Roberto De Simone

La gatta Cenerentola

1976 (Emi)
canzone napoletana, operetta

Scheda tecnica

Testi, musica e regia di Roberto De Simone*

Orchestra arrangiata e diretta da Antonio Sinagra
Membri: Nunzio Areni*, Nando Caccaviello, Roberto Civitella, Giuseppe Finizio, Beniamino Forestiere, Alfredo Golino, Franco Manfrin, Vito Mercurio, Andrea Santaniello, Corrado Sfogli, Domenico Schiattarella, Antonio Schiappa

Voci: Antonella D'Agostino (tracce 1, 11, 14, 17), Virgilio Villani (tracce 2, 5, 7, 10, 12, 13, 18), Fausta Vetere* (tracce 3, 8, 12, 17), Peppe Barra* (tracce 4, 5, 6, 11, 12, 18), Patrizio Trampetti* (tracce 5, 6, 11, 18), Francesco Tiano (tracce 5, 7, 12, 13), Mauro Carosi (tracce 5, 7, 10, 11, 13), Josè Cacace (traccia 5), Giovanni Mauriello* (tracce 5, 8, 10, 11, 12, 17), Franco Iavarone (tracce 7, 13, 18), Isa Danieli (tracce 14, 15, 18), Antonella Morea (traccia 14), Biancamaria Vaglio (traccia 14), Concetta Barra (tracce 16, 18)

* Membri della Nuova Compagnia di Canto Popolare

Chitarra solista (traccia 9): Umberto Leonardo
Registrazione e missaggio: Maurizio Roselli (Studio Zeus di Napoli)
Produzione e organizzazione: Bruno Fantuzzi

Genesi dell'opera

Roberto De Simone è stato forse il più importante musicologo che l'Italia meridionale abbia mai espresso: non solo grazie ai molti saggi pubblicati dalla Einaudi, ma anche per il recupero e la rielaborazione di musiche tradizionali messa in atto con la Nuova Compagnia di Canto Popolare (da qui in avanti, N.C.C.P.), capace di salvare dall'oblio sia un vasto repertorio, sia un approccio all'arrangiamento dello stesso.
Nella canzone napoletana che si affacciava agli anni Settanta, infatti, non rimaneva ormai nulla delle sue origini antiche: senza tirarne in ballo la commercializzazione ad opera dei vari festival, basti pensare che lo stesso Roberto Murolo della "Antologia cronologica della canzone partenopea", con la sua scarna chitarra e la sua voce gentile, si approcciava alla materia con un piglio indubbiamente moderno, per quanto raffinato.

Non è questa la sede per ripercorrere l'intero processo che portò alla nascita e all'affermazione della N.C.C.P. a guida De Simone, ma vale la pena di ricordare alcuni momenti salienti che avrebbero posto le basi per la "La gatta Cenerentola".
Il primo è il concerto al Festival dei Due Mondi di Spoleto, che nel 1972 rivelò la loro esistenza al pubblico italiano più colto. La band ottenne quell'importante spazio grazie all'interessamento di Eduardo De Filippo, che si rivolse direttamente al grande attore Romolo Valli, all'epoca direttore del festival umbro.

Il secondo passo è l'allestimento de "La canzone di Zeza", il primo tentativo di De Simone di fondere la tradizione musicale napoletana a quella teatrale.
La N.C.C.P. organizza così un concerto/spettacolo in cui viene narrata una storia relativa all'universo di Pulcinella, il cui commento musicale mostra già alcune fra le linee guida de "La gatta Cenerentola": De Simone vi fonde sia diverse epoche della musica napoletana, sia diversi contesti, spaziando dalle villanelle - di origine popolare e nate nel Cinquecento - all'opera buffa - di origine colta e nata nel Settecento.
A ciò va aggiunto un ulteriore contrasto: quello fra l'accuratezza degli arrangiamenti (che riprendono anche strumenti arcaici come chitarriola, putipù, thiorba, trombino e tammorra, oltre ai più noti e/o moderni, dalla chitarra in giù) e il dinamismo dell'esecuzione, che probabilmente le esecuzioni dei secoli passati non potevano conoscere, anche per motivi tecnici (va comunque precisato che, per quanto energiche, le esecuzioni della N.C.C.P. non avevano spazi improvvisativi, ma erano studiate al dettaglio, con De Simone che arrivò a far provare il gruppo con il metronomo, onde evitare ogni possibile sbavatura).

Non è quindi che un approdo naturale il fatto che nel 1976 Eduardo, entusiasta per il nuovo progetto presentatogli da De Simone, si sia nuovamente rivolto a Valli per far sì che il Festival dei Due Mondi potesse ancora dar lustro al musicologo napoletano.
"La gatta Cenerentola" debutta così con cinque serate consecutive, dal 7 all'11 luglio 1976, al Teatro Nuovo di Spoleto.

La storia e i simboli

"La gatta Cenerentola" si basa sulla fiaba omonima di Giambattista Basile, pubblicata come parte della raccolta postuma "Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille" (1634-36). De Simone l'ha però fortemente rimaneggiata, eliminando alcuni personaggi e aggiungendone di nuovi, nonché modificando degli avvenimenti, basandosi sia su creazioni proprie, sia su versioni alternative della fiaba facenti parte della tradizione orale, raccolte durante le sue ricerche nell'entroterra campano.

Cenerentola vive con la matrigna e sei sorellastre, che la disprezzano per via del mancato legame di sangue col resto della famiglia, trattandola di fatto come una serva. Un giorno giunge notizia che il re ha indetto tre sere di ballo: la matrigna si mostra subito interessata a far partecipare la figlia maggiore all'evento e deride Cenerentola quando questa dichiara lo stesso desiderio.
Tuttavia, grazie all'intervento di un monacello (spiritello tipico del folclore locale), Cenerentola scopre un trucco magico che le permette di ottenere una serie di vestiti sontuosi, con cui si reca al ballo tutte e tre le serate, catturando l'attenzione del re. Quando fugge dal palazzo reale la terza sera perde tuttavia una scarpetta.
Due emissari del re esploreranno allora la città per provare la scarpetta a tutte le ragazze, annunciando che colei a cui calzerà diverrà regina. Cenerentola, timorosa, accetterà la prova solo dopo l'insistenza di un gruppo di lavandaie sue amiche.

Potrebbe sembrare una trama lineare e somigliante, per grandi linee, alla versione universalmente nota della fiaba, ma vanta una serie di scene che ne dilatano la struttura e ne aumentano la portata simbolica.
Per esempio, quando a Cenerentola viene negato di partecipare al ballo, la sua frustrazione per il mancato incontro con il re - carica di un ovvio sottinteso sessuale - viene rappresentata da una scena di fantasia, interpretata da quattro figure maschili, in abiti da donna, che si siedono una accanto all'altra per cucire e recitare un rosario, che si rivela essere l'elenco degli uomini con cui vorrebbero fare l'amore.
Non è l'unico spazio dato all'omosessualità, che si ripresenta nel finale con un personaggio del tutto scollegato dal resto della storia, il femminella, che dopo aver litigato con le lavandaie riguardo al suo desiderio irrealizzabile di poter indossare la scarpetta, si uccide gettandosi in un pozzo.

In ambo i casi l'utilizzo della componente omosessuale ha una forte valenza simbolica: nel primo non si tratta infatti di personaggi realmente esistenti, ma della personificazione dei sentimenti di Cenerentola; nel secondo invece di un elemento estraneo il cui scopo sembra mettere in luce l'aggressività delle lavandaie, tutte desiderose di poter indossare la scarpetta e incontrare così il re, frutto proibito che si cela dietro essa. Si sentono pertanto delegittimate dall'ambiguità del femminella - che osa condividere la loro stessa speranza pur essendo un uomo - e solo dopo il suo suicidio si pentono di averlo aggredito verbalmente: a quel punto la loro posizione assume una connotazione positiva, spingendole a contrastare la matrigna e a sostenere Cenerentola.
Va inoltre segnalato che proprio la matrigna e la sua figlia maggiore sono interpretate da uomini, in un meccanismo di travestimento parziale per cui, pur indossando abiti femminili, mantengono movenze e voce prettamente maschili. Si tratta di una tecnica presente dalla notte dei tempi nel teatro dell'Italia meridionale, che si ritiene abbia avuto origine addirittura dalle commedie atellane, oltre cinque secoli prima della nascita di Cristo, in epoca preromana.

Un interesse secondario, ma percepibile, da parte dei personaggi femminili, indipendentemente che siano interpretati da donne o uomini, sembra essere anche quello di donare alla città una regina autoctona: gli emissari del re sono infatti uno francofono e l'altro ispanofono, a simboleggiare le varie dominazioni straniere che si sono accavallate su Napoli nel corso dei secoli, rispetto alle quali l'ascesa al potere di una ragazza del posto rappresenterebbe una sorta di riscatto.

L'organizzazione

Per mettere in scena lo spettacolo De Simone organizza, con l'aiuto del produttore Bruno Fantuzzi, la Compagnia il Cerchio, che comprende un'orchestra di dodici elementi e una squadra di quattordici attori.
La N.C.C.P. è presente al completo, con l'eccezione di Eugenio Bennato: il fiatista Nunzio Areni trova spazio nell'orchestra, mentre gli altri vengono arruolati come attori/cantanti. Fausta Vetere interpreta Cenerentola, Peppe Barra la matrigna, Patrizio Trampetti la figlia maggiore, Giovanni Mauriello il monacello e il femminella.
Fra le interpreti più importanti estranee alla band, vanno segnalate Isa Danieli, la leader delle lavandaie, e Concetta Barra, madre di Peppe, che proprio De Simone spinse a riprendere l'attività teatrale interrotta da giovane in seguito alla nascita dei figli. Le viene affidato il ruolo della zingara, figura estranea alla storia che appare in alcuni momenti chiave per chiarire la narrazione e suggerire alcune simbologie di carattere religioso, come il parallelo fra Cenerentola e la Madonna di Piedigrotta, che secondo una leggenda perse una scarpa in riva al mare.

Una figura particolarmente importante per la riuscita dell'opera, cui non viene talvolta dato il giusto risalto, è il direttore d'orchestra Antonio Sinagra, autore di tutti i complessi arrangiamenti strumentali. Pur avendo lavorato seguendo le indicazioni di De Simone, è indiscutibile la sua parte di merito nella creazione della formula magica che sorregge i brani.

In contemporanea alle prove, viene inciso - dallo stesso personale - l'album con la colonna sonora dello spettacolo, che contiene tutte le canzoni e qualche passo recitato particolarmente importante ("La scena del rosario" e "La scena delle ingiurie"). Vi si segnala la presenza del chitarrista classico Umberto Leonardo, che interpreta la strumentale "Villanella a ballo" (il musicista sarebbe orbitato nell'universo di De Simone anche negli anni a seguire).
Pubblicato nel 1976, il disco riesce a entrare nella classifica nazionale nell'aprile del '77, sull'onda del successo del tour italiano dello spettacolo, arrivando a toccare il numero 33 (se sembra poco, si tenga conto che nessun'altra colonna sonora teatrale dell'epoca è entrata in classifica).

La musica (tratto dall'articolo "L'oro di Napoli" di Salvatore Setola)

De Simone trasformò "La gatta Cenerentola" in un melodramma folk che col tempo è diventato un vero e proprio classico del teatro popolare italiano.
I diciotto brani sono saldati in una struttura che è quella classica dell'opera: ci sono le arie ("Jesce sole"), i duetti ("Duetto"), i cori (quello dei soldati e quello delle lavandaie) e i recitativi (l'esilarante litania della "Scena del rosario" e il turpiloquio per rime e assonanze della "Scena delle ingiurie"), ma sono interpretate in uno stile carnascialesco, vicino tanto al canto lirico, quanto alle recite in maschera della commedia dell'arte.
La dimensione "alta" è evocata dalla strumentazione classica (archi, ottoni, clavicembali), quella "bassa" è invece richiamata dal linguaggio dei testi: un linguaggio colloquiale - il napoletano parlato dal popolo - nobilitato dai complessi sistemi metrici in cui sono organizzati i versi.
Il legame con le forme musicali popolari è assicurato inoltre dalle canzoni ("Canzone delle sei sorelle", "Canzone del monacello"), dalle villanelle ("Villanella di cenerentola") e dalle danze di origine autoctona ("Tarantella") o araba ("Moresca").
Insomma, "La gatta Cenerentola", unendo magnificamente le due tradizioni che hanno reso celebre la musica italiana nel mondo - quella operistica nazionale e quella della canzone napoletana, entrambe allo stesso tempo autenticamente colte e autenticamente popolari - ha restituito l'incanto, la magia e il sogno a un periodo musicale dominato in Italia dal neorealismo politico-sociale dei cantautori impegnati.

Le reazioni

Nonostante il travolgente successo di pubblico, "La gatta Cenerentola" generò una sorprendente polarizzazione a livello critico: a una maggioranza di giornalisti entusiasti si opposero dissidenti isolati ma di grosso calibro, che criticarono aspramente l'opera, creandole intorno uno sgradito clima di contrasto.
A seminare zizzania ancor prima della stampa fu però Eugenio Bennato, che proprio quell'anno abbandonava la N.C.C.P. per contrasti sulla direzione intrapresa: dopo aver dichiarato sciolta la band - venendo subito smentito dai fatti - attaccò la nuova opera di De Simone, definendola troppo aristocratica. Gli fecero di lì a breve eco colossi della saggistica come Goffredo Fofi e Michelangelo Zurletti, che l'additarono come un prodotto per borghesi, con arrangiamenti troppo complessi, che tradivano lo spirito della tradizione autentica.

Andò ancora peggio a Napoli, dove quasi tutti i critici locali stroncarono un'opera che aveva invece conquistato il resto d'Italia: venne contestato l'uso del turpiloquio e la struttura confusionaria (personaggi come la zingara o il femminella, ma anche brani come "Jesce sole", erano in effetti indipendenti dal resto della storia e il loro valore aggiunto non venne colto), venne messa in dubbio l'autenticità di alcune delle figure popolari riportate, ma soprattutto venne criticato il ritratto di Napoli, che risultava chiassosa, superstiziosa e violenta, eludendo in maniera piuttosto ottusa il fatto che quella rappresentata non era certo la Napoli attuale (e anche se lo fosse stata, non si vede perché De Simone avrebbe dovuto restituirne un ritratto forzatamente idilliaco).
Lo spettacolo era del resto nato nel segno della diffidenza da parte delle alte sfere locali: la regione Campania rifiutò infatti il finanziamento per metterlo in scena, che alla fine giunse nientemeno che dall'Emilia Romagna, come si evince dalla scelta del bolognese Fantuzzi come organizzatore del progetto.

Finalmente, nel gennaio del '77 anche Napoli ebbe la sua rappresentazione, al Teatro San Ferdinando, che Eduardo gli aveva già messo a disposizione per le prove. A dispetto di un'intellighenzia ostile, il pubblico rispose con grande calore, fatta salva l'invasione di un gruppo di autoriduttori (gli stessi del processo a Francesco De Gregori) durante una delle serate.

Epilogo

"La gatta Cenerentola" è oggi considerata una delle opere più importanti nella storia del teatro italiano e la sua colonna sonora è un disco celebrato universalmente (ha addirittura trovato spazio in una pubblicazione nazionalpopolare come Rolling Stone, in occasione della lista dei migliori album italiani). Il suo grande successo portò purtroppo in crisi il rapporto fra De Simone, sempre più interessato alla ricerca antropologica e al teatro, e il resto della band, che invece non nutriva pretese attoriali: di lì a breve il fondatore avrebbe abbandonato la sua stessa creatura, che esiste tuttavia ancora oggi, sotto l'egida di Fausta Vetere.

De Simone continuò a mantenere la propria centralità nella scena musicale napoletana anche negli anni Ottanta, arrangiando "Napoli - La sua canzone", storico album/cofanetto di Sergio Bruni.
Dalla diaspora della N.C.C.P. derivarono anche altre carriere di prestigio, in particolare quella di Peppe Barra, che negli anni Novanta indovinò una serie di dischi di grande valore sperimentale.

08/11/2021

Tracklist

  1. Jesce sole
  2. È nata (Mmiez 'o mare)
  3. Villanella di Cenerentola
  4. Canzone dei sette mariti
  5. Canzone delle sei sorelle
  6. Duetto (Mamma, mamma che bella cosa)
  7. Scena del rosario
  8. Canzone del monacello
  9. Villanella a ballo (Vurria addeventare)
  10. Moresca
  11. Madrigali
  12. Tarantella (Oi mamma ca mò vene)
  13. Coro dei soldati
  14. Primo coro delle lavandaie
  15. Secondo coro delle lavandaie
  16. Canzone della zingara
  17. Il suicidio del femminella / Jesce sole
  18. Scena delle ingiurie / Finale