Neneh Cherry

Raw Like Sushi

1989 (Virgin/Circa)
pop-rap, dance-pop, r&b

Dicembre 1988. Sul palco della storica trasmissione Top Of The Pops, che ha visto avvicendarsi diverse performance iconiche, sta per salire una ragazza destinata a far chiacchierare parecchio di sé. Qualcuno avrà potuto riconoscerla in virtù dei suoi lunghi trascorsi carbonari spesi nel ribollente underground londinese, ma niente poteva far presagire quanto stava per dispiegarsi. Oggi nessuno si stupisce più per un pancione in bella vista durante un live, ai tempi però assistere all'esibizione di una donna incinta, per giunta al settimo mese di gravidanza, era considerato quasi un tabù, un azzardo da scongiurare a tutti i costi.
Ed eccola invece lì, Neneh Cherry, con una giacca ramata e un paio di sneaker vertiginose, a sfatare ogni diceria su eventuali rischi e a esibirsi in una performance da manuale di "Buffalo Stance", di lì a breve destinata a diventare una hit planetaria. Tante le chiacchiere, diverse le opinioni polemiche, ma il dado era stato lanciato e un'ulteriore barriera abbattuta una volta per tutte: in fondo, però, questa non è stata altro che la culminazione di un percorso che di steccati (irrilevante di che tipo fossero) ne aveva smantellati a raffica e che con quella clamorosa esibizione apriva la strada a uno sconcertante ibrido artistico, che adesso aveva trovato la perfetta quadratura per raggiungere anche le platee pop.

Neneh la predestinata, la figlia di artisti, accolta sotto l'ala protettiva del padre adottivo, quel Don Cherry che è stato figura maiuscola nello sviluppo dei linguaggi jazz, dal quale mutuerà il proprio cognome. Neneh, divisa tra la natia Svezia e gli Stati Uniti, che abbandonerà a soli quindici anni per dirigersi verso Londra, affascinata dagli straordinari moti culturali che sconquassano la capitale britannica. Neneh la punk, trovatasi finalmente tra la sua gente, tra quelle Slits che aveva già incontrato in occasione di una tournée del patrigno e che diventeranno presto coinquiline e compagne di percorso, con le quali respirare e assaporare nuovi stimoli, nuovi approcci alla creazione artistica, al genere, alla propria soggettività.
Neneh la capitana, che troverà la propria maturazione vocale e creativa affiancando personaggi leggendari (qualcuno ha detto Poly Styrene?) e presterà il proprio talento esplosivo per alcuni dei più eversivi progetti di inizio anni Ottanta, superando ogni limitazione di genere e contesto (i Rip Rig + Panic e il loro punk-funk al vetriolo meritano più di qualche ascolto, stesso discorso per il dub sanguigno dei New Age Steppers).
Neneh l'instancabile, che cavalca tutto il decennio sintetico per antonomasia alla volta delle più frizzanti novità provenienti da ambo i lati dell'Atlantico, divorandole con famelica curiosità; dall'hip-hop al deejaying, con cui si cimenta collaborando con diverse radio pirata, non c'è ambito che non susciti il suo interesse e che non la veda in prima fila nel captarne le successive evoluzioni.

Confusione? Più che legittima: pensate però a voler impacchettare una personalità simile nella durata di un regolare full-length, e c'è da avere le convulsioni. Sotto diversi punti di vista, quanto ottenuto con "Raw Like Sushi" (titolo che la dice lunga sulla sua firmataria) ha quasi le fattezze di un miracolo, condensando nei suoi dieci brani l'equivalente di un decennio di esperienze, sperimentazioni, ricerche e affiliazioni, vissute costantemente in prima linea, anche al di fuori dell'ambito strettamente musicale. Il tutto, puntando sulla comunicazione pop, sulla scioltezza delle melodie, sulla peculiarità del contesto narrativo, riflesso di una ragazza ancora giovane, ma con un bagaglio di vita ricchissimo, perfetto per una sua ricontestualizzazione lirica. E pensare che tutto avrebbe potuto prendere una piega completamente diversa!

Ad essere stati dei maniaci di quella fabbrica di paccottiglia a buon mercato che risponde al nome di Stock Aitken Waterman, si sarebbe riconosciuto il rap scattante e grintoso che orna "Buffalo Stance", poiché questo aveva costituito l'ossatura vocale della B-side di "Lookin' Good Diving". Interpretato da Jamie Morgan e Cameron McVey (il futuro marito e collaboratore fisso di Cherry, con il quale aveva già instaurato un rapporto di grande intimità), il brano viene remixato, con l'aggiunta dell'inserto rap, da quel Wild Bunch che nei suoi membri intercetta molto del fermento bristoliano a venire. Il singolo è un notevole flop, ma il suo lato-B, opportunamente mondato delle scorie SAW, cattura l'attenzione di Tim Simenon, meglio conosciuto come Bomb The Bass. Tra i vari al tempo a rendersi conto delle potenzialità del campionamento in ambito produttivo, è lui che propone a Cherry, nel mentre già al lavoro sul suo album, un rimaneggiamento del singolo. La ricostruzione del pezzo si rivela provvidenziale, adatta a supportare l'ascesa di un incredibile fermento urbano che scalpita per avere il suo spazio, ma che ancora non ha trovato il grimaldello necessario a schiudere le porte dell'opinione pubblica. Il brano, con tutti gli elementi di cui è composto, approda come un meteorite al momento giusto.

Se è indubbio che il passaggio da Top Of The Pops e il chiacchiericcio che ne è conseguito hanno facilitato la diffusione della canzone e della sua energica autrice, nondimeno "Buffalo Stance" poggia su meriti che ne avrebbero comunque consentito il successo, aprendo il vaso di una gioventù urbana e dinamica che scalpitava per farsi sentire, non soltanto dal pubblico di appassionati. Assemblato come sequenza di blocchi che si avvicendano con precisione chirurgica, il brano si divincola tra stacchi freestyle, cadenze funk (l'assolo di sax campionato da "Yellow Chicken" dei Miami), più secchi pattern urbani (gli scratch presi dalla celebre "Buffalo Gals" di Malcolm McLaren, tra i momenti cardine del primo hip-hop) e dinamici tagli house.
È un pot-pourri che avrebbe potuto risultare confusionario, ma che Cherry sa rendere perfettamente suo, calandolo nella dimensione febbricitante di un grandioso contesto cittadino, immortalato nei suoi incontri quotidiani (il gigolò in cerca di un nuovo incontro, i ragazzi schiamazzanti, le dure di quartiere) e nella sua intrinseca difficoltà, da affrontare però con spirito propositivo, con quella Buffalo Stance (dal nome del collettivo di cui Cherry e il compagno McVey facevano parte) che diventa una vera e propria attitudine di vita, uno stile da perseguire con la giusta baldanza. E nella sua esuberanza, capace di passare dal più articolato dei rap alla profondità di una soulwoman d'altri tempi, senza privarsi addirittura di divertiti stacchetti spoken (in puro accento cockney), l'interprete coglie questa spavalderia con assoluto candore.

Il successo è, manco a dirlo, incredibile, la densa atmosfera metropolitana intercettata dalla canzone, unita alla prospettiva testuale personale, prepotentemente femminile, catapulta il singolo nella terza posizione di Regno Unito e Stati Uniti, centra la numero uno nella natia Svezia e in Olanda e segna il nome di Neneh Cherry fermamente sul tabellone. I paragoni cominciano a sprecarsi, le reazioni entusiaste idem, per un'interprete e autrice che abbatte steccati e convenzioni di genere, che ridefinisce le potenzialità della comunicazione pop. Le circostanze sono favorevoli per consentire di portare a termine la gravidanza e apportare gli ultimi ritocchi all'atteso album di debutto, il valido compagno di un brano a suo modo decisivo.
Pubblicato dopo altri due singoli, che cementano la natura obliqua e il tocco sofisticato della scrittura del duo Cherry/McVey (ci torniamo dopo), "Raw Like Sushi" arriva sugli scaffali il 5 di giugno del 1989 e conferma le aspettative sorte attorno alla prorompente personalità della firmataria, perfettamente a suo agio nell'assecondare quanto già mostrato.

Immortalata dal sapiente obiettivo di Jean-Baptiste Mondino, Cherry buca la quarta parete e guarda dritta davanti a sé, con fare da modella navigata (quale effettivamente è stata), fiera e combattiva, non priva però di vulnerabilità e compassione. Un solo scatto, eppure più che sufficiente per circoscrivere (per quanto grossolanamente) la carica esplosiva dell'autrice, che riversa tutta se stessa, il bagaglio di una vita intera, in un disco narrato col piglio di una cantautrice scafata, di una cantastorie che riesce a universalizzare il proprio vissuto senza ammansire la propria prospettiva. Questo aspetto, unito alla freschezza di un comparto produttivo che brilla per eclettismo e per la sua forte compattezza estetica, ha fatto di "Raw Like Sushi" un disco simbolo di quella nuova vitalità pop che sarebbe poi letteralmente esplosa col fiorire di rapper "confessionali" e interpreti r&b che da qui avrebbero tratto lezioni preziose.

Di certo, un singolo come "Kisses On The Wind" (seconda top 10 negli Stati Uniti), nel concentrarsi su quel preciso momento in cui una giovane ragazza intercetta l'età adulta (col carico di incertezze e fragilità che ne derivano), è il modello narrativo che act come le TLC avrebbero adottato nel mostrare una gioventù lontana da ogni stereotipo. Sulla stessa scia "Inna City Mamma", con le sue velate striature jazz ed eleganti pad atmosferici, infiocchetta in una memorabile melodia pop una delle più amare invettive contro la Grande Mela ("I trusted you and you crushed me to a pulp", denuncia col fare di un'amante tradita), rendendo la delusione e il sentimento di abbandono ancora più tangibili.

E non finisce di certo qui: tenendo fede al titolo scelto per il disco, Cherry si dimostra tagliente, pronta a passare oltre una relazione abbondantemente giunta al termine, con tutto l'affanno e il rimpianto che ciò può comportare (le scintillanti aperture electro/r&b, dal tono princeiano, di "Love Ghetto"), ma anche caustica, tutt'altro che restia a denunciare ragazze che "rubano" i fidanzati altrui e le reali ragioni di un simile comportamento ("Heart", quasi una sorta di anticipazione, con una fresca attitudine new jack swing, dell'altrettanto maligna "Thief Of Hearts" di Madonna). "The Next Generation", in questo senso, affronta con soverchiante ottimismo ma con assoluta decisione la questione della genitorialità e delle responsabilità insite nel ruolo parentale, invitando alla costruzione di un mondo più umano, a misura dei bambini che verranno. Il fatto che il messaggio di base venga tradotto in un'esuberante jam freestyle pronta per essere sudata su una pista da ballo non ne depotenzia la carica comunicativa, anzi coniuga il politico col dilettevole in un abbraccio indissolubile. Vent'anni prima delle vorticose denunce di M.I.A., il canovaccio era già stato tracciato.

È un quadro che accoglie le sue sfaccettature, le coltiva e le rafforza, senza mai limitarne le potenzialità, a suo modo lasciando intravedere la portata di una visione che si spinge oltre il presente e scorge frammenti di un futuro che sarebbe presto diventato di dominio pubblico. Se è vero, come già accennato in precedenza, che Cherry teneva ben presente quanto stava avvenendo dalle parti di Bristol, di lì a breve il fulcro catalizzatore del nuovo manifesto trip-hop, nondimeno quanto presentato con "Manchild", il secondo singolo estratto dall'album, parla di una rivoluzione prossima a concretizzarsi, che ha captato tante delle correnti sotterranee del periodo e le porta in superficie, scatenando il finimondo. Un finimondo gentile, a suo modo malinconico, non per questo però meno incisivo, nel trasmettere le impressioni di un avvenire che del rallentamento avrebbe fatto il suo vessillo.
Costruita assieme a Robert Del Naja, che nel mentre aveva fondato i suoi Massive Attack, la traccia si muove su un battito hip-hop felpato, privo dell'effervescenza e della grinta di una "Buffalo Stance", in cui liquide tessiture ambientali ed eloquenti venature di archi sintetici si prendono tutto lo spazio a propria disposizione. Su questo tappeto fluttuante, in cui le sequenze di accordi vanno e vengono seguendo traiettorie proprie, Cherry è dapprima malinconica soul-woman, capace di trasportare la lezione delle vecchie glorie dell'anima verso i nuovi, più sfumati costrutti dell'r&b. Ci vuole poco però perché il tocco urban confluisca in un'accattivante sequenza di rime in cui l'uomo mal-cresciuto del titolo non manca di ricevere il suo giusto pacchetto di rimproveri, non senza un pizzico di compassione dietro. Se il carattere urbano del brano rimane innegabile, nondimeno l'andamento sospeso della gestione ritmica (che si avvale di breakbeat, cadenze in fascia globalista, sottili scansioni campionate), la gestione a suo modo onirica del cantato e del ritornello, il trattamento atmosferico del corredo sintetico trasportano di peso la canzone negli anni Novanta, preannunciando i capolavori dei Massive Attack e di Tricky.
Non si sbaglia, quindi, nel considerare Neneh Cherry la madrina del Bristol sound tutto.

Avveniristica, ma ben piantata con i piedi per terra, coraggiosa, tenace, pienamente consapevole e orgogliosa della sua femminilità, Neneh Cherry ha proposto in dieci canzoni un modello di artista, interprete e autrice che sarebbe stato ampiamente saccheggiato (da Missy Elliott alla già menzionata M.I.A., passando per Estelle, Ms Dynamite e intere generazioni di rapper made in Uk), contribuendo a spargere i semi di un nuovo modo di concepire il pop e l'elettronica. Affascinante, intraprendente, sempre fuori da ogni schema (fatto che presto le avrebbe tagliato tutti i ponti dagli Stati Uniti, ansiosi di incasellare la sua unicità in schemi più ristretti e penalizzanti), Cherry avrebbe poi continuato ad affinare ed espandere le potenzialità del suo imprendibile linguaggio, che anche dopo un lungo ritiro dalle scene non ha mancato di vibrare di una simile, urgente personalità.
Se ci sono state occasioni in cui la sua arte ha saputo essere ancor più incisiva, nondimeno quanto evidenziato in "Raw Like Sushi", anche per la sua capillare diffusione e l'impatto riscontrato, parla di un'importanza che, a oltre trent'anni di distanza, risulta impossibile da negare.

08/03/2020

Tracklist

  1. Buffalo Stance
  2. Manchild
  3. Kisses On The Wind
  4. Inna City Mamma
  5. The Next Generation
  6. Love Ghetto
  7. Heart
  8. Phoney Ladies
  9. Outré Risqué Locomotive
  10. So Here I Come










Neneh Cherry sul web