Keith Jarrett

Concerts

1981 (ECM)
jazz

“La cosa più importante in un mio concerto solistico è la prima nota o le prime quattro note. Se hanno sufficiente tensione il resto del concerto viene poi da solo, quasi naturalmente”.
È esattamente quello che successe a Bregenz il 18 Maggio del 1981 quando, con una partenza ai livelli del più celebre concerto di Colonia, Jarrett si avviò in una improvvisazione straordinaria.

Quella sera il pianista non vuole scoprire nuove percorsi musicali, non vuole sfoggiare la sua audacia compositiva, non vuole stupire con singolari sonorità, desidera solo suonare, suonare e lasciarsi andare. È primavera e l’ispirazione non manca. Una melodia incantevole prende subito forma quando le note cominciano a scorrere dando vita ad uno dei migliori incipit che il musicista abbia concepito. È un’armonia chopiniana, morbida e fluida, senza alcuno strappo, nostalgica e dolcissima. Con impressionante linearità i suoni prendono forma, pare che la musica suonata sia da sempre esistita nell’animo del pianista, ma ora, incontenibile, voglia uscire, prendere vita ed esternarsi al mondo per coinvolgere chiunque l’ascolti. Sono minuti di grande intensità, quando, immancabile, parte il crescendo jarrettiano: non certo semplice aumento del volume e della velocità, ma bensì partecipazione estrema, identificazione con lo strumento, sofferenza fisica. Il pianista, trasportato dalle sue creazioni, diventa inarrestabile e pone un ritmo sempre più energico: il risultato è eccezionale per quanto riesca ad essere trascinante.
Naturalmente impossibile identificare uno stile definito per i suoni che si ascoltano, si assapora piuttosto la solita miscellanea di contaminazioni a base di musica classica europea e americana, pop, gospel, blues e perfino swing. È la “meravigliosa solitudine” musicale che ha reso unico il pianista di Allentown.

Quando il tema iniziale è oramai esaurito, la limpidezza viene abbandonata per dare libero sfogo ad una tempesta creativa in cui sprazzi di ricordi prendono forma in pochi istanti per poi dissolversi in un accavallarsi di voci caleidoscopiche. In questo feroce anelito d’espressione, scanditi da un ritmo nervoso, si possono ascoltare addirittura percussioni sul piano o, protraendosi nella seconda parte del concerto, musica classica ottocentesca stilizzata tra frammenti della “Polacca” di Chopin. La calma, però, è infine ritrovata, l’ordine ristabilito, la furia placata, e con una sognante aura malinconica si concludono i primi trenta minuti di splendida improvvisazione. Trenta minuti in cui mondi disparati sono stati esplorati con la mente e con maestria sciamanica riproposti mediante un pianoforte.

Il terzo brano è un frenetico untitled. Comincia con un ritmo irrequieto che alimenta insistentemente la tensione, dando vita, in seguito, ad un crescendo intensissimo che sfocia in ondate di note su scale mediorientali. Ogni accento è sistemato alla perfezione e la velocità, per quanto elevata, non fa mai soccombere la melodia. Il pianoforte, letteralmente aggredito su tutta la tastiera, completamente dominato, sprigiona energia. Verrebbe da contestare un’eccessiva ostentazione della propria abilità, un’esagerata ricerca di impressionare con la tecnica e la rapidità del tocco, ma è una obiezione valida per chi ha fondato la propria esistenza musicale (e la propria vita) sulla smisuratezza?

Il concerto di Monaco, inizialmente eliminato al momento della pubblicazione di “Concerts” su supporto digitale ma recentemente reinserito, è stato registrato il 2 Giugno 1981, pochi giorni dopo quello di Bregenz. Sebbene non coerente ed immediato come lo era stato l’austriaco, Jarrett era in un periodo felice e ”Monaco”, di conseguenza, offre anche esso momenti di particolare splendore.

Sono degne di nota, infatti, le furiose creazioni registrate nella prima parte che seguendo il filo di un impostazione classica si alternano con scioltezza a delicati fraseggi, o anche, nella seconda parte, le volate in tremolo con la mano destra scandite da un ritmo solenne e apatico della sinistra volte a creare un atmosfera fiabesca (tecnica ricorrentemente utilizzata da Jarrett nei suoi concerti e finalmente immortalata). Diverse ed opposte sensazioni vengono suscitate nella terza parte da uno stesso tema che viene riproposto in molteplici chiavi giocando tra epoche e stili disparati. È palese la facilità del pianista di rompere le convenzioni e di destreggiarsi letteralmente con ogni forma musicale generando (nella quarta parte) perfino una sorta di sonorità tribali in uno sperimentalismo che ha dello straordinario tanto da venir inserito nei “selected recordings” della ECM.

Il gioiello di questo concerto però è il romanticissimo “Mon coeur est rouge”: tratto dalla colonna sonora che Jarrett compose per il film di Michele Rosier e spesso regalato nei bis, viene finalmente pubblicato in una versione che ha dello straordinario in quanto a pathos e coinvolgimento (tra le migliori per chi ha avuto la fortuna di ascoltare registrazioni non ufficiali del pianista).
In entrambe le serate di Bregenz e Monaco il compito di raccogliere le ovazioni del pubblico a fine concerto è affidato alla ballata “Heartland”. Struggente e piena di passione, in un abbraccio di vigore e romanticismo, racchiude con incantevole sintesi le qualità del pianista e le sue tanto feconde radici gospel entrando con l’esposizione di Bregenz nella selezione ECM.

“Concerts”, relativamente a concerti ogni volta improvvisati ed inediti, non introduce nessun cambio di rotta rispetto alla produzione di Jarrett degli anni ’70, ma vuole piuttosto regalare l’ascolto di due fortunate serate col pianista di Allentown in massima forma. Spensierato, trascinante, energico e ottimista in Bregenz , più intimo, sperimentatore e ricercato in Monaco.
Ultima pubblicazione appartenente ad un filone durato oltre dieci anni, prima della svolta della maturità segnata da “Parigi” (1988) in poi, “Concerts” è probabilmente anche la sua registrazione più “fisica” tra quelle in commercio: le urla e le scalciate caratteristiche del pianista sono parecchio presenti, a volte invadenti, a dimostrare lo sforzo della creazione immediata.
Ogni disco di piano solo pubblicato rappresenta per Keith Jarrett un momento delicatissimo, una splendida eccezione in quel dinamismo proprio del suo essere, un’infrazione in quella visione dell’esistenza come fiume in piena in cui niente è uguale a prima, in cui la musica si identifica con la vita e dunque scorre inesorabilmente con essa. “Concerts” offre un piccolo incantevole scorcio di questo inarrestabile fiume.

24/12/2019

Tracklist

    Bregenz
  1. Part I
  2. Part II
  3. Untitled
  4. Heartland

    Munich
  5. Part I
  6. Part II
  7. Part III
  8. Part IV
  9. Mon coeur est rouge
  10. Heartland