Hogarth - an evening with RanestRane”. Il cantante dei Marillion accompagnato da una meravigliosa band italiana. Eugenio vuole farlo nientepopodimeno che al Parco della Musica di Roma, Sala Petrassi. Abituati come siamo a posti di seconda fascia, mi pare un azzardo, ma lui è irremovibile: ”Dave, lo facciamo lì e sarà un successo!”. Aveva ragione. Hogarth è talmente soddisfatto che anche lui ne farà un prodotto ufficiale intitolato “Friends, Romans”.
A questo punto siamo pronti per l’appuntamento con la band intera, nel 2016. Presento alla manager dei Marillion, grazie all’intercessione di Hogarth e Rothery, Eugenio Greco, il quale si presenta con questa proposta: il Teatro Romano di Verona, che ha praticamente 1.900 posti a sedere! Ma come, mi dico, da venue con un migliaio di posti scarsi, vuoi portarli subito in un luogo così grande e importante? Certo, è la sua serafica risposta. Sold-out e richieste che  riempirebbero anche una seconda serata. Marillion e manager al settimo cielo. Non gli sembra vero di aver trovato una figura professionale di riferimento del genere in Italia, dove spesso sono stati trattati senza grandi attenzioni. 
Grazie al lavoro svolto dal fan club nel cercare costantemente la persona giusta, finalmente possono suonare in luoghi che meritano la loro presenza: Sala Santa Cecilia all’Auditorium Parco della Musica di Roma e Teatro Arcimboldi a Milano nel 2017, Auditorium della Conciliazione a Roma e Gran Teatro Geox a Padova nel 2019. Tutti spettacoli praticamente sold-out.
Evidentemente questi grandi successi hanno riportato il nostro paese in alto nella  considerazione della band, la quale nel giugno del 2021 ci propone un Marillion Weekend italiano, cioè il più grande riconoscimento possibile al nostro lavoro di questi anni.

Ci saranno speranze per un bis fra due anni? Quali progetti futuri avete?
Il Gran Teatro Geox, ai miei occhi, aveva tutte le caratteristiche necessarie per avvicinarsi all’irraggiungibile e inimitabile Marillion Weekend: quello di Port Zélande, dove i Marillion affittano un intero villaggio vacanze in cui si vive in grande armonia tutti insieme per quattro giorni, dal giovedì alla domenica compresa. Eugenio e lo staff di The Web Italy concordano sulla scelta del Geox, vista l’esperienza praticamente perfetta del 2019, e dopo mesi e mesi di  trattative, idee buone e meno buone, intuizioni e rifiuti, il progetto che avevamo in mente viene realizzato, considerando ogni minimo particolare: i trasporti organizzati in bus-navetta dal centro di Padova fino alla venue, l’apertura del Foyer e delle aree esterne per la socializzazione dei fan provenienti da ben 28 paesi, l’organizzazione di show acustici pre e post concerto dei Marillion. Insomma, tutto ciò che poteva aiutare un fan della band a sentirsi coccolato. Direi che i riscontri sono stati tutti molto positivi, sia dal punto di vista tecnico/tecnologico da parte della band, che da parte dei fan dei Marillion, i quali ci chiedono a gran voce un bis tra due anni. Ma Eugenio e The Web Italy cercano di migliorarsi sempre, siamo costantemente in evoluzione e chissà mai che non si riesca a coronare un sogno che dovevamo già realizzare nel 2020, prima che la pandemia cambiasse il nostro mondo.
Life’s too short for standing still…

 

Contributi fotografici di Giorgio Pizzala, Roberto Maestrini, Lorenzo Baraldi, Corrado Tagliabracci e Michele Bordi

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Setlist

Venerdì 28 aprile


Be Hard On Yourself
Only a Kiss / Murder Machines
Reprogram the Gene
Fantastic Place
Map of the World
The Fruit of the Wild Rose
No One Can
Afraid of Sunlight
White Paper
Afraid of Sunrise
Warm Wet Circles
That Time of the Night
Estonia
Care
Garden Party

 

Sabato 29 aprile


Bridge
Living With the Big Lie
Runaway
Brave
Genie
Older Than Me
The Crow and the Nightingale
Sierra Leone
This Train Is My Life
Sugar Mice
Somewhere Else
Three Minute Boy
The Leavers
Separated Out
This Strange Engine

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