Tripwires

Il futuro dello shoegaze

intervista di Silvio Pizzica

Dopo il bellissimo album d'esordio, "Spacehopper", abbiamo cercato di capire qualcosa di più di quello che c'è dietro la proposta della band di Reading. Il risultato è un'intervista divertita che mostra i Tripwires sotto una luce più giocosa di quello che ci si poteva aspettare dopo averli ascoltati, poco cervellotici sui riferimenti sonori e piuttosto attenti alle canzoni. Si è parlato di loro e del loro rapporto con gli shoegazer contemporanei ma anche con i grandi maestri del passato. Abbiamo scherzato sulle somiglianze con i Radiohead e con i Placebo e ci siamo tolti qualche intrigante curiosità estetica. Abbiamo parlato dell'industria musicale e della scena indipendente, del download illegale, di Spotify e della critica, lasciandoci con una speranza.

Ciao ragazzi. Complimenti per lo splendido disco d’esordio. Non deve essere facile farsi notare suonando musica come la vostra, nella Gran Bretagna di oggi. Come ci siete riusciti? Come nasce una band come i Tripwires e un album come “Spacehopper”?

Ci siamo conosciuti nel nostro paese di origine, Reading, e abbiamo sempre suonato insieme. “Spacehopper” è stato il primo set di canzoni che sembrava suonare bene come album. Dopo diversi demo, l'anno scorso, siamo riusciti a incidere l’album con Nicolas Verhes, nel suo studio di Brooklyn.

Nell’album c’è una serie di rimandi al cosmo. Dal titolo stesso, “Spacehopper, passando per la copertina colma di corpi celesti. C’è qualcosa in particolare che vi lega all’universo o semplice ammirazione per l’infinito?
Amiamo Carl Sagan (ride ndr). L'intero concetto di universo è così strabiliante e ci ha da sempre affascinato, per questo temi e immagini sono stati presi dallo spazio. Joe ha studiato il cosmo all'università quindi quando non possiamo guardare Carl Sagan, è lui il nostro uomo.

Nella vostra musica sembrano evidenziarsi diversi generi musicali eppure nulla è realmente cosi definito. Lo stesso shoegaze non sembra in realtà lo scheletro dell’opera ma piuttosto una parte come le altre. Come descrivereste la vostra musica, volendo essere il più sintetici possibile?
È una domanda che ci fanno spesso e non è semplice da spiegare. Tutto sommato ci sta bene essere identificati come gruppo “alternative rock”. È interessante vedere come, in linea di massima, la gente interpreta il nostro stile. Ci hanno spesso chiamato shoegaze band e posso certamente dire che è solo parte del nostro sound.

Il revival shoegaze (chiamiamolo cosi, per semplificare) ha portato alla luce tante band molto interessanti come S.C.U.M. o TOY che in alcuni punti vi somigliano molto. Cosa c’è di diverso in voi?
Penso che provenire tutti dal sud dell'Inghilterra abbia portato allo svilupparsi di somiglianze tra questi gruppi. Quasi come le garage band venute fuori da San Francisco. Ma non appena le ascolti individualmente cogli le loro peculiarità e caratteristiche. Detto questo, un'ovvia differenza tra noi e una band come i Toy è che loro sono molto più conosciuti di noi (ride ndr).

In molti brani (“Plasticine”, “A Feedback Loop Of Laughter”, “Love Me Sinister”, “Paint”, “Under A Gelatine Moon”) ci sono innumerevoli inserti elettronici dal fascino retrò che sembrano richiamare l’hypnagogic pop che Keenan, sulle pagine di The Wire, ha definito “pop music refracted through the memory of a memory”. La vostra è una scelta nostalgica, compositiva o solo voglia di rendere più cool il sound?
Molta della nostra musica preferita ci rende nostalgici, è un sentimento davvero forte. Detto questo, non abbiamo mai pensato coscientemente di suonare come un'era o un periodo specifico, semplicemente non è il nostro modo di approcciare al fare musica. Questo non significa schierarsi contro quella parte del nostro sound che prende spunto dal passato ma in definitiva noi crediamo nello scrivere canzoni; una bella canzone è una bella canzone, indipendentemente da quando è stata scritta.

Il paragone con i Placebo deve limitarsi solo all’aspetto vocale? C’è altro che vi ha ispirato della band di Molko?
Posso comprendere perché la gente pensa che a tratti la voce somigli a quella dei Placebo. Ma non siamo mai stati dei grandi fan dei Placebo; alcuni di noi lo erano in adolescenza. Magari in qualche modo questo ha contribuito all'angoscia che si può trovare nella nostra musica. Forse o forse no (ride ndr).

Altre due formazioni che sembrate omaggiare nell’album sono i Dinosaur Jr e soprattutto i My Bloody Valentine. Sono loro la più grande e influente band shoegaze di sempre?
Probabilmente sì.

Altro aspetto che mi ha molto colpito è la scelta dei colori di copertina. È un caso che utilizziate lo stesso (o quasi) rosa usato nella copertina di “Loveless”? È un caso che nella copertina di “Hurry Up, We’re Dreaming” della band dream-pop e shoegaze M83 sembra di vedere l’interno della medesima casa raffigurata in “Spacehopper”? E’ un caso che tante band shoegaze usino quel colore rosa al neon?
Devo dire che è una coincidenza. Quando abbiamo acceso le luci in casa, avevamo solo un po’ di acetato colorato per coprire le lampade. Non c'era alcuna decisione circa i colori che dovevamo usare, non sapevamo neanche cosa potesse succedere coprendole. Sapevamo solo che poteva essere una foto cool del posto in cui stavamo scrivendo l'album.

Alcuni dei brani più affascinanti sono quelli in cui il folk si mescola con le atmosfere del dream-pop e dello shoegaze. Quanto è importante l’elemento folk nella vostra musica? Qual è stata la primaria fonte d’ispirazione in quest’ambito?
Anche se personalmente penso che i nostri suoni non si avvicinino a nessuno di questi, noi amiamo persone come Nick Drake, Leonard Cohen, Elliott Smith, Cat Power. Penso che, in maniera quasi naturale, queste persone abbiano influenzato il nostro approccio nelle canzoni più lente e minimalistiche (letteralmente parla di sparcer songs ndr).

In “Shimmer” mi è sembrato che quasi voleste onorare i Nirvana. Scelta voluta o il mio orecchio è stato ingannato da qualcosa?
No, a essere onesti. Quella canzone è spesso accostata ai Radiohead (ride ndr). Quando quella canzone è nata, abbiamo deciso di abbracciare il suo essere pop e l'abbiamo lasciata molto semplice (forte/tranquillo/forte/tranquillo etc). Abbiamo passato l'adolescenza ad ascoltare I Nirvana e loro erano maestri in questo, quindi magari inconsciamente.

Ascoltando il vostro album d’esordio viene tirato in ballo un numero non indifferente d’influenze, rimandi artistici, somiglianze. Inoltre non si tratta di un sound rivoluzionario o troppo originale. Eppure tutto suona cosi perfetto. Forse questa eccessiva ricerca del “nuovo” da parte della critica può distogliere l’attenzione dalla pura bellezza della musica?
Grazie per questi complimenti. Forse! In realtà noi non vediamo l'ora di fare un altro album. Penso sia normale paragonare una band al loro primo album con altre persone. È come dar loro un senso. Anche quello che abbiamo già preparato per il nostro secondo album sembra molto buono ed è in definitiva parte di una certa identità di ciò che noi siamo. A volte c'è bisogno di diversi album affinché la gente capisca l'identità di una band, ci sono più lavori da confrontare per comprenderla.

Che rapporto avete con la critica musicale?
Tutto sommato ci sono piaciute le recensioni che abbiamo ricevuto. L'album è stato bene recensito su NME, Q, DIY etc. Devi ricordare a te stesso però che quella recensione viene da una sola persona che l'ha scritta e non puoi prenderla quindi troppo seriamente, anche se è una lettura interessante.

Ormai il download illegale non ha più senso di esistere, vista la presenza massiccia di strumenti di ascolto veloci, immediati e utili, da Spotify a Soudcloud, da Youtube a Reverbnation. Qual è la vostra posizione al riguardo?
L'universalità di Spotify è carina ma sento ancora che la gente vuole sempre possedere qualcosa. Anche se questo implica farlo illegalmente. Il nostro album era scaricabile qualche settimana prima del rilascio ufficiale e noi siamo rimasti comunque impressionati dal numero di persone interessate nel condividerlo e scaricarlo. Da amanti della musica che siamo, abbiamo sempre creduto che i vari fan della nostra musica avrebbero comunque acquistato il vinile. Noi tutti acquistiamo i vinili ma comunque abbiamo scaricato musica illegalmente. Anche se ci vorrà un po’, penso che I social network musicali continueranno a crescere e la voglia di possedere qualcosa diminuirà a favore dell'avere solo un account con cui ascoltare musica.

Quando potremo vedervi suonare in Italia? E che tipo di spettacolo dobbiamo aspettarci? Siete rigidi come shoegazer o feroci come rocker?
Spero proprio di sì! Sarebbe qualcosa che davvero vorremo fare. Il nostro obiettivo durante i concerti è essere come un asciugacapelli sul volto, prendi l'aria come pare a te.

Ciao e speriamo di vederci presto, magari in Italia.
Speriamo di incontrarci in Italia, prima o poi.

Discografia

Spacehopper(Frenchkiss Records, 2013)7,5
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

Shimmer
(da "Spacehopper", 2013)
Catherine, I Feel Sick
(da "Spacehopper", 2013)
Emerald
Cinnamon

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