Yeah Yeah Yeahs

Fever To Tell

2003 (Interscope)
alt-rock
5.5

Si è scritto molto, moltissimo, fin troppo su questa cosiddetta "nuova" new wave, o "nu-wave" etichetta immediata affibbiata dalla stampa specializzata ad uso e consumo delle nuove generazioni di indie-rockettari da Mtv, che magari non hanno mai sentito nominare i Television e si convincono che gli Strokes e i White Stripes sono quanto di più fresco, nuovo e alternativo il rock possa offrire.

Carenti di vera personalità e di vere idee come i due gruppi appena citati, e in generale come tutti i nuovi gruppi ultra-pompati dalla stampa (leggi ad esempio, i Rapture), gli Yeah Yeah Yeahs (Karen O alla voce, Nicolas Zinner alla chitarra, Chase alla batteria) propongono in questo loro album d'esordio (dopo l'Ep omonimo) una ben poco originale miscela di garage-rock, indie-rock, alt-rock, ecc. ecc... In realtà pochi sono i legami, tanto musicali quanto concettuali, con quello che fu il suono della new wave, mentre ben più evidenti sono gli agganci alla scena indie statunitense dei secondi anni Novanta. Ma se gli Yeah Yeah Yeahs escono nel pieno del boom (mediatico) della "nu wave", allora facciamo rientrare anche loro nel calderone della "nu wave".

Allo stesso modo degli Strokes, ma certo con meno supponenza, gli Yeah Yeah Yeahs sono un gruppo di poche pretese e ancor meno ambizioni, disimpegnato e scanzonato, punkeggiante nel senso che si divertono a fare i monellacci e gli alternativi, sempre però ad uso e consumo degli spettatori meno esigenti. Il loro è un indie-rock vacuo, orecchiabile e allegramente caotico, e in questo ambito il gruppo riesce a cesellare anche un capolavoro che risponde al nome di "Maps", micidiale e travolgente brano impreziosito da un gran lavoro di chitarra e batteria: ma l'arma vincente delle canzoni è sempre la voce di Karen O., interprete talentuosa, capace con la medesima disinvoltura di rilassarsi in delicatezze inattese e toni caldi e sensuali (è il caso appunto di "Maps") o di scatenarsi in imprecazioni frenetiche (l'ottima "Pin").

L'impatto sonoro del gruppo è innegabile (merito forse anche della presenza del grande Alan Moulder in sala di missaggio), e rivela una certa tendenza all'esplorazione di territori rumorosi e irregolari ("Man" e "Tick" ad esempio), ma tutto è sempre limitato da una sensazione fin troppo evidente di "già sentito", e non si intende già sentito — e meglio — vent'anni fa, ma già sentito nei dischi di decine e decine di indie-band venute fuori negli ultimi anni. Finchè il minutaggio dei brani resta intorno ai due o tre minuti, nulla da ridire comunque: il disco funziona e diverte; quando invece si tentano lunghe digressioni "artistiche" (come "No No No", vera e propria caduta di stile infarcita di velleità sperimentali), il terzetto fallisce totalmente il bersaglio. I sette minuti della conclusiva "Modern Romance" non vanno da nessuna parte e il pezzo finisce così per perdere lungo la strada ogni ragione di essere.

"Fever To Tell" è disco pieno di difetti, alcuni perdonabili, altri meno, di molti momenti divertenti e di un momento davvero esaltante ("Maps"). Pregi sono la freschezza e la voce di Karen O. Il suo più grande limite, e non è limite di poco conto, è l'irrimediabile banalità.

30/10/2006

Tracklist

1 Rich1
2 Date with the night
3 Man
4 Tick
5 Black tongue
6 Pin
7 Cold light
8 No no no
9 Maps
10 Y control
11 Modern romance

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