Ladytron

Ladytron

Synth-pop dinamico

Rinascimento sintetico, vintage elettronico e tante canzoni: plastiche, ariose, sensuali, "facili", contagiose, positive. Sono i Ladytron, doppio misto proveniente da tre nazioni differenti (Giappone, Bulgaria, Regno Unito) che si ritrovano sulle rive del Mersey. Una band da annoverare tra le protagoniste della rinascita synth-pop dei 2000

di AA. VV.

Negli anni 2000 abbiamo assistito a un vero e proprio rinascimento elettronico e a un generale recupero del ricchissimo patrimonio della new wave. Molti gruppi hanno riproposto, spesso in veste di tributo, le formule stilistiche dei maestri Kraftwerk, del synth-pop, della house dei primordi, di certe forme di elettronica ambientale o ballabile rimescolate e riarrangiate fra di loro. In questo contesto hanno mosso i primi passi i Ladytron, doppio misto dalle origini etniche differenti (Inghilterra, Scozia, Bulgaria, Giappone) e proveniente dalla prolifica Liverpool. La loro parabola li ha poi portati a distanziarsi relativamente dalle coordinate più kraftwerkiane, per condirle con un campionario di suoni che spaziano tra darkwave, shoegaze, rock elettronico e dream-pop. La loro ricercatezza ne ha sancito il successo tra pubblico e stampa musicale, al punto che Brian Eno li ha definiti "il meglio della musica pop inglese".

Prendendo il nome da una canzone dei Roxy Music, i Ladytron nascono come progetto creativo di Daniel Hunt, promettente dj di Liverpool, e Reuben Wu, neolaurato in design industriale discendente di immigrati giapponesi. I due nel 1999 pubblicano il singolo "He Took Her To A Movie". Le linee vocali sono affidate a Lisa Eriksson, e il singolo è un piccolo gioiello electro-pop che fa il botto nelle classifiche britanniche, conquistandosi la stima dei giornalisti musicali del Regno Unito. Nello stesso anno, i due conoscono Mira Aroyo, dottoranda ebreo-bulgara in genetica al dipartimento di biochimica di Oxford, e Helen Marnie, studentessa di Belle Arti proveniente da Glasgow. Le due entrano come cantanti e tastieriste. Viene così completata la formazione definitiva del gruppo, all'insegna del multiculturalismo e del connubio di sensibilità musicali differenti.

Ed è a questo punto che i Ladytron pubblicano, esclusivamente in Giappone, nello stesso anno l'Ep Miss Black And Her Friends, seguito nel 2000 (stavolta in Regno Unito, Francia e Stati Uniti) da Commodore Rock e Mu-Tron, tre brevi lavori che già delineano il loro stile e anticipano le caratteristiche essenziali, nonché anche buona parte dei brani che saranno poi riproposti in 604, debutto ufficiale su Lp arrivato nel 2001.

Stilisticamente, 604 è posto in una nicchia che a priori può sorprendere, ovvero il synth-pop puro e rigido, proposto con una formula di maniera che guarda al genere nella sua forma essenziale. Al di fuori delle voci di Marnie e Aroyo, tutto è fondato sulla tastiera e sul sintetizzatore, senza strumenti acustici o quasi. L'album è una discreta collezione di pezzi tutto sommato divertenti anche se prevedibili, fatti di citazionismo e orecchiabilità. Le coordinate principali sono un tributo ai Kraftwerk e agli Human League, filtrati con spunti che rientrano nell'ottica della corrente electroclash. Con questo termine si identifica una scena nata tra la fine degli anni 90 e l'inizio dei 2000, capitanata da gruppi come Miss Kittin & The Hacker, Adult, Add n to x e Fischerspooner (per fare alcuni nomi), che al synth-pop e alla new wave degli anni 80 fonde la techno e la dance degli anni 90. C'è anche chi ha attribuito agli stessi Ladytron di avere ricoperto un ruolo importante negli sviluppi di questo filone, ma la band ha sempre respinto l'accostamento. Ad ogni modo, la maggior parte delle canzoni su 604 sono finemente arrangiate, tra saliscendi elettronici e interessanti intrecci delle tastiere. Le strutture sono meccaniche e incisive, generando un coinvolgente effetto dolceamaro con le linee vocali. Con la sua voce dolce e accattivante, dal fascino magnetico, Marnie è infatti l'ideale completamento di una formula che mostra un potenziale accattivante. A penalizzare il lavoro sono principalmente la sua prolissità (avere qualche pezzo in meno avrebbe giovato rendendo l'ascolto più d'impatto) e in secondo luogo l'eccessiva derivatività. Il successo di critica comunque è quasi unanime, bissato anche da quello di pubblico, e si percepiscono ampi margini di miglioramento.

Il gusto retrò dei Ladytron si ripete nel successivo Light & Magic, miscelando sapientemente le influenze in un revival marcato. Nonostante le coordinate di riferimento risultino sempre evidenti, la band mette in mostra uno stile personale, che schiva le insidie del mero citazionismo. Si tratta a suo modo di un esercizio di stile smaccatamente orecchiabile e curato nei minimi dettagli. Il gruppo prosegue sulla stessa idea di musica, ma accentuando alcuni elementi, soprattutto le melodie più oscure e gli arrangiamenti danzabili. Il buon gusto melodico, evidenziato dalle due voci femminili asettiche e sensuali allo stesso tempo, e le ritmiche sintetiche e regolari alle tastiere anni 80 donano ai brani atmosfere spesso oscure ma affascinanti, essenziali ma non freddamente minimali. Fortunatamente il gruppo non si perde in divagazioni o eccessi pretenziosi, rinverdendo 20 anni dopo una formula che non può non far pensare perlomeno agli Human League, ma anche ai New OrderDepeche ModeGary Numan, alle melodie popo anni 60, ai primordi della house anni 80 o addirittura alla italo-disco più talentuosa. 
Unico difetto, nuovamente, l'eccessiva lunghezza che fa sì che si avverta, a tratti, un po' di stanchezza, ma niente che possa compromettere l'efficacia elettromelodica del lavoro.

Spartiacque nella discografia è a questo punto, in maniera insolita, una raccolta di pezzi dei nomi più disparati: Softcore Jukebox difatti ripercorre i maestri che ispirano il gruppo, in un compendio tra rock, pop ed elettronica dei classici della new wave, del post-punk, del synth-pop, strizzando l'occhio anche al noise e all'hip-hop, che inizia con "Soon" dei My Bloody Valentine e si chiude con "Some Velvet Morning" di Lee Hazlewood e Nancy Sinatra. I brani non sono stati remixati o rimasterizzati: negli intenti del gruppo, ciò avrebbe "ucciso" l'identità sonora degli originali. I Ladytron sono presenti con due brani: "Blue Jeans 2.0" e una cover di "Oops Oh My".
Dopo questa compilation, per il gruppo si presenterà una nuova fase.

La difficile riconferma arriva nel 2005 con Witching Hour, dove si accentua l'evoluzione delle sonorità dei Ladytron verso suoni più oscuri tramite l'integrazione di nuovi elementi stilistici, mettendo quindi da parte molto del revivalismo per cercare una formula più originale. Sostanzialmente l'approccio del gruppo muta e invece di partire esclusivamente dalle basi elettroniche, su cui costruire canzoni divertenti e orecchiabili, stavolta le fondamenta si ampliano fino a incluere le chitarre elettriche e la batteria, attorno alle quali si innestano con disinvoltura stratificazioni di tastiera e sintetizzatore alla ricerca di un suono più cupo e a tratti etereo. Le atmosfere seguono il titolo e si fanno più fumose e dense, sempre avvolgenti, ma anche notturne e urbane. Meno Human League e più Depeche Mode innanzitutto, ma anche maggiori spunti da darkwave e shoegaze, con echi di Curve e My Bloody Valentine, con i loro muri sonori di chitarra che ogni tanto fanno capolino in alcuni brani rendendoli particolarmente corposi e riverberati. Marnie ha raffinato le sue linee vocali percorrendo strade vicine a quelle di Elizabeth Fraser e Siouxsie Sioux, personalizzando l'ispirazione data con un ugola cristallina il cui timbro di voce ha un fascino magnetico. Il risultato è un connubio certosino di gorgheggi elettronici ed emozionalità, scandito principalmente dall'intensa batteria acustica. Un'affascinante miscela a cavallo tra le forme più mesmerizzanti della wave e l'electropop più raffinato. Tuttavia, di nuovo permane la sensazione che qualche brano in meno avrebbe giovato al disco, dato che non tutti i pezzi convincono appieno e in alcuni casi sembra che siano stati costruiti su poche idee stirate. I Ladytron a volte eccedono nel riproporre un'intuizione efficace che alla fine dell'album inizia a farsi ripetitiva per l'eccessiva lunghezza. Ma sono solo piccoli nei per un'opera complessivamente saporita e convincente.

Il ritorno alla pubblicazione di Ep da parte dei Ladytron li vede concentrati soprattutto sui remix dei loro precedenti brani, ma è proprio per questo che The Harmonium Sessions svetta, mostrando invece un'inedita veste acustica dello stile del gruppo, giocosa, radiofonica, e al tempo stesso dal retrogusto malinconico.

Nel 2008 esce Velocifero ed è un disco ambizioso che esibisce un suono potente e oscuro, realizzato miscelando ingredienti già collaudati in una formula personale che viene arricchita dalla collaborazione con Alessandro Cortini (dalla formazione live dei Nine Inch Nails di Trent Reznor) ed Ed Banger (Vicarious Bliss). Non stupisce che i suoni siano più radiofriendly ma anche più abrasivi. Per i Ladytron si tratta fino a questo punto dell'apice compositivo della loro carriera, con stratificazioni di tastiere a cui si accompagnano gli ormai sdoganati muri sonori di chitarre distorte e un batteria spedita, aggiornando la tensione onirica dello shoegazing all'impatto di electro-rock e synth-pop. Rotto ormai il ghiaccio con queste esplorazioni sonore, è questo per i britannici l'album più completo e vario, che mette in luce la padronanza del gruppo non solo con l’elettronica degli esordi, riproposta con rinnovato vigore sonoro, ma anche col rock più classico, con le melodie dark e gli arrangiamenti vicini al gusto della new wave. Proprio l'estetica della new wave, così come quella del rock, compongono il perno attorno a cui gravita l'approccio ormai definitivamente maturato del gruppo, tra rimandi ai New Order, echi di Blondie e l'eredità filtrata dei Cocteau Twins. Il tutto con un piglio squisitamente orecchiabile.
La presenza di canzoni cantate in lingua bulgara, come “Black Cat” e “Klevta” (recuperata da un vecchio film bulgaro per bambini), esalta anche la prova di Mira Aroyo al microfono e sono tra le prove più eleganti di sempre del gruppo.
A ridurre l'impatto del disco è però la produzione, fin troppo satura e compressa nei suoni.

L'ultimo disco targato Ladytron prima di una lunga pausa è Gravity The Seducer del 2011. Stilisticamente non si registrano grossi cambiamenti, eccezion fatta per una minore propensione radiofonica (relativamente parlando) in favore di atmosfere più ricercate. È evidente la spontaneità del gruppo nel proporre arrangiamenti riusciti e coinvolgenti con gli stessi ingredienti a disposizione, la melodia appare come un approdo naturale, non come una pianificazione studiata e sudata. Le canzoni sono tutte diverse ma così ben amalgamate da sembrare un unicuum, quasi come una lunga suite che procede leggera e danzante sulle ali di un suono vagamente malinconico, quasi ombroso eppure alla fine giocoso, dove lo shoegaze flirta col baroque-pop mentre l'elettronica fa da collante. In primo piano vi sono soprattutto le armonie vocali, che mai come ora mettono in risalto le influenze del dream-pop nella proposta musicale (Elizabeth Fraser potrebbe essere fiera di come i semi piantati nei precedenti album siano cresciuti).
Alcune delle canzoni più affascinanti mai scritte dal gruppo sono qui: "White Elephant", un nuovo inno natalizio si direbbe, e "White Cold", dapprima esitante per poi implodere quando tutto sembrerebbe pronto per i fuochi artificiali. Un gradino sotto scorrono le tastiere battenti di "Ace Of Hz", la corsa a perdifiato di "Ritual", l'epicità soffusa di "Altitude Blues" e quella trionfale di "Trasparent Days".

Successivamente alla pubblicazione di questo disco, però, i Ladytron entrano in pausa e i membri del gruppo decidono di darsi a vari progetti solisti.
Mira Aroyo, giusto pochi mesi dopo l'album, assiste John Foxx sul suo “Interplay” - sua la voce nello strazio artificiale di “Watching A Building On Fire”. 
Helen Marnie invece si getta sulla lavorazione di un intero album. Quest'ultimo prende forma dopo una gestazione lunga quasi due anni e diviene Crystal World. È un lavoro dallo spirito marcatamente crepuscolare, incredibilmente adatto alla gioia di un pomeriggio estivo tanto quanto alla malinconia di un inverno ormai alle porte. Dieci brani pervasi quasi in toto da una magia sublime, sulla quale c'è da scommettere abbia influito la decisione di registrare in Islanda sotto l'occhio vigile di Barði Jóhannsson e con la decisiva assistenza di Daniel Hunt, altro membro dei Ladytron. Musicalmente la formula si discosta relativamente poco da quella proposta negli ultimi episodi della band, non fosse per gli echi folk di qualche brano e per la natura complessivamente più cantautorale, con il retroterra elettronico spostato quasi interamente sul fondale e mai a battagliare con la voce.

Ci vogliono quattro anni per ascoltare un seguito: Strange Worlds And Weirds Wars è un godibile disco pop elettronico con qualche filler, che assieme al suo predecessore mostra due facce di una stessa medaglia. Sostanzialmente l'elemento più importante, cioè il suo gusto melodico, viene alleggerito e reso più immediato. C'è una lieve semplificazione nella carica emotiva rispetto all'esordio, ma ciò non impedisce ai ritornelli di risultare a modo loro ricercati. Le parentesi più malinconiche potevano forse essere espanse o approfondite; rimangono in ogni caso cesellature ben algamate nel contesto. Su questo fronte si assiste a un passo indietro rispetto all'esordio solista, che proprio in questa tipologia di brani mostrava la maggior parte del proprio potenziale. È tuttavia anche palese come il tutto suoni maggiormente pre-impostato, tradendo una vena formulaica che sminuisce il potenziale creativo. Il gusto per le melodie rimane, sfoderando perle di notevole brillantezza, e il lavoro risulta comunque frizzante e piacevolmente scorrevole, con l'avvertenza, però, che chi cerca maggiori inventiva e imprevedibilità, o comunque un disco elettronico un po' meno smaccatamente orientato alla classifica, potrebbe rimanere deluso.

Per quanto riguarda invece i Ladytron al completo, il silenzio durato tanti anni viene spezzato il 28 febbraio 2018 con l'annuncio dell'arrivo di un sesto album previsto per la seconda metà dell'anno, poi rinviato al febbraio 2019. Il nuovo disco si intitola semplicemente Ladytron. È un lavoro di genere, curato nelle composizioni e ricercato nella melodia, in linea con quel che ci si potrebbe aspettare dalla formazione britannica.
Abbiamo così un substrato synth pop-dai suoni retrò con hook melodici trascinanti, distorsioni leggermente noisy di sottofondo, atmosfere corpose e un pizzico malinconiche. Ma soprattutto, abbiamo un lavoro che grida a squarciagola "anni 80" in ogni sua nota, sia nelle soluzioni stilistiche che nella ricerca di un suono appositamente vintage. Il songwriting, inoltre, percorre un approccio più diretto e radiofonico del suo etereo predecessore, ma in generale contiene riferimenti a tutta la carriera del gruppo, della quale il disco si può considerare un sunto.
La produzione pastosa a volte tende a soffocare la cristallina voce di Marnie nelle tastiere e a rendere il suono abbastanza omogeneo, uniformando le varie tendenze espresse nelle canzoni (facendo però sembrare di primo acchito che vi sia poca varietà stilistica, ma è una falsa impressione). Proprio per questi motivi l'album risulta fondamentalmente di nicchia, indicatissimo per gli appassionati del synth-pop ottantiano; ma chi cerca produzioni più moderne potrebbe percepirne il suono come plasticoso o antiquato. Ladytron in ogni caso convince con la sua eleganza melodica e il suo piglio trascinante.
Il giusto riepilogo per la carriera di un gruppo che è tra le punte di diamante della rinascita del synth-pop nel nuovo millennio.

Con 24 anni di carriera sulle spalle e, forti del clamoroso successo postumo che un loro brano del 2002, “Seventeen”, sta inaspettatamente riscuotendo su TikTok tra i più giovani, i Ladytron avrebbero potuto decidere di allentare un po’ la corda, lasciandosi trascinare dalla corrente del profitto e non da quella della dedizione artistica. E invece, con Time’s Arrow (2023), la band britannica consegna alla storia un album ben assortito dalla forte sensibilità cinematografica - decisamente meno oscuro del precedente del 2019 - che suona retrò e futuristico come solo i migliori album dall’allure elettronica sanno essere.
Vi si alternano banger da classifica, con ritornelli ipnotici ed espliciti richiami agli anni 80 (“City of Angels”, “Faces”, “The Night”) e brani che hanno l’andamento irreale e lisergico del sogno, a cavallo tra M83 e Deserta (la gloriosa “We Never Went Away”, “Flight From Angkor”). Qui e là abbracciano quindi ariosità shoegaze (“California”, “Sargasso Sea”) e iniettano tappeti synth di una saudade dream-pop che omaggia i Cocteau Twins (Misery Remember Me”). Non mancano, infine, lusinghe psichedeliche (“Time’s Arrow) e synthwave (“The Night), nel contesto di un’impalcatura musicale che mai rifugge dalle proprie radici. Anzi, grazie anche a un sopraffino lavoro di mixing e a un songwriting coerente, “Time’s Arrow” può essere letto sia come uno zibaldone di deliziosi racconti dream-pop che, se ascoltato nella sua interezza, come un granitico  blocco narrativo,  in cui la memoria viene raccontata come una luce che balugina nello spazio scuro del tempo, accendendo “fuochi e paure” e disegnando testure imprevedibili al ritmo di un impasto sonoro di cui è facile perdere cognizione.
Time’s Arrow è dunque un album solido sotto ogni punto di vista, che nella sua apparente semplicità narrativa sa osare regalando momenti di purissimo sehnsucht e scenari di straordinario splendore. E ogni traccia è un tassello indispensabile di quest’esperienza sonora.

 

Contributi di Stefano BartolottaMarco BercellaGianfranco MarmoroMatteo MedaDavide SechiPaolo Sforza, Alessandro Mattedi, Giulia Quaranta

Ladytron

Discografia

LADYTRON
Miss Black And Her Friends (Ep, Bambini, 1999)
Commodore Rock (Ep, Invicta Hi-Fi/Tricadel/Emperor Norton, 2000)
Mu-Tron(Ep, Invicta Hi-Fi, 2000)
604 (Invicta Hi-Fi/Emperor Norton, 2001)

Light & Magic (Telstar/Emperor Norton, 2002)

Softcore Jukebox (compilation, Emperor Norton/Rykodisc, 2003)
Witching Hour (Island, 2005)

Extended Play (Ep, Rykodisc, 2006)
The Harmonium Sessions (Ep unplugged, autoproduzione, 2006)
Velocifero (Nettwerk, 2008)

Best Of 00 - 10 (antologia, Nettwerk, 2011)

Gravity The Seducer (Nettwerk, 2011)
Ladytron (!K7, 2019)
Time's Arrow (Cooking Vinyl UK, 2023)
MARNIE
Crystal World(Pledge/Le Disque Du Crépuscule, 2013)
Strange Worlds And Weird Wars(Disco Pinata, 2017)
Pietra miliare
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Ghost (videoclip da Velocifero, 2008)