Bridget St. John

Songs For The Gentle Man

1971 (Dandelion)
folk, chamber-folk, baroque-folk

Capace di decidere di trasferirsi a New York nello spazio di qualche settimana, o di andare a vivere da sola, dopo un divorzio, in un cottage senza acqua e riscaldamento sulla cima di una collina nella campagna inglese, Bridget St. John è un personaggio di culto della scena cantautorale inglese tra i 60 e i 70, anche per la peculiare storia della sua vita e della sua carriera.
Parte, alla fine degli anni 60, con tutti i prodromi del talento predestinato: l’amico John Martyn, conosciuto ai tempi dell’università insieme a Buffy Saint-Marie, l’aiuta a registrare il suo primo demo, e nel giro di poche settimane John Peel fonda una sua etichetta, la Dandelion, sostanzialmente per pubblicare il suo disco d’esordio. Tre dischi verranno pubblicati su questa etichetta, da Bridget, tutti con collaboratori di primo livello, ma nessuno avrà il successo di pubblico che meriterebbe (lo stesso vale per le altre uscite della Dandelion, che finisce per fallire). Un altro disco per la Chrysalis, poi il trasferimento a New York. Qui finisce il periodo creativo della cantautrice inglese, si interrompono bruscamente i suoi contatti con la scena inglese (resterà collaboratrice di personaggi del calibro di Kevin Ayers e Michael Chapman), che la vedevano ospite regolare dei locali londinesi (salendo sul palco insieme a Nick Drake, per esempio), e da quel momento in poi tornerà solo per qualche concerto di basso profilo.

Pare una storia alla Rodriguez, seppure priva del dramma economico del musicista di Detroit, ma in realtà, anche ascoltando i dischi di St. John, si comprende l’essenziale spirito di libertà e il rapporto equilibrato con sé stessa e con la propria arte della cantautrice inglese. Il primo disco, “Ask Me No Questions”, viene registrato in dieci ore, insieme a Martyn e due collaboratori, senza prove precedenti.
Il timbro di Bridget è una delle impronte più particolari della sua musica (e inusuale nel contesto femminile, nonostante siano gli anni di Nico), forse una delle caratteristiche che la spingono su una scrittura umbratile, Drake-iana, sebbene in uno spirito spesso radicalmente diverso, come nella title track:

Ask me no questions, tell me no lies if you don't mind, and come with me
There, where the sun flies
There, where the sky is bluer still is where we'll be

Il suo esordio è un disco grezzo, soprattutto in senso positivo, pieno di una potenza espressiva auto-esaustiva e di queste immagini di escapismo malinconico (“Like Never Before”), che testimoniano uno spirito incontenibile di indipendenza (“Curl Your Toes”, “To B Without A Hitch”).

La calma dopo la tempesta

Dopo il ribollente e affrettato “Ask Me No Questions”, viene il momento di investire in un disco con un lavoro maggiore sugli arrangiamenti e una scrittura melodica più lineare, in una sorta di percorso inverso a quello di Nick Drake. Il produttore doveva essere Paul Samwell-Smith (Cat Stevens), sarà invece il più sperimentale Ron Geesin (il produttore di “Atom Heart Mother”) a prendere le redini. “Songs For The Gentle Man” vede così uno stile molto più stratificato, con linee vocali multiple e accompagnamenti in sottofondo, come gentili echi che proiettano il disco in una luce assai più tridimensionale che in passato. Dall’altro lato, il disco ospita alcuni dei brani più melodici della cantautrice inglese, come l’immortale lullaby di “Back To Stay”, sottilmente impreziosita dall’accompagnamento di organetto, o come gli accenni psichedelico-bucolici di “A Day Away”. La posizione d’onore spetta però, probabilmente, alla insieme divertente e commovente preghiera Harrison-iana di “The Pebble And The Man”:

Little pebble upon the sand
Now you’re lying here in the sand
How many years have you been here?
Little human upon the sand
From where I’m lying here in my hand
You to me are but a passing dream

Splendida anche l’idea dell’arrangiamento per coro “da operetta” per impreziosire l’involarsi della scrittura di Bridget lungo il brano.
Notevole è anche la presenza di brani, o parti di essi, senza chitarra, come “Seagull-Sunday”, uno dei più Drake-iani di St. John (ma anche il suo più moderno, probabilmente), con un centratissimo, per spirito, arrangiamento d’archi.
In generale, “Songs For The Gentle Man” è un disco dalla scrittura incredibilmente raffinata (da citare anche la sequenza di impressioni della mini-suite “If You’d Been There”), soprattutto dal punto di vista chitarristico (in questo forse anche più elaborato e avventuroso della più celebrata Nico, nonostante i temi lirici spesso più “piani” – si veda per esempio la breve ma densa “Song For The Laird Of Connaught Hall, Part 2”), e questo fornisce un’esperienza immersiva che si trova solo nei grandi capolavori dell’epoca, ai quali il disco è stato spesso accostato.

Nonostante la ristampa della serie Dandelion dopo l’acquisizione dei diritti da parte della Cherry Red, la fama di St. John non ha avuto quel risveglio avvenuto, per esempio, per Vashti Bunyan (che aveva un disco altrettanto importante ma anche adatto a farsi apprezzare all’epoca della sua ristampa): continuano le sue apparizioni pubbliche in terra inglese (ultima al Green Man Festival di quest’estate, a testimonianza del suo relativo stato di culto) e le sue collaborazioni (compare nell’ultimo disco di Michael Chapman), ma pare improbabile che la sua storia diventi molto diversa da quella che è in questo momento. Sicuramente, non sarà diversa da come Bridget se la immagina.

15/12/2019

Tracklist

  1. Day Away
  2. City Crazy
  3. Early Morning Song
  4. Back To Stay
  5. Seagull Sunday
  6. If You'd Been There
  7. Song For The Laird Of Connaught Hall part 2
  8. Making Losing Better
  9. Lady And The Gentle Man
  10. Downderry Daze
  11. Pebble And The Man
  12. It Seems Very Strange


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