La Monte Young

La Monte Young

Alla ricerca della musica eterna

Considerato il primo dei compositori minimalisti, La Monte Young ha testardamente inseguito un ideale di musica nuova ed eterna. Una lunga carriera all'insegna della sperimentazione, che ha influenzato stuoli di musicisti avantgarde, ma anche rock, dai Velvet Undeground a Brian Eno. Con tre tappe in altrettante città: Los Angeles, San Francisco e New York

di Alex Franquelli

Si potrebbe - in modo del tutto banale ma certamente efficace - suddividere la carriera di La Monte Young in tre fasi legate ad altrettante città: Los Angeles, San Francisco e New York City. Si potrebbe - ma di certo noi non lo faremo - affermare e comprovare come Young sia stato il primo, vero minimalista in ambito musicale in quanto, nel fare ciò, non renderemmo giustizia all'evoluzione di uno stile in continuo avanzamento ed evoluzione.

I have my own definition of minimalism, which is 'that which is created with a minimum of means.
(La Monte Young)

Evitando giri di parole affascinanti quanto inutili, occorre dire che il minimalismo musicale altro non è se non la conseguenza di una progressiva riduzione di mezzi e di forma sonora, introdotta nella seconda metà del secolo scorso da quattro compositori americani: La Monte Young, Terry Riley, Steve Reich e Philip Glass.

Sommariamente parlando, col minimalismo siamo di fronte a un'auto-limitazione di materiale in fase di approccio alla composizione, di un'apparente riduzione di tecniche d'arrangiamento e di soluzioni trasformative, di un preciso equilibrio tra ritmo e timbro e un orgoglioso rifiuto del pensiero e dei modi che la cultura popolare del primo dopoguerra aveva reso apparentemente imprescindibili.

Ed è proprio la musica popolare a fornire la chiave di lettura più efficace del sentire minimalista. Se da una parte, infatti, le radici dei movimenti minimalisti pittorici degli anni 50 e 60 erano inevitabilmente europee (gli americani Frank Stella, Don Judd, Dan Flavin avevano tutti una profonda ammirazione per l'asciuttezza formale del suprematismo russo del Malevich d'inizio secolo, del costruttivismo di Vladimir Tatlin e del dadaismo del Vecchio Continente), nel campo musicale lo sviluppo non aveva avuto un decorso altrettanto chiaro e netto.

In musica avviene invece un processo di sottrazione, di de-composizione del sistema strutturale che non è "privazione" ma una forma di "addizione negativa" che porta la pop music a tornare a forme quasi elementari di tonalità e modalità, a diminuire il numero dei movimenti armonici a un minimo strettamente essenziale, a ridurre all'osso le soluzioni ritmiche, sostituite da ripetizioni quasi ossessive e brevi unità armoniche diatoniche.

Un primo processo di evoluzione e rielaborazione del minimalismo musicale può dirsi concluso una volta che compositori europei come Michael Nyman, Peter Michael Hamel, Dominique Lawalree, Louis Andriessen o Richard Pinhas iniziano a far uso delle ripetizioni e delle forme tipiche del linguaggio musicale americano; iniziano cioè a riportare il minimalismo nel pop attraverso, se non la forma, almeno la sostanza, grazie ai primi esperimenti degli Xtc, dei Pil (Public Image Limited) e lo space-rock tedesco (Kraftwerk, ovviamente, su tutti).

It was really exciting growing up in L.A. because there was so much going on in music, and so many young talents. At one point I was playing at sessions with Ornette Coleman and Don Cherry.
(La Monte Young)

La Monte YoungLa tentazione di dividere la vita di La Monte Young in tre fasi legate ad altrettante città, dicevamo, è forte. Ma così facendo compiamo l'errore di sottovalutare l'importanza degli inizi a Bern, Idaho, dove nasce nel 1935, e nella cui minuscola cittadina prova per la prima volta il fascino per i suoni - siano essi naturali o artificiali - che riesce ad ascoltare nelle vicinanze della minuscola capanna di legno in cui vive con la sua famiglia.

Il vento tra le tavole della casa, il fiume, il trasformatore della vicina centrale elettrica e il fischio irregolare dei treni sono solo alcuni dei suoni che Young citerà più tardi come le prime, vere influenze musicali. Basti pensare al numero di sue composizioni basate sul "Dream Chord" ("an amazing sequence made up of G-C-C sharp-D") che altro non è se non il suono del vento tra i pali del telefono di Bern.

A seguito di frequenti spostamenti, la famiglia decide di fermarsi a Los Angeles, dove Young impara i rudimenti del sassofono e del pianoforte senza comunque mai eccellere. In età adolescenziale si diploma alla ben poco rinomata John Marshall High School, dove però ha la fortuna di studiare musica con Clyde Sorenson, un ex-studente di Schoenberg alla California University. Il jazz è il suo primo amore, ma si limiterà a suonarlo negli anni precedenti il diploma in composizione, etnomusicologia e teoria musicale che consegue nel 1958.

In questo periodo, La Monte, ormai giovane uomo, si cimenta per la prima volta con la composizione ricordando come "il solo Terri Riley e Dennis Johnson (un compagno di studi, ndr) riuscissero ad apprezzare una musica tanto spontanea quanto nuova".
Il flirt con il jazz continua in diversi combi in cui trovano spazio musicisti giovani e sconosciuti come Billy Higgins, Dennis Budimir, Hal Hollingshead e la tromba di Don Cherry.
Dalle poche registrazioni rimaste è possibile sentire come il giovane compositore americano stesse iniziando a cimentarsi col free jazz che solo pochi anni più tardi Ornette Coleman (della cui band originale Cherry e Higgins faranno parte) porterà alla ribalta.
Il genere appare però un veicolo limitato, un'espressione che mal ci confà alla sua voglia, mai sopita, di esplorare ripetizioni e suoni sostenuti.

L'esperienza jazzistica è ormai stretta a Young che alla fine degli anni 50 sta sviluppando nuove forme sonore che trovano sfogo nel "Young's Blues" del 1957, in cui la continua alternanza di accordi - comunque basati sugli standard del blues - lascia intravedere spunti diversi, innegabilmente votati alla ricerca di un'estetica nuova. Estetica che gli appare dinanzi un giorno, improvvisamente e del tutto casualmente, quando alla radio gli capita di ascoltare "Sind Bhairavi" e "Piloo"; due esempi di musica indiana il cui scheletro era costituito da drones (l'equivalente "bordone" in italiano non riesce a rendere appieno l'idea in quanto troppo legato al classicismo sinfonico, ndr), suoni e armonie sostenute. La passione per la musica indiana culminerà nel 1971 con la direzione del Kirana Center for Indian Classical Music.
La componente mistica, ma al contempo areligiosa della musica di Young, contribuirà col tempo a farne un compositore di un minimalismo proteso verso l'eterno, l'infinito. Non che ciò fosse un intento del tutto nuovo (già nel XIV secolo troviamo opere dall'intento simile come "Ma Fin et mon commencement" di Guillaume de Machaut) ma nel caso dell'uomo di Bern, ci troviamo dinanzi a un intelletto libero da riflessi o canoni dottrinali, da enfasi sacre, da un sentire scritturale, da una coscienza timorosa o dal senso del "giusto".
La semplicità del suono altri non evoca se non l'uomo stesso, il suo vibrare carnale e l'impeto curioso di una mente che è al contempo ragione e anima, sangue e spirito.
Se è vero che le prime composizioni ricalcano lo stile di Béla Bartók, in seguito a un interesse nato dall'ascolto del suo "Concerto per Orchestra", è comunque Arnold Schoenberg ad avere la maggiore influenza sullo Young del periodo losangelino.
Durante il tempo trascorso alla Ucla, infatti, sono le lezioni di Leonard Stein e Anton Webern a portarlo verso il serialismo e la dodecafonia di Schoenberg, di cui questi erano stati studenti duranti i loro trascorsi nella Seconda Scuola di Vienna. Del grande compositore viennese, però, Young preferisce le elaborazioni più libere e atonali, sviluppando a sua volta un linguaggio infuso di un sano contrasto tra l'estetica di un dinamismo dalle forme classiche e la propensione per una struttura più statica, vera e propria forma mentis della prima idea di minimalismo che continua a tormentare il giovane La Monte.

I had a calling to become what I became - I was created to do this.
(La Monte Young)

Il suo ultimo periodo a Los Angeles è contraddistinto da uno studio quasi maniacale sulle note sostenute, sulla possibilità di elevare i singoli suoni - protratti nel tempo - a forma e sostanza dei suoi componimenti. Il suo "Trio For Strings" (1958) è il culmine stesso del periodo. La scoperta del serialismo e il suo allontanarsi da esso - pur servendosene ai fini della creazione delle prime opere - racchiudono l'irrequietezza intellettuale di un compositore che non ha ancora abbandonato del tutto mezzi più classici (lo studio del contrappunto e la stesura di alcuni canoni ne sono un fulgido esempio) ma che sta volgendo lo sguardo verso altri lidi ancora a lui stesso ignoti. Siamo finalmente dinanzi a un primo accenno di minimalismo, a un esperimento formale che fa uso di geometrie fuori dal corpus della tradizione occidentale (abbiamo accennato all'amore per la musica indiana, ma potremmo citare anche il gagaku giapponese o il gamelan indonesiano) per giungere a conclusioni di un dinamismo rivoluzionario e puro, che si serve del passato per metterne a nudo la linearità e romperla con impeto e vigore del tutto nuovi.

Settembre del 1958 vede La Monte Young trasferirsi a Berkeley (San Francisco) dove studia sotto la guida di Seymour Shifrin tra mille difficoltà, nonostante l'entusiasmo del suo tutore. Gli studi sui suoni e la nuova forma compositiva sviluppata a Los Angeles, infatti, nella Bay Area non sono presi sul serio e in questo contesto di indifferenza generale ha luogo la première di "Trio For Strings" a cui, tra gli altri, non assiste colui che di lì a poco diverrà l'unico vero amico di Young: Terry Riley. Ironicamente, quest'ultimo noterà all'inizio lo spaesato compositore dell'Idaho più per il suo look che per la sua musica ("Eravamo negli anni 50 e tutti avevano uno stile d'abbigliamento molto formale, ma La Monte sembrava essere stato catapultato nel mezzo del campus direttamente dalla decade successiva", ammetterà più' tardi un Riley divertito).

La realtà di Berkeley è comunque diversa da quella dello Ucla. Shifrin quasi costringe Young a scrivere musica seguendo le condizioni di un tradizionalismo a lui ormai inviso, ma il risultato è ad ogni modo degno di nota. Nascono in questo periodo gli "Studies I, II & III" che contengono in nuce accenni di suoni sostenuti e persino "musica veloce".

Draw a straight line and follow it.
(La Monte Young)

L'ambiente del campus sta però stretto a La Monte, che parte per una vacanza-studio in Europa, dove ha occasione di seguire alcune lezioni di Stockhausen alla Darmstadt School in Germania nel 1959. Le lezioni del suo insegnante sono prese molto seriamente dal giovane compositore americano, che aspetta l'ultimo giorno per mostrare le sue partiture del "Trio" al maestro tedesco. Durante il suo soggiorno estivo, Young compone il terzo dei suoi studi che denota tutta l'influenza di Stockhausen, anche se nemmeno in un ambiente fertile e propositivo come quello della cittadina teutonica la sua musica viene presa seriamente.
Nel tirare le somme del suo soggiorno europeo, comunque, la cosa sorprendente è che la vera scoperta è, per Young, John Cage. Curiosamente, infatti, Stockhausen aveva riservato largo spazio alla musica dell'ideatore della "chance music" che aveva insegnato proprio a Darmstadt l'anno prima, suscitando parecchio interesse.

Nel 1966 Young sosterrà come l'influenza di Cage a quel tempo fosse duplice. Se da un lato, infatti, ne ammirava la temerarietà nell'approccio alla casualità in musica, dall'altro era affascinato dal ricorso a risorse extra-musicali nelle sue performance.
Il "Poem For Chairs, Tables, Benches, etc..." risale infatti proprio a quegli anni (1960) ma prima ancora aveva visto la luce (sebbene solo su carta) la celeberrima "Vision" (1959), scritta per dodici strumentisti, un registratore e quattro bassi: il tutto situato lungo il perimetro dell'auditorium e in un ambiente completamente immerso nel buio. Ogni suono è specificato sullo spartito, ma la durata e le pause (entro lo spazio di tredici minuti) devono essere calcolati con l'aiuto di un numero preso a caso dall'elenco del telefono.
Inutile dire che la prima di tali opere causò sconcerto e raccapriccio tra gli intellettuali di Berkeley, ma ormai il dado era stato tratto e tornare indietro sarebbe stato semplicemente deleterio.
Per amor di sintesi possiamo affermare con estrema sicurezza che Cage fornisce a Young la chiave per decriptare la propria ispirazione, gli attrezzi espressivi attraverso cui sfogare la logica accumulata negli anni losangelini.

La musica di La Monte Young perde ora quasi ogni contatto con la realtà, le regole dissipano il proprio significato e il tempo, vero e proprio padre-padrone del suono prima di allora, diviene il primattore e per questo motivo cessa di essere il regista dell'organizzazione sonora.
La mobilia movente in "Poem" è la soglia varcata la quale nulla sarà più come prima. Il dadaismo, il surrealismo guadagnano una propria voce tra le frizioni, il rumore, lo stridere del cemento e il legno e la plastica.
Le opere successive come "2 Sounds" iniziano ad aprirsi all'architettura e alla scultura con performance eseguite in tempo reale, in collaborazione con Terry Riley - col quale Young stringe una collaborazione che porterà la coppia a insegnare composizione nel 1960, inscenando lezioni al limite del paradosso - e a questo punto della carriera, come ricorda lo stesso compositore, "non è importante che l'arte sia buona, ma che proponga qualcosa di nuovo". La scena della Bay Area non riesce più a stare dietro alle idee vulcaniche di un artista che sa di aver trovato una strada che non aspettava altro che di essere battuta. Young, quindi, decide di spostarsi di nuovo e questa volta ancora più a nord, in una città che sta vivendo un fermento creativo forse senza precedenti. È l'autunno del 1960. È tempo di avanguardia. New York City.

If listeners aren't carried away to Heaven, I'm failing.
(La Monte Young)

La Monte YoungIl pretesto è il premio (l'"Alfred Hertz Memorial Traveling Scholarship") che Young, giura, gli viene assegnato a Berkeley per liberarsi di un alunno scomodo e invadente ma che, comunque stiano le cose, gli permette di entrare in contatto con personaggi del calibro di George Brecht, Toshi Ichiyanagi e sua moglie Yoko Ono, Jackson MacLow e altri ancora.
A pochi mesi dal suo arrivo, Young diviene uno degli esponenti di punta dell'avanguardia e in particolare del Fluxus newyorkese. Compone diversi lavori e non mancano richieste apparentemente assurde agli esecutori. Come quella di "liberare un certo numero di farfalle nell'auditorium" ("Composition 1960 n. 5") o un'altra in cui gli artisti devono fingere di essere il pubblico.
Se ci atteniamo alle composizioni più tradizionali, l'evento più importante è l'incontro con Richard Maxfield, che aveva sostituito temporaneamente John Cage alla New School for Social Research, e che condivide in parte l'interesse di Young per la staticità e uno sviluppo lento ma progressivo della musica.
Nasce in lui l'interesse per l'elettronica che culmina nella stesura di The Second Dream Of The High-Tension Line Stepdown Transformer - un chiaro riferimento ai suoi trascorsi da bambino a Bern, nell'Idaho.

Gli anni 60 lo vedono quindi alla guida della scena avanguardista della Grande Mela, ma ben presto l'urgenza compositiva è seguita dal desiderio di dare vita alle prime elaborazioni, che finora hanno trovato spazio solo su carta. La costituzione di un ensemble è il passo seguente e nel 1967 fonda il "Theatre of Eternal Music", che si propone di promuovere le arti (quindi non solo la musica) in cosiddette "Dream Houses": veri e propri loci di una psichedelia ante-litteram dove trovano sfogo per la prima volta alcune sue composizioni più celebri come il "Poem For Chairs, Tables, Benches, etc..." (1960) o il "The Tortoise, His Dreams And Journeys" (1964). La tartaruga, animale che ricorrerà spesso nelle composizioni di Young, viene scelta come simbolo di "longevità e lentezza" ed è proprio l'opera a lei dedicata a vedere l'esordio di un line-up di tutto rispetto formata da: La Monte Young (sax soprano), Angus McLise (percussioni), John Cale e Tony Conrad (strumenti a corda) e Marian Zazeela (voce).

L'esistenza dell'ensemble è però relativamente breve. John Cale lascerà nel 1965 per focalizzarsi sulla creazione di una band che diverrà poi nota col nome di Velvet Underground, mentre Terry Riley preferirà concentrarsi sulla propria (fortunata) carriera solista.
Le differenze musicali tra Young e Conrad iniziano dunque a farsi sentire e sfociano in un addio non senza polemiche, che porterà Conrad a picchettare alcune esibizioni dell'ex-amico.
Le esibizioni del Theatre continueranno con la sola Zazeela ad accompagnare Young fino al 1975; sebbene lo stesso avesse ufficialmente sciolto il gruppo nel 1966.
Per nove anni dopo la sua fine, l'ensemble continuò a vivere attraverso esibizioni nelle Dream Houses sia in Europa che negli Usa (memorabile fu la performance al Contemporanea Festival di Roma nel 1973).

One of the aspects of form that I have been very interested in is stasis - the concept of form which is not so directional in time, not so much climactic form, but rather form which allows time, to stand still.
(La Monte Young)

L'opera di Young più proposta nel tempo dall'ensemble è sicuramente The Well-Tuned Piano, in cui il rapporto tra periodicità e ripetizione viene portato ai suoi estremi da una logica matematica, una teoria acustica i cui complessi principi (non certamente riassumibili in questa sede) si basavano sul concetto secondo cui più a lungo una suono viene eseguito, più facile diviene per l'ascoltatore la comprensione dell'armonica risultante.
Young inizia quindi a comprendere le implicazioni musicali dell'armonia e fa uso della matematica per meglio esplorarne i contenuti e gli sviluppi.
Ecco dunque che gli intervalli di seconda e di quarta si basano sui numeri primi 2, 3 e 7 (in seguito vi aggiungerà il 31) aprendo nuovi orizzonti e contribuendo all'esplorazione musicale anche grazie alla matematica.

La proposizione live di The Well-Tuned Piano è, inoltre, affare estremamente complicata. L'accordatura del piano è raggiunta da Young stesso attraverso settimane di lavoro, in cui lo strumento deve ovviamente rimanere immobile, bloccando di fatto l'uso della struttura in cui il concerto è programmato. La natura fortemente improvvisatoria dell'esibizione fa sì che ogni particolare - a cominciare dai suoni per finire con le luci - debba essere allestito in maniera tale da permettere al pubblico di godere appieno delle quasi sei ore di performance.

I think the fact that I created something and had an enormous influence is indisputable.
(La Monte Young)

L'influenza di La Monte Young sulla musica contemporanea è stata a lungo dibattuta, ma mai negata. Alcuni critici sostengono persino la sua influenza sul John Cage degli anni 60 e arrivano a dare per certa una certa similarità con i lavori dello stesso Stockhausen nella seconda metà della stessa decade.
Quello che è certo è che nomi come Glenn Branca, Rhys Chatham e Donald Miller hanno continuato l'esplorazione musicale lì dove lo stesso Young l'aveva lasciata. Il cerchio si chiude ancora una volta col ritorno alla musica popolare. Brian Eno, ma ancora prima i Velvet Underground (con John Cale) e i Primitives di Lou Reed (con MacLise e lo stesso Cale), hanno lasciato che un seme germogliasse per lasciare che vivesse anch'esso in un teatro di musica eterna e nuova.

La Monte Young

Discografia

31 VII 69 (Edition X, 1969)

Dream House (Shandar, 1974)

The Well-Tuned Piano (Gramavision, 1987)

The Second Dream Of The High Tension Line Stepdown Transformer (Gramavision, 1991)

Forever Bad Blues Band: Just Stompin' (Gramavision, 1993)

The Tamburas Of Pandit Pran Nath (Just Dreams, 1999)

Inside The Dream Syndicate Vol 1: Day Of Niagara (Table of the Elements, 2000)

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