Tarab

Tarab

Dalla parte oscura del found sound

Con i suoi poemi concreti d’inestinguibile, grigia angoscia, l’australiano Eamon “Tarab” Sprod è riuscito a rovesciare i presupposti dell’avanguardia storica, riportando in auge una calcolata astrazione, che si nutre comunque di un terribile “male di vivere”, in una nascosta sensazione dell’esistenza

di Michele Saran

Compositore concreto, poeta sonoro, sperimentatore e persino didatta di seminari sul sound-design. A parte diversi diplomi d’indirizzo artistico-musicale, quasi nulla è dato sapere sulla formazione di Eamon Sprod, nativo di Melbourne, Australia, le sue influenze e le ricerche che l’hanno portato a varare il progetto Tarab.

Già nel 2001 inizia a sondare e campionare, attratto dalle più inesplorate lande della sua Australia, i suoni che faranno parte del suo primo e già ambizioso poema concreto, "Surface" (2004). Quivi, come pure in "Iron, Leaf" e nell’arcana "Bottle", raccolte nel long-playing di debutto Surfacedrift, l’alternanza tra suoni di natura e sostrati elettronici procede per fasi alterne, ondulatorie, ma sempre tendenti alla stasi, e senza particolari pretese di composizione. Solo in parte Sprod rielabora il materiale campionato, prefrendo screziare appena la superficie delle quinte di natura - un ecosistema di animali e insetti, il vento che batte cigolii di case abbandonate, l’acquerugiola di fontanelle disperse in mezzo al bosco, il temporale che scuote la ferraglia - e finendo ugualmente per tastare un invisibile cordoglio.

Le prime ricostruzioni dal vivo di queste soundscape, nei due anni successivi, gli valgono l’approdo alla 23five Incorporated, organizzazione no-profit che si occupa di arruolare giovani artisti ricercatori di suono. Nel 2007 realizza così un altro concept con cui ribadisce la linea post-naturalista, Wind Keeps Even Dust Away, album di cinque tracce i cui titoli formano la frase dell'opera, sorta di title track fratturata. Dalla sonata per brezze e fortunali di "Wind" si passa alla misteriosa quiete di "Keeps", per la prima volta con un esplicito drone elettronico, alla landscape d’insetti e corvi di Even, agli acquazzoni di "Dust". La finale "Away" invece vira al concerto per soli rumori industriali alla Einsturzende Neubauten, accoppiato a una grave oscillazione ambientale.

Parte proprio da qui il monumentale "Take All The Ships From The Harbour And Sail Them Straight Into Hell", registrato nel 2008 nei dintorni di Angel Island (San Francisco) e poi accluso nell’omonimo album del 2009, da inquietanti rimbombi metallici - spesso in pianissimo - responsabili di un’atmosfera rada e al contempo asfissiante. E’ il tour de force che realizza appieno il suo approccio altamente variabile ai suoni, e in più lo accosta ai grandi poemi concreti del passato, da Varese a Xenakis. Stridori, scie ventose, radiazioni, suonano come voci nel vuoto che emergono a varie altezze, in un pre-storico industriale che deraglia nell’astratto ambientale.

Seguono due uscite minori, uno split con il navigato Eric La Casa del 2010 che frutta i 10 minuti di "Utility", finora la sua pièce maggiormente concepita come collage, e il breve Acquiescence (2011). Come per Wind Keeps Even Dust Away, di cui peraltro sembra la logica prosecuzione sonora, anche in Acquiescence i titoli delle singole tracce formano il titolo dell’opera: così "Acqu", "Iesc" ed "Ence" sono i tre nuovi studi che sondano suoni naturali dai brutali e abrasivi sfoghi elettronici.

Nel 2012 Sprod appronta Shards Of Splinters-Fragments Of Sketches/Killustiku Killud-Kriimude Killud, una raccolta di tre brani senza titolo di media lunghezza, con cui approccia nuovamente l’astratto industriale calandolo, come da sua ormai esperta consuetudine, in paesaggi sonori sempre più opprimenti, radi e statici, avulsi da stimoli vitali. L’oltre mezz’ora di "Strata", contenuto in Strata (2013) è poi la sua creazione più aerea e, d’accordo col titolo, stratosferica, con zone di caos tra le più violente della sua carriera a intervallare dei pianissimo ribollenti.

Questi lavori in qualche modo estremizzano la sua ricerca. Il compositore ritorna a incidere per 23five con rinnovata maturità, non solo musicale e anti-musicale, ma anche in qualche modo "visiva" e cinematografica. Le relativamente brevi e intense cinque parti di I’m Lost (2014) sono dunque alcuni dei parti più acuminati di Sprod (così come i 21 minuti di "Nettle Daughter", disponibile solo tramite Soundcloud), in piena landa ambientale industriale, forte di un umore più ostile che mai, di ambienti plumbei, di un’eccellente padronanza delle tecniche storiche dell’avanguardia.

La musique concrete promulgata nel 1948 da Pierre Schaeffer, il teorico, e proseguita da Pierre Henry, il virtuoso, si proponeva di sostituire l’astrazione sempre più pianificata della musica seriale con una nuova spontaneità derivata dai rumori senza altezza armonica, i suoni di tutti i giorni. L’utilizzo avanzato delle tecniche di registrazione modificava poi questi suoni per ottenere effetti musicali. Un altro pupillo di questa scuola, Bernard Parmegiani, pur partendo da questi presupposti, cercava di approfondire l’aspetto compositivo, estremizzando i suoni di partenza.
L'opera di Eamon Sprod può essere considerata come una delle possibili fasi terminali di questa controtendenza. Poche o nulle sono le variazioni apportate in studio alla natura dei suoni; il compositore preferisce intervenire direttamente in loco durante la registrazione, con poco ortodossi “strumenti” (come imbuti arrugginiti, raspe metalliche, contenitori di latta etc.) che amplificano le intime sensazioni di un paesaggio. Queste, in definitiva, sono le fasi di composizione di Sprod, a metà via tra un chimico di laboratorio e un performer di land art: catturare il livello subliminale di uno spazio, quasi sempre brado, vuoto, stridente, ostile, e poi isolarlo, amplificarlo, e solo in ultima battuta sovrapporlo ai successivi campionamenti.

Al contrario dei primissimi propositi di Schaeffer, nei poemi concreti a nome Tarab - che discendono piuttosto dai "Sonic Seasonings" di Wendy Carlos e si pongono a confronto con i coevi di Israel Martinez - una calcolatissima astrazione ritorna a spadroneggiare sopra la spontanea descrizione sonora. Questo rovesciamento mira a invertire anche l'idillio della natura: i suoi sono scenari che hanno ben poco di naturale, oltre che ben poco di rassicurante. Sono potenti, vasti quadri che procedono per inserzioni subliminali, stratificazioni brulicanti, emanazioni misteriose e found sound non identificati, e spesso pongono sopra a tutto una distorsione assordante con cui si concreta - sempre senza la minima spettacolarità - un’inestinguibile, cupa, grigia angoscia. Come se gli epitaffi di Montale avessero trovato la traduzione sonora del “male di vivere”.

Nuovi poemi sono "Gleaners" (2016), 31 minuti, ultimo standard della sua calligrafia frastagliata, violenta e discontinua, "Idée Fixe" (2016), 23 minuti, un collage di spezzoni raccolti negli anni e in più disparati luoghi, e "Notebook: Carbon/Soda" (2017), 14 minuti, uno dei suoi più silenziosi e rarefatti, contenuto nell'antologia collettiva VIII (2017) indetta dalla Aposiopese, label francese di ricerca acusmatica.

"An Incomplete Yet Fixed Idea", in due parti, è accluso in An Incomplete Yet Fixed Idea (2017), di nuovo per Aposiopese.

Sprod compartecipa anche al cortometraggio "Transduction Twentyfifteen" (2017) curato da John Grzinich, assieme a Simon Whetham, Jim Haynes, Rostislav Rekuta, Dawn Scarfe, Tuulikki Bartosik, Fernando Godoy e Yiorgis Sakellariou, un'eccellente collettiva audiovisiva sulle nuove leve del field recording.

OBEX (2018) è una cassetta spartita con Slavevk Kwi, aka Artificial Memory Trace, contenente i 10 minuti di "Transform 1".

Sprod decide poi di fondare una propria etichetta, la Sonic Rubbish, per garantirsi la massima libertà creativa. La prima pubblicazione è Housekeeping (2018), uno dei suoi collage inorganici più tonitruanti, ambiziosi (38 minuti in due parti) e compiuti.

Apophenia (2020) si pone invece quasi agli antipodi: sette brevi bozzetti senza titoli spesso retti da rarefatti lacerti timbrici subliminali, specie il settimo di 12 minuti prossimo al silenzio assoluto.

Seguono coerentemente cinque Holes (2021) registrati durante il lockdown da emergenza Covid-19, una delle opere realizzate nel corso della pandemia più concretamente caratterizzate da quella stessa pandemia, dal senso di claustrofobia e isolamento che ha comportato: Sprod per la prima volta campiona non più in ambienti naturali o stabili in disuso ma tra le sue quattro mura domestiche. Il clima che ne risulta ha sentori di scheletrica, meccanica desolazione.

Da questi discendono a loro volta otto Rooms (2022) in cui Sprod si fa montaggista in taglia-e-cuci di spezzoni di passi, frastuoni di oggetti, rimbombi e silenzi foschi. L'adottare il piglio del compositore d'avanguardia o, meglio, del poeta concreto, gli serve per confermare il trapasso dall'oscura contemplazione della natura dei suoi esordi alla attuale nevrosi urbana.

Material Studies #1 (2020) e Material Studies #2 + #3 (2023) propongono rielaborazioni di suoi vecchi nastri ancora inutilizzati.

Tarab

Discografia

TARAB
Surfacedrift (Naturestrip, 2004)6,5
Wind Keeps Even Dust Away (23five inc., 2007)6
Take All The Ships From The Harbour And Sail Them Straight Into Hell(23five inc., 2009)7
Acquiescence (Kaon, 2011)6
Shards Of Splinters - Fragments Of Sketches / Killustiku Killud - Kriimude Killud (Semperflorens, 2012)6,5
Strata (Unfathomless, 2013)6,5
I’m Lost (23five inc., 2014)7
Gleaners (Cronica, 2016)
Idée Fixe (Nonlinear, 2016)
An Incomplete Yet Fixed Idea(Aposiopese 2017)
Housekeeping (Sonic Rubbish, 2018)6,5
Apophenia(Sonic Rubbish, 2020)6
Holes(Sonic Rubbish, 2021)6
Rooms (Ferns Recordings, 2022)6
ERIC LA CASA &TARAB
Les Vibrations Dans La Masse De Son Roulement / Utility(Compost And Height, 2010)5
TARAB + ARTIFICIAL MEMORY TRACE
OBEX (Cronica, 2018)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming









Tarab su OndaRock

Tarab sul web

Sito ufficiale