Emerson Lake & Palmer

Brain Salad Surgery

1973 (Manticore)
progressive rock

Fra i giganti del rock progressivo, Emerson Lake & Palmer sono a tutt'oggi i più incompresi. Molti ne criticano la freddezza, la pretenziosità, l'eccessivo virtuosismo. Anche in epoca in cui i classici del passato vengono riveriti con umiltà, gli Elp faticano a trovare il proprio spazio.
Il problema non affligge il resto del rock progressivo, genere ancora oggi influente che incanta gli ascoltatori più esigenti con i suoi toni fiabeschi, pastorali e romantici. Negli Elp queste tre componenti - senza dubbio quelle che emanano più calore a livello emotivo - sono del tutto assenti. Ciò non significa però che la loro musica sia algida, semmai che il trio è meno rappresentativo del rock progressivo rispetto a quanto viene creduto.
Se ovviamente le strutture e l'approccio ci sono tutti, le atmosfere che prevalgono negli Elp sono piuttosto atipiche, almeno fra i nomi di richiamo del genere.

Prima di tutto il senso di sfida che emanano i tre musicisti. Mentre nelle altre band gli strumenti cooperano per creare un sound che trascenda i singoli componenti, negli Elp le caratteristiche di ogni membro rimangono bene in evidenza, come a voler sopprimere le altre. Emerson suona parti eccentriche e velocissime, Palmer riempie ogni spazio possibile con la sua batteria, Lake ci mette la voce e crea l'atmosfera. Ognuno appare insomma slegato dagli altri e questo rende la proposta piuttosto difficile da fruire per il pubblico attuale, che si ritrova a dover seguire più linee in contemporanea.
Altro elemento quasi del tutto assente nelle altre band prog è l'ironia, su cui i loro critici sono soliti sorvolare beati, sarebbero altrimenti costretti a ritrattare le accuse di accademismo. Gli Elp erano compositori e arrangiatori di grande intelligenza, ma anche compagnoni a cui piaceva piazzare sempre un pezzo idiota nei dischi, per stemperare l'atmosfera. E come si vedrà, anche nei brani più seri c'erano momenti grotteschi che miravano a creare contrasti e a suggerire che, evidentemente, di quella musica si poteva anche ridere.
Infine, l'iconoclastia. Gli Elp erano in sostanza tre anarchici. Se si passa l'ossimoro, erano i punk del rock progressivo. Il loro approccio era dissacrante, chiassoso, distruttivo. Nel corso della loro carriera hanno riletto brani di Tchaikovsky, Mussorgsky, Bartók, Janáček, Copland e Ginastera, in bilico costante fra l'omaggio e lo sconvolgimento. I brani di quei compositori venivano dilaniati da distorsioni, con le tastiere spinte al limite delle loro possibilità tecniche e le percussioni pestate senza pietà. Ci sono punti in quelle interpretazioni che rasentano il rumore puro, musica fra la più assordante di un decennio - i Settanta - che di musica assordante se ne intende non poco. È anche da ciò che si capisce come gli Elp non fossero dei frigidi virtuosi, non avrebbero altrimenti mai accettato di sporcare il timbro dei propri strumenti fino a quel punto, fino a sfociare con disinvoltura nelle cacofonie più bizzarre.

Tutto ciò che interessava a Emerson Lake & Palmer era spingersi oltre e sfidare le convenzioni, anche mancando di rispetto, se necessario. Questo tono costantemente sovraeccitato, nevrotico e assetato di stupore, sposato a una complessità narrativa estrema che sfrutta le dinamiche di classica, jazz e sperimentazione elettronica, rende di fatto la loro musica snervante alle orecchie inesperte.
Un preambolo che si è reso necessario, soprattutto perché si sta trattando quello che è l'album per antonomasia degli Elp. Non necessariamente il migliore, essendo impossibile prendere una posizione netta all'interno di una discografia che per un lustro è rimasta immacolata, ma senza dubbio il più rappresentativo, quello in cui tutte le caratteristiche descritte finora vengono spinte al massimo dell'appariscenza, in un equilibrio miracoloso.

"Brain Salad Surgery" raggiunse i negozi nel dicembre del 1973, a quasi un anno e mezzo di distanza da "Trilogy", per l'epoca uno iato considerevole, dato che i nomi importanti pubblicavano anche due dischi l'anno. I tempi si allungarono sia a causa della nascita dell'etichetta personale della band, la Manticore, in seguito allo scioglimento del contratto con la Island, sia perché la band si adoperò al massimo durante le sessioni, acquistando una vasta gamma di strumenti elettronici e setacciando a fondo le nuove risorse tecnologiche dello studio di registrazione. Solo per la realizzazione di "Jerusalem", 2' 45" di durata, se ne andarono cinquantaquattro ore di lavoro.

Poesia scritta all'inizio dell'Ottocento dal visionario William Blake e musicata un secolo più tardi da Hubert Parry, "Jerusalem" venne scelta per il suo potere evocativo, essendo col tempo diventata una delle canzoni più amate d'Inghilterra, sia come inno religioso, sia come vessillo patriottico. L'idea era di pubblicarla come singolo, per conquistare un mercato fino a quel momento sconosciuto agli Elp, quello dei 45 giri. Purtroppo non avevano fatto i conti con il puritanesimo dei media. La loro versione venne considerata un oltraggio, la Bbc la inserì nella lista dei pezzi proibiti e le altre emittenti la seguirono a ruota.
Eppure, per una volta, non c'era davvero nulla di irriverente in una loro rilettura. Il trio mirò semplicemente a renderla quanto più maestosa possibile. Palmer fornì una bella interpretazione tambureggiante, facendo ricorso ai timpani nelle parti in cui i colpi dovevano risultare più solenni, Emerson sovrappose due linee di organo Hammond per dare più corpo al suono, infine Lake sfoggiò una delle sue interpretazioni più intense, lanciando la sua voce ariosa e potente come una cavalcata sull'arrangiamento al contempo chiesastico e futuristico dei compagni.
Oltre a rimanere a tutt'oggi la miglior versione del brano, si tratta di un momento importante nella storia della musica elettronica. Sfruttando il prototipo di un Moog Apollo per arricchire il tappeto d'organo elettrico, è di fatto la prima incisione contenente il suono di un sintetizzatore polifonico (a meno di non considerare l'antidiluviano Novachord, tutt'altra epoca, funzionamento e scopo).

La spinta avveniristica è ancora più travolgente in "Toccata". Emerson era affascinato dal primo concerto per piano del compositore argentino Alberto Ginastera e decise di arrangiarne il quarto movimento in chiave elettronica. Il tastierista fece così visita a Ginastera portando con sé il nastro registrato, in modo da evitare eventuali beghe legali. Al termine dell'ascolto il compositore si disse sbalordito e, concluso che nessuno aveva mai reso la sua musica in maniera così vivida, concesse alla band il proprio benestare.
La "Toccata" in versione Elp è una valanga di suoni che sembrano provenire da un temibile futuro distopico. Si apre e chiude mantenendo l'aggressività ritmica alla Stravinsky come già la versione orchestrale, mentre nel mezzo Palmer si destreggia fra timpani, campane tubolari e sibili sintetici intermittenti ottenuti mediante un set di percussioni elettroniche. Anche in questo caso l'innovazione è vistosa, prima di loro c'erano arrivati soltanto i Moody Blues di "Procession".

Il primo inedito è "Still... You Turn Me On", ballata di Lake che assume la funzione che in "Trilogy" era stata di "From The Beginning". È un brano pacato e strutturalmente semplice, la voce di Lake ruba la scena a tal punto che quasi non si nota la raffinatezza dell'arrangiamento, fra rivoli di synth e chitarre effettate, ma anche tenui melodie di fisarmonica e clavicembalo.
È impressionante il cambio di tono di Lake in "Benny The Bouncer". L'angelo dalla voce cristallina diventa un marcio ubriacone da saloon, con un timbro ruvido come la carta vetrata. Appena sotto Emerson si scatena in uno dei suoi ragtime più complessi, mentre Palmer lo segue a tutta birra suonando la batteria con le spazzole. È l'ultimo attimo di spensieratezza prima del tour de force.

Divisa in tre movimenti, indicati come impressions nella scaletta, "Karn Evil 9" è il documento definitivo degli Elp. Tutta la loro arte, tutti i loro valori, o meglio tutto il loro annientamento sistematico di valori, riassunti in un mastodonte di ventinove minuti e mezzo. Composizione di una difficoltà disumana, iniziava in origine al termine del lato A per poi occupare l'intera seconda facciata.
La prima impressione è quella più rock, in pratica una canzone-cavalcata di tredici minuti, senza un attimo di respiro. Emerson si alterna fra Hammond e Moog, sparando assoli e riff a getto continuo, mentre Palmer sfinisce piatti e rullante con ritmi serrati e tumultuosi, all'occorrenza dal sapore marziale. Stupisce l'alternanza di pieni e vuoti: ci sono diversi tratti in cui l'arrangiamento si rigonfia, ricorrendo anche a un piano e a un prototipo del Taurus I, basso sintetico a pedali che conferisce all'insieme una sorprendente profondità. Quando però l'architettura non potrebbe essere più fitta, si sgonfia all'improvviso lasciando solo un rivolo di synth, o la batteria a rullare in libertà. Tutte queste manovre avvengono ripetutamente nello spazio di pochi attimi e riescono nell'intento di dare ulteriore colore alla melodia vocale di Lake, peraltro già efficace di suo.
La seconda impressione è un concerto pianistico di Emerson, con Palmer che impugna nuovamente le spazzole. Più o meno a 14' 30" dall'inizio della suite (1' 10" contando solo la parte in questione) si rintraccia un'esaltante variazione dal sapore caraibico sul tema di "St. Thomas" di Sonny Rollins, suonata al Minimoog. Interessante anche la digressione appena successiva, dove l'atmosfera si fa lugubre e il basso di Lake scandisce un contorno di accordi che, se ascoltati con attenzione, riescono a evocare i cartoni animati gotici dell'anteguerra.
Anche la terza impressione ha un sintetizzatore prototipo fornito alla band da Robert Moog, il Lyra, che non sarebbe mai stato messo in commercio, ma che qui fa la sua figura con un suono di tromba capace di donare al brano un sentore al contempo medievale e fantascientifico. Dopo un lungo assolo di Hammond si raggiunge il culmine, con Lake che intona un inno alternandosi alla voce di Emerson processata elettronicamente. L'epopea termina con ventiquattro note di Moog mandate in loop, in accelerazione costante, come a mimare un computer in tilt.

È qui utile fare un passo indietro e rileggere la suite prendendo in considerazione l'altra faccia della medaglia, il testo, scritto da Lake insieme a Peter Sinfield, all'epoca da poco fuoriuscito dai King Crimson.
A meno che non si tratti delle ballate di Lake, viene spontaneo non soffermarsi sui testi quando si tratta degli Elp. In "Karn Evil 9" ciò può però limitare la fruizione della musica, le cui sonorità sono dipinte piuttosto bene nelle parole che la accompagnano.
Nella prima impressione si scopre un mondo futuro in cui il genere umano, sopraffatto dal proprio ego, è stato risucchiato in un vortice di crudeltà e violenze. Quello descritto è uno show dalle sembianze carnevalesche all'interno del quale creature deformi vengono esposte al pubblico ludibrio e ogni sorta di tortura sbattuta in faccia allo spettatore gaudente, qualcosa a metà fra "Arancia meccanica" e uno spettacolo del Grand Guignol. L'ambientazione è sì inquietante, ma il gusto grottesco di Lake la tinge di una comicità nera e paradossale, che sfocia nell'elenco di tutte le specialità di quel circo della perversione, dalla regina degli zingari unta di vaselina e pronta per la ghigliottina, alle sette vergini in compagnia di un mulo (ci vengono per fortuna risparmiati i dettagli). Uno dei versi più significativi è "There behind a glass is a real blade of grass, be careful as you pass, move along, move along". Il significato è chiaro: quello esposto è l'ultimo filo d'erba rimasto, che diventa così materiale da mostra e, per l'ascoltatore, evidenza ultima degli effetti di una razza umana senza freni sul proprio pianeta.
Nella terza impressione l'uomo finisce vittima delle proprie creazioni e viene schiavizzato dai computer e dalle macchine che egli stesso ha costruito, un classico della fantascienza d'ogni tempo. Ecco spiegato il senso del duello finale fra Lake-umano e Emerson-computer, e del synth impazzito che chiude l'album.

"Brain Salad Surgery" fu un successo commerciale notevole. In Gran Bretagna si piazzò al numero 2, bloccato soltanto dagli Yes di "Tales From Topographic Oceans", all'apice della rivalità fra le due band imbastita dalla stampa britannica, Melody Maker in particolare. In realtà le due band erano in ottimi rapporti, ma i giornali si devono pur vendere. Gli Elp vinsero a ogni modo la "battaglia" negli Usa, dove raggiunsero il numero 11 rimanendo in classifica undici mesi, contro i sette del titolo degli Yes.
Tutto ciò nonostante le numerose censure subite. Oltre a quella di "Jerusalem" e della versione radiofonica di "Karn Evil 9", a cui non venne ovviamente perdonata la lunga serie di efferatezze, l'album rischiò anche di ritrovarsi senza copertina. Quello che è uno degli artwork più belli e celebri del rock è infatti frutto di un compromesso.

Durante un breve tour in Svizzera il trio era stato invitato a Zurigo da H.R. Giger. L'artista aveva modificato la propria abitazione rendendola una sorta di cattedrale cyberpunk (il termine era ancora lungi dal venire coniato, ma l'estetica non lascia adito a dubbi). La band rimase affascinata da quel luogo e chiese a Giger di curare la veste grafica dell'album che era in lavorazione. Il pittore creò così due pannelli da sovrapporre. Nel primo un meccanismo industriale è stato integrato a un teschio, appena sotto al quale si apre uno spazio circolare vuoto da cui traspare parte del volto di una donna. Sollevando il primo pannello, il volto appare nella sua interezza, mostrando profonde cicatrici e capelli che sembrano un antipasto di "Alien", la più famosa delle creazioni di Giger. Quello che molti non sanno è che appena sotto il mento della donna compariva in origine un gigantesco fallo, che venne omesso con riluttanza quando la band trovò difficoltà a far stampare la copertina.
Benché edulcorata, l'opera di Giger rimane estremamente potente e cattura alla perfezione il senso di tensione che caratterizza i punti nevralgici dell'album. A partire dai versi scritti centosettanta anni prima da William Blake, dove l'Inghilterra della rivoluzione industriale appariva come un inferno tecnologico.

And was Jerusalem builded here, among these dark satanic mills?

11/10/2015

Tracklist

  1. Jerusalem
  2. Toccata
  3. Still... You Turn Me On
  4. Benny The Bouncer
  5. Karn Evil 9: 1st Impression - Part 1
  6. Karn Evil 9: 1st Impression - Part 2
  7. Karn Evil 9: 2nd Impression
  8. Karn Evil 9: 3rd Impression