Dave Gahan

Paper Monsters

2003 (Mute Records)
pop
6

Diciamolo una volta per tutte: i Depeche Mode sono un grande gruppo, composto da ottimi musicisti. Nell’arco della loro più che ventennale carriera, il gruppo capitanato da Martin Gore (che di recente ha realizzato un disco di cover d’autore non particolarmente riuscito, ma apprezzabile anche solo per il coraggio) si è ritrovato fin troppe volte relegato nel filone "synth-pop" (ma quanti territori ha esplorato invece la loro musica? Dal dark al rock-blues, tutto con una personalità che tanti altri gruppi si sognano) e viaggiano ormai con appiccicata la scomoda e largamente immeritata etichetta di gruppo "sopravvalutato". In tutto ciò Dave Gahan altro non era, a detta dei denigratori della band, che un semplice interprete delle canzoni scritte da Gore, un semplice frontman che si divertiva a fare il "maledetto". Col suo primo disco solista Gahan dimostra invece maturità artistica e una classe sopraffina, ben supportato da una produzione di prim’ordine, curata da Ken Thomas, l’uomo dietro i recenti fasti dei Sigur Rós, ma anche collaboratore di moltissimi artisti, tra i quali David Bowie e Rozz Williams. E la mancanza di un songwriter come Gore non si fa sentire più di tanto, grazie all’ottimo multi-strumentista Knox Chandler, al quale va molto merito per la riuscita complessiva del disco.

È un uomo rinato a nuova vita Dave Gahan: non è passato molto tempo dalla sua definitiva vittoria nella lunga lotta contro la tossicodipendenza (che anni fa lo portò a un passo dalla morte). Negli ultimi anni e negli ultimi dischi dei Depeche Mode, il cantante si è sempre più affermato come raffinato vocalist capace di arricchire le sue interpretazioni di molte suggestive sfumature. Riflessivo e intimista proprio come l’ultimo disco dei Depeche, "Exciter", questo "Paper Monsters" è un lavoro piacevole e decisamente consigliato in tempi di tormentoni estivi a chi cerca un pop fatto con classe e intelligenza.

L’album si apre con il suo primo singolo, "Dirty Sticky Floors", un accattivante elettro-pop in puro stile Depeche Mode, la cui energia risulta però un po’ fuorviante se confrontata al tono generalmente dimesso che caratterizza il disco. Già le successive "Hold On" e "A Little Piece" infatti si immergono in una quiete notturna e malinconica: ma se la prima non convince appieno, risultando una ballad simile per certi versi agli ultimi U2, la seconda è un vero gioiello di atmosfera e arrangiamento: un crescendo spettrale, arricchito da pianoforte e archi, con Gahan che si produce in una delle sue migliori performance.

Notevole è anche la lunga, ammaliante, crepuscolare "Black and Blue Again", ambientata in scenari ampi e desolati, che implode in un altro crescendo dominato da archi e batteria, che richiama i momenti più riusciti degli ultimi Radiohead. "Stay" è forse il momento clou del disco: introdotta da un solenne drone di violoncello, è una ballad triste, forse fin troppo tendente al lacrimevole, ma che trasuda comunque tutta la qualità di un vocalist come Gahan, talmente sottile e raffinato che riesce da solo a salvare il brano dalla trappola del patetismo.
"Bitter Apple", lunga escursione trip-hop, e il rock atmosferico di "Hidden Houses", sono esemplari della perfezione formale e della elegante scorrevolezza che caratterizzano questo disco. "Goodbye" è una chiusura perfetta e misteriosa, densa di sottili umori elettro-industriali.

Nel complesso, quella di Gahan è una scommessa riuscita: nulla di nuovo, certo, ma qui c’è amore per la musica, qui c’è quel cuore che manca a tanti, troppi gruppi pop-rock odierni, che nascosto dietro produzioni sempre più ultra-sofisticate spesso si dimentica che la musica, pop o rock che sia, è fatta di spontaneità e naturalezza. Dave Gahan, invece, se l’è ricordato, e perciò si merita un applauso.

27/10/2006

Tracklist

1 Dirty Sticky Floors
2 Hold On
3 A Little Piece
4 Bottle Living
5 Black And Blue Again
6 Stay
7 I Need You
8 Bitter Apple
9 Hidden Houses
10 Goodbye