Stone Temple Pilots

Stone Temple Pilots

I trasformisti del grunge

I primi grandi accusati dell'era del grunge: adorati in patria e odiati in Europa, gli hard-rocker di San Diego risorsero in più e più forme dalle varie sciagure occorse al proprio cantante, Scott Weiland. Storia di un gruppo che ha fatto della combinazione basso-batteria-voce-chitarra il suo Dna

di Danny Stones

E' curioso come i meccanismi dei media possano stabilire quale sia la storia e il background di un artista, e fare opinione anche al di là dei propri intenti che, in alcuni casi, non vanno oltre il mero e personale giudizio, negativo o positivo che sia, influenzando appunto i lettori in modo legittimamente critico, seppur a volte fuorviante e totalmente misconoscente del reale corso dei fatti. E' il caso degli Stone Temple Pilots, il primo grande equivoco dell'era grunge verso il quale i media continuano a nutrire una (spesso) ingiustificata avversione. Tenteremo, dunque, una rivisitazione altrettanto soggettiva e in netta controtendenza con questo tipo di analisi.

Gli Stone Temple Pilots nascono a San Diego, all'estremo sud della California, sul finire degli anni 80, quando Pixies, Dinosaur Jr. e Jane's Addiction affiorano dal sottosuolo fornendo una diversa interpretazione degli stilemi del rock in voga negli anni Ottanta. Quanto sta accadendo a Seattle, con le prime edizioni di compilation e singoli della Sub Pop di Pavitt-Poneman, non interessa nessuno, e non ha interessato che pochi fino al momento in cui la Geffen non ha deciso di mettere sotto contratto i Nirvana. Piuttosto, era il movimento crossover californiano, successore della fortunata era hardcore, a suscitare le maggiori attenzioni dei giovani alternativi americani, che non si riconoscevano nello street-rock dei Guns n' Roses.

In questo apparentemente caotico scenario, i Mighty Joe Young, prima forma dei futuri Stone Temple Pilots, iniziano a fare capolino alla ricerca del cosiddetto deep kick. Nel 1989 il gruppo presenta già la formazione definitiva: Scott Weiland alla voce, i fratelli Dean e Robert DeLeo (di origine italiana) rispettivamente a chitarra e basso, ed Eric Kretz alla batteria. La loro musica è intrisa all'inverosimile del funk dei Red Hot Chili Peppers epoca Emi, non disdegnando evidenti richiami alle soluzioni degli arrangiamenti di coloro che saranno la maggiore e vera fonte di ispirazione: i Jane's Addiction di Perry Farrell. Brani come "Spanish Flies", "Dirty Dog" e "Bone Machine" sembrano paradossalmente più vicini a James Brown che ai Nirvana. Alternate a queste canzoni, i Mighty Joe Young propongono durante i loro concerti alcune delle tracce che faranno poi parte del tanto chiacchierato esordio di Core, quali "Wicked Garden", "Piece Of Pie" e "Where The River Goes". Nello stesso tempo, a Seattle, Stone Gossard e Jeff Ament dei futuri Pearl Jam, band cui spesso la critica ha accusato gli Stone Temple Pilots di rifarsi, compongono e promuovono per la Polygram, vestiti e truccati in perfetto stile glamour, "Shine" dei Mother Love Bone, band certamente più vicina ai Guns n'Roses che ai futuri onesti paladini dell'atteggiamento duro e puro made in Seattle, dopo aver abbandonato il progetto adolescenziale dei Green River, sfociati poi nei Mudhoney e appunto, nella direzione opposta, nei Mother Love Bone.

Il contratto per i Mighty Joe Young sembra non arrivare mai, mentre a Seattle è successo di tutto, dall'esplosione dei Nirvana, al successo di tutto rispetto di "Facelift" degli Alice In Chains, alla conversione all'atteggiamento grunge di Gossard e Ament in seguito alla morte di Andrew Wood.
Quando le grandi case discografiche con sede a Los Angeles cominciano a mettere sotto contratto uno per uno tutti i gruppi dello Stato di Washington, la Atlantic rimane a mani vuote e vede gli altri fare i soldi, grazie al supporto mediatico di Mtv, di Rolling Stone e del mediocre "Singles" del regista Cameron Crowe, i quali riescono a inquadrare e uniformare una scena, quella di Seattle, eterogenea come poche negli States. Avviene così che gruppi quasi opposti quanto a concezione della musica, come Nirvana e Pearl Jam, per non parlare del rapporto Soundgarden/Mudhoney, vengano ancora oggi comunemente riconosciuti come grunge. L'equivoco è evidente, se si prendono le distanze da ciò che Seattle ha significato in quegli anni.

Appurato che il grunge è stato probabilmente più un atteggiamento, una posizione critica, un modo di essere, che di fare musica, i Mighty Joe Young usufruiscono in ritardo degli effetti causati dalla rivoluzione Cobain, e solo allo scadere del 1991 vengono messi sotto contratto dalla Warner Bros, via Atlantic appunto. Sono anzi costretti a ritardare la pubblicazione del loro primo album, inizialmente omonimo, per via di un anziano bluesman che non incide dischi da anni, ma che non intende concedere al gruppo l'utilizzo del suo stesso nome artistico. Diventano così gli Stone Temple Pilots, nome sulla cui origine girano diverse interpretazioni, che ci sentiamo di tralasciare poiché inutili alla causa.

Le prime canzoni, fra cui alcune derivanti dal repertorio dei Mighty Joe Young, vengono affidate alle cure dell'emergente produttore Brendan O'Brien, che si era fatto notare come ingegnere del suono dell'album "Blood Sugar Sex Magik" dei Red Hot Chili Peppers, e riflettono un'evidente miscela di tutte le esperienze che gli Stone Temple Pilots si portano appresso, su tutte i Jane's Addiction, che emergono qua e là per tutta la durata del loro Core, album che rimarrà il maggior successo in termini di vendite del gruppo.
Core, uscito solo nel '92, è un album non dotato della dote dell'originalità, ma che indubbiamente contiene delle ottime performance hard-rock, non sfigurando di fronte a molti album dello stesso periodo. Se in "Piece Of Pie", brano datato 1989 circa, si echeggiano i Soundgarden di "Badmotorfinger", non è certo perché all'ultimo minuto Robert DeLeo, il maggior compositore del gruppo, si è deciso a fare il verso a chi il successo l'aveva già raggiunto. Le canzoni di questo album usufruiscono di un sound compatto e omogeneo, seppur le differenze schematiche di brani in successione come "Crackerman" e "Where The River Goes" siano pressoché evidenti. E al di là del sound duro, di sicuro impatto e alla moda fra i giovani ascoltatori di rock del periodo, gli Stone Temple Pilots si giocano anche la carta della ballatona acustica depressa e stralunata con il singolo "Creep", che spezza a metà Core in un momento di tregua necessaria. Non si può prescindere dal menzionare la loro canzone simbolo per eccellenza, "Sex Type Thing", che diverrà la chiusura più ovvia dei loro concerti.

Plush vince un Grammy Award come miglior performance rock, mentre Scott Weiland ne vince un altro come miglior cantante emergente nell'edizione del 1993. Nello stesso anno, e prima dei Nirvana e ovviamente degli Alice in Chains, gli Stone Temple Pilots registrano negli studi di Mtv un concerto unplugged che, seppur di ottima qualità e con curiosi arrangiamenti alle canzoni, decideranno di non pubblicare mai ufficialmente. Il tour successivo al loro primo album, che raggiunge dopo una lunga scalata la terza posizione della top 200 di Billboard, li vede protagonisti sui palchi di mezza America, con tanto di partecipazione alla fiera itinerante del Lollapalooza.

Il grunge è al vertice della sua popolarità, e la band entra di prepotenza nel circolo d'elite composto fino a quel momento esclusivamente dai gruppi di Seattle, che fra di loro iniziano già a punzecchiarsi ingelositi gli uni del successo degli altri.
L'istrionismo sul palcoscenico di Weiland è discendente diretto dei comportamenti di coloro che indica quali propri idoli, ovvero David Bowie, Iggy Pop e Jim Morrison; e le attenzioni nei confronti degli Stone Temple Pilots aumentano a dismisura anche a seguito della performance, annunciata da una splendida Nicole Kidman, al Saturday Night Live, celebre programma televisivo americano che ospita i ribelli del rock campioni di vendite di quegli anni.

I Pearl Jam chiamano proprio Brendan O'Brien a produrre il loro secondo lavoro "Vs.", mentre gli Stone Temple Pilots compongono in tour i brani del successivo album, Purple, che esordirà direttamente al numero uno negli Usa, complice l'eco dello sparo di Cobain di cui usufruirà anche "Superuknown", il capolavoro dei Soundgarden. Conosciuto anche come "12 Gracious Melodies", Purple consolida lo stile degli Stone Temple Pilots, pur non indugiando nello stesso sound di Core. Le differenze sono chiarissime, eppure non tutti sembrano accorgersi. Anzitutto la durata dei brani, oltre che la produzione decisamente meno ruvida in Purple, e il songwriting impostato su modalità più conformi allo schema verse-chorus-verse, classico della canzone pop, senza disdegnare assoli di chitarra da parte di Dean DeLeo, praticamente assenti sul precedente album. Se Core a oggi ha venduto otto milioni di copie nei soli Stati Uniti, il suo successore raggiunge con buona pace dei detrattori i sei milioni, forte del successo di singoli come l'apripista "Vasoline", l'irresistibile "Interstate Love Song" e il blues-rock di "Big Empty", brano concesso all'ultimo minuto alla colonna sonora di "The Crow", poiché il brano registrato dal gruppo e previsto per quella compilation, "Only Dying", una delle canzoni ripescate e rivisitate dal periodo Mighty Joe Young - ancora inedito - viene da loro stessi scartato perché eccessivamente profetico del destino dello sfortunato Brandon Lee. Purple è probabilmente il miglior album degli Stone Temple Pilots, le melodie di Still Remains e il richiamo ai Jane's di "Lounge Fly" restano dei vertici semi-nascosti nella carriera del gruppo, e tutto questo porta Weiland all'immediato status di rockstar di riferimento per i media, che vedono in lui e nel povero Layne Staley le possibili nuove vittime di un sistema prossimo al collasso, dove l'eroina e l'alcol sembrano i due unici linguaggi con cui i due frontman riescono a mettersi in contatto col mondo.

Scott Weiland appare, tuttavia, sulla cover di Rolling Stone in compagnia del folletto islandese Bjork, e parla di ricoveri in cliniche di disintossicazione in vista del prossimo album del gruppo. Da questo momento in poi, Scott diventa croce e delizia del gruppo, entrando di forza e uscendo in fretta da ogni programma di recupero, e causando innumerevoli problemi ai propri compagni che mal sopportano la sua conclamata tossicodipendenza.

Tiny Music… Songs From The Vatican Gift Shop nasce proprio in questo periodo in/out, e arriva nei negozi quando il fenomeno grunge ha da qualche tempo esalato il suo ultimo respiro: da questo momento in poi, diventa del tutto inutile rincorrere le carriere degli altri gruppi della scena, poiché fra scioglimenti, morti e cambi di rotta, la magia di quel periodo sembra ormai un ricordo lontano. L'album punta piuttosto a rilanciare artisticamente il gruppo, con soluzioni ancora una volta differenti dai suoi due predecessori, proponendo una sorta di hard-rock al retrogusto di britpop che spiazza positivamente la critica - specialmente quella inglese: per il New Musical Express sarà uno degli album dell'anno 1996 - e negativamente molti fan della prima ora, che vedono scemare la rabbia post-adolescenziale di Core in favore di melodie più inclini al duo Lennon-McCartney, per non citare Flaming Lips e Cheap Trick. Va inquadrata in questo senso la splendida ballad "Lady Picture Show", come anche i refrain di diversi altri brani di un album che sembra essere abbozzato seguendo un concept delineato già dalla cover del disco: l'altra faccia dello star-system, e inevitabilmente i problemi di droga di Weiland, autore di tutte le liriche del suo gruppo, salvo rare eccezioni. "Trippin On A Hole In A Paper Heart", composta con il batterista Eric Kretz, ha la carica rock di "Sex Type Thing" ed è l'unico episodio in questa direzione di tutto l'album, che altrove preferisce ammaliare con la confessione desolata di "Adhesive", o il soft-rock con tanto di assolo ai confini con il jazz di "And So I Know", mentre il video di "Big Bang Baby" rilancia l'immagine della band, che sembra voler prendere in giro con le sue stesse armi quella parte della critica che ancora li indica quali sell-out saliti all'ultimo minuto sul carrozzone del grunge.

Ma nel mezzo del successivo tour di supporto agli Aerosmith, Weiland viene arrestato e sbattuto in carcere per possesso di sostanze stupefacenti: il tour è annullato, i fratelli DeLeo meditano lo scioglimento della band.
Nasce in queste circostanze il progetto Talk Show, che vede protagonisti i tre musicisti del gruppo insieme con un nuovo cantante dalle dubbie referenze artistiche, Dave Coutts. I DeLeo, abili e prolifici compositori, mettono in piedi in brevissimo tempo un nuovo album, autoprodotto e confezionato per essere apprezzato dai fan di Tiny Music, che per la verità sono indubbiamente inferiori a quelli del precedente percorso artistico degli Stone Temple Pilots. L'album si rivela un fiasco sotto ogni punto di vista, quasi una brutta copia dell'ultimo lavoro del gruppo di origine, nonostante la presenza di un paio di discrete ballate acustiche quali "Fill The Fields" e "Peeling An Orange", dove Dave Coutts, la cui voce è più vicina a quella di Liam Gallagher che a quella di Weiland, riesce a dare il meglio di sé senza essere sommerso dalle distorsioni della chitarra.

Scott Weiland, non ancora liberatosi dalla sua tossicodipendenza, sancisce la sua vendetta con 12 Bar Blues, il suo a oggi unico album solista, che lo ripropone come personaggio di caratura ben più consistente delle chiacchiere snobiste nei suoi confronti. Edito nell'aprile del 1998, 12 Bar Blues è un album controverso e ostico, "un coraggioso passo d'avanguardia pop", che vede il nostro cimentarsi, in compagnia di Martyn LeNoble dei Porno For Pyros, dell'allora emergente pianista Brad Melhdau, del fido Victor Indrizzo che compone con Scott diversi brani, e con la produzione di Blair Lamb e Daniel Lanois, su territori estremamente divergenti da quelli del suo gruppo di origine, mescolando brani soft-jazz da piano bar ("Divider"), a melodie pop costruite sopra a suoni articolati e devianti scuola industrial ("About Nothing"), e ancora power-ballad come il singolo "Barbarella" e numeri carnevaleschi come "Lady, Your Roof Brings Me Down". L'album è troppo spiazzante per rilanciare una carriera ormai condizionata pesantemente dalla tossicodipendenza, ma avrebbe comunque fatto fare un'ottima figura al David Bowie di "Outside".

Constatato che l'unione fa la forza, gli Stone Temple Pilots decidono di tornare in studio per un nuovo album, voluto fortemente da un Weiland, che compone le sue liriche dal penitenziario dove sta scontando nove mesi di carcere, in seguito all'ennesimo arresto durante il tour per il suo album solista. Ne nasce un album, N°4, che vede il gruppo tornare ad accendere gli amplificatori, mostrando una carica hard-rock che veniva data per perduta, senza rinunciare a una manciata di ballate pop e acustiche che ormai sono marchio di fabbrica del gruppo quasi quanto i riff distorti di basso e chitarra, e i violenti colpi al drumkit di Kretz. E' proprio una di queste ballate, "Sour Girl", il cui video gira in heavy rotation su Mtv - e perfino sulla nostra Videomusic - a rilanciare il gruppo verso le zone alte della classifica americana, riportando le attenzioni su un album composto di grandi pezzi rock come "Down", nominata come miglior performance hard-rock ai Grammy Awards del 2000, come il punk-rock di "Sex & Violence" e "MC5" (titolo scelto non a caso), e il gioiellino "I Got You", dove Brendan O'Brien, produttore di tutti gli album degli Stone Temple Pilots compreso questo, diventa il vero e proprio quinto elemento del gruppo. Barrett Martin degli Screaming Trees e Mad Season sono ospiti nella morrisoniana "Atlanta", che chiude il disco, mentre in "No Way Out" gli Stone Temple Pilots raggiungono probabilmente il loro punto di massima vicinanza al metal.
N°4 è dunque un altro successo in patria, dove i nostri partono in tour in compagnia dei redivivi Red Hot Chili Peppers, mentre fatica a farsi notare in una Europa che sta scoprendo solo in quel momento i gruppi crossover/nu-metal della metà degli anni Novanta.

Quando tutto sembra volgere per il meglio, con gli Stone Temple Pilots unici superstiti insieme ai Pearl Jam di quel fenomeno che un tempo veniva chiamato grunge ed era sulla bocca di tutti, arriva il passo falso che non ti aspetti, o meglio la confusione di un album come Shangri-La Dee Da, che pur presentando solo pezzi discreti, spiazza nuovamente i fan che si trovano nel proprio stereo un ibrido fra N°4 e il precedente Tiny Music, con arrangiamenti riusciti, ma non funzionali all'essenzialità di un gruppo che ha costruito sulla formazione basso-batteria-voce-chitarra i suoi migliori episodi. Tutto volge per il verso sbagliato, dalla scelta del singolo di apertura, "Days Of The Week", un numero che può al massimo aver coinvolto i fan dei Foo Fighters, alla scelta di essere headliner del Family Values Tour, un festival itinerante con gruppi come Staind e Linkin Park che con gli Stone Temple Pilots avevano ben poco a che spartire.
Nonostante l'album contenga alcune ottime canzoni rock e altrettante ballate come "Hello It's Late" e "Bi-Polar Bear", l'insuccesso è evidente, e quando squilla la chiamata di Duff McKagan sul telefono di uno Weiland ancora stoned & confused, intento a portare Scott nel nuovo progetto degli ex-Guns n'Roses (i Velvet Revolver), la fine del gruppo è sancita: la vita da separati in casa che gli Stone Temple Pilots portavano avanti da qualche tempo subisce un colpo fatale, e c'è giusto il tempo per una onesta e silenziosa raccolta, in cui compare un solo inedito, accompagnata tuttavia da un Dvd di quasi tre ore di musica che viene allegato quasi in omaggio all'acquisto del cd, prima dell'addio ufficiale.
I Velvet Revolver, forti del seguito che godono ancora Slash e soci, pubblicano un album, Contraband, totalmente fuori moda e anacronistico in un contesto in cui non sembra esserci più spazio per la musica, seppur ampiamente rivisitata, degli ex-Guns n'Roses. Come accade per gli Audioslave, però, il pubblico sembra apprezzare ugualmente, e Contraband riesce a vendere bene un po' ovunque, lasciando nel dimenticatoio ciò che di buono potevano aver proposto gli Stone Temple Pilots, i grandi trasformisti del grunge.

Il secondo episodio a nome Velvet Revolver (Libertad, 2007) non fa altro che confermare l'edonismo rock'n'roll old-style dell'esordio, stavolta però curato da un produttore blasonato come Brendan O'Brien (già dietro la consolle in tutti gli album degli STP), che aiuta la band in termini di coesione e impatto. Il disco tuttavia non vende quanto il precedente, ed è il preludio ai nuovi problemi con gli stupefacenti da parte di Weiland (dopo un buon periodo di sobrietà), a causa dei quali il cantante viene allontanato nel 2008.
Soltanto due anni più tardi, i tempi sembrano di nuovo maturi per un riavvicinamento tra i membri degli STP. I fratelli De Leo, dopo una causa intentata dalla Atlantic (che rivendicava l'obbligo di un settimo album), ottengono di produrre personalmente il nuovo materiale. La comunicazione con Weiland (nuovamente sobrio) è ancora frammentaria, ed è per questo che la maggior parte del lavoro è svolta in studi diversi (con Don Was a supporto). Il risultato è un album omonimo, che ufficializza la reunion e sposta il baricentro delle sonorità verso un recupero roots di matrice sixties e seventies piuttosto essenziale in termini di sonorità. C'è ancora una parte dell'impianto di Shangri-La Dee Da, stavolta meglio bilanciato in termini di spavalderia e melodia, ma l'insieme è comunque penalizzato dalla mancanza di un vero e proprio produttore in grado di tirare fuori la scintilla da un disco che sembra fatto più che altro per confermare il bisogno dei ragazzi di suonare insieme.
L'apparente nuovo idillio porta la band a riprendere i tour fino al 2012, poi ricominciano le tensioni (soprattutto legate alla scarsa possibilità che Weiland possa ancora onorare il ventennale di Core dal punto di vista della prestazione vocale), che portano a un nuovo allontanamento del cantante, nel frattempo sempre dedito alla parallela carriera solista (accompagnato dai Wildabouts).

Gli Stone Temple Pilots decidono a quel punto, in nome dell'amicizia e della stima reciproca, di chiedere a Chester Bennington dei Linkin Park di unirsi alla band, dando vita a un progetto che si protrae fino al 2015, e che produce un Ep, High Rise, in grado di incidere poco nella discografia per via di un amalgama sonoro piuttosto manieristico e fin troppo influenzato dal background del cantante. La parentesi con Bennington si conclude (dopo una discreta attività live) per via dei suoi concomitanti impegni con la band madre, dando il via a un periodo davvero nefasto dal punto di vista umano, nel quale gli STP devono affrontare sia la scomparsa di Weiland, nel 2015, per cause sempre legate alla dipendenza (viene trovato senza vita nel tour bus, mentre era nel Minnesota, pochi minuti prima dell'inizio di un concerto che avrebbe dovuto tenere con i suoi Wildabouts), sia quella di Bennington, suicidatosi nel 2017.
Un momento interlocutorio, che obbliga ancora una volta tutti a fare i conti con il karma problematico e a riflettere sul dolore, ma che influenza la voglia di riscatto in termini personali.

Il nuovo frontman Jeff Gutt (proveniente direttamente dall'X Factor americano) esordisce sul nuovo album (ancora una volta omonimo) nel 2018, facendo per un attimo di nuovo sognare i fan della prima ora. A cominciare dal singolo "Middle Of Nowhere", il materiale sembra infatti pescare dai momenti iniziali di casa Stone Temple Pilots, nei quali una vocalità energica e morbosa (lontana però dai livelli di Weiland) si incastra bene nell'immaginario grunge dal sapore rootsy dei fratelli De Leo, intessendo melodie polverose su strutture granitiche, che riescono ad accostarsi bene al repertorio classico della band. Un disco "vecchio" dal punto di vista delle scelte artistiche, ma efficace nel tenere alto il vessillo della casata, grazie ad episodi come "Meadow" o "Roll Me Under".
 
È del 2020 invece Perdida, il primo disco acustico del quartetto di San Diego, che sceglie di rinnovarsi per mezzo di un poco originale rifugio nelle ballad radiofoniche. Gli Stone Temple Pilots sembrano compiacersi di aver percorso tanti chilometri per arrivare a un punto che li colloca a tratti vicino alle sonorità di Bon Jovi ("She's My Queen") e degli Extreme ("Sunburst") o, quando va bene, a quelle di Led Zeppelin III ("Three Wishes"). Una collocazione certamente in linea con il rock americano anni novanta, ma che rischia di disorientare la fanbase storica, fatta eccezione per l'episodio più STP, ovvero "I Didn't Know The Time". Il disco si salva grazie a una scrittura semplice e dignitosa, opera dei fratelli De Leo e Gutt, arrangiata senza troppi eccessi, che può sicuramente garantire un più favorevole airplay nelle emittenti a stelle e strisce. Quanto basta per accontentare evidentemente le attuali velleità di un gruppo che non ha mai saputo realmente raccogliere a livello internazionale i frutti dell'esposizione mediatica degli esordi. 

Contributi di Paolo Ciro (dal 2007 in poi)

Stone Temple Pilots

Discografia

STONE TEMPLE PILOTS

Core (Atlantic, 1992)

7,5

Purple (Atlantic, 1994)

7,5

Tiny Music… (Atlantic, 1996)

6,5

N° 4 (Atlantic, 1999)

7

Shangri-la Dee Da (Atlantic, 2001)

6

Thank You (raccolta, Atlantic, 2003)

6

Stone Temple Pilots(Atlantic, 2010)

5,5

High Rise(Ep, Play Pen LLC, 2013)

5

Stone Temple Pilots(Rhino 2018)6,5
Perdida(Rhino, 2020)6

TALK SHOW

Talk Show (Atlantic, 1997)

4


SCOTT WEILAND

12 Bar Blues (Atlantic, 1998)

7

Happy In Galoshes(Softdrive, 2008)

6

Blaster(w/Wildabouts, Softdrive, 2015)

5


VELVET REVOLVER

Contraband (RCA, 2004)

5

Libertad (RCA, 2007)

5,5

Pietra miliare
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