Warren Zevon

The Wind

2003 (Artemis Records)
songwriter

La statura di un uomo si rivela nel modo in cui affronta la morte: è da come sa guardare a quell'orizzonte misterioso che si capisce la reale stoffa della sua vita. Quando nel 2002 a Warren Zevon è stato diagnosticato un tumore ai polmoni che non gli avrebbe lasciato che pochi mesi di vita, in molti gli hanno consigliato di lasciar perdere l'album che aveva in progetto, per dedicarsi completamente alle cure.

Ma Zevon non era tipo da ripiegarsi con autocommiserazione su sé stesso: “Non voglio scappare dalla vita”, ha confidato all'amico di sempre, Jorge Calderon, “ciò che voglio fare finché sono vivo è scrivere musica e fare dischi”. Affrontare la realtà senza censurare nulla e senza neppure lasciarsi vincere dal senso di apparente inutilità del sacrificio: questo è stato fino all'ultimo l'imperativo di Warren Zevon. Ma di certo non avrebbe voluto leggere agiografie postume, il cinquantaseienne songwriter di Chicago: rimasto sempre “Mr. Bad Example”, come il titolo di un suo disco dei primi anni Novanta, non sarebbe proprio riuscito a tollerare che si versassero lacrime ipocrite sulla sua tomba. Lui che, giunto alla West Coast dopo la gavetta con gli Everly Brothers, aveva saputo raccontare con lucido sarcasmo il lato oscuro del cinismo losangeleno, non avrebbe di certo gradito l'omaggio viscido dei coccodrilli che oggi vorrebbero sfruttare il suo nome.

E allora, l'unico modo adeguato per ricordarlo è mettere sul lettore l'ultimo disco che ha voluto lasciarci, quel “The Wind” uscito proprio a ridosso della notizia inevitabile, ma non per questo meno dolorosa, della sua scomparsa. Chi è all'affannosa ricerca di “hype” e rivoluzioni, qui non troverà pane per i propri denti. E' bene chiarirlo fin da subito: fra le tracce di “The Wind” c'è spazio solo per un uomo che vuole mettere a nudo sé stesso ancora una volta, imbracciando la chitarra che con cui ha affrontato tutte le tappe del viaggio.

Il sogno di Warren Zevon non era semplicemente quello di portare a termine un ultimo album, ma soprattutto quello di farlo insieme alle persone che amava di più. Così, invece di isolarsi nella solitudine della propria sofferenza, Zevon ha deciso di chiamare a raccolta i propri vecchi amici, per farsi accompagnare lungo quel tratto di strada sferzato dal vento nel quale si stava inoltrando. E nessuno si è fatto pregare per essere al suo fianco: appena venuto a sconoscenza della notizia della sua malattia, lo stesso Bob Dylan ha deciso di riempire le serate del suo tour senza fine con una serie di straordinarie cover tratte dal songbook di Zevon.

La risposta di Warren è stata una delle più sincere versioni mai ascoltate dell'inflazionatissima “Knockin' on heaven's door”, depurata una volta per tutte della smargiassa retorica di Axl Rose e cantata con quel misto di ironia e commozione capace di rendere indimenticabile il suo grido “Open up! Open up!” verso i cancelli del Paradiso. E' forse proprio questo il momento di “The Wind” che finisce per incidersi più profondamente nel cuore: ma tutto il disco compie il miracolo di riportare il songwriting di Zevon, dopo una serie di prove decisamente meno convincenti, quasi ai livelli del suo capolavoro “Excitable Boy”, prodotto da Jackson Browne nel 1976.

Forse il merito è proprio di quegli amici che gli sono stati accanto e che, senza fingere di ignorare ciò che stava accadendo e senza lasciarsi andare al compatimento, lo hanno continuamente spronato a non cantare come se si trattasse dello “sforzo patetico di un moribondo”, come racconta ancora Jorge Calderon. D'altra parte, non ci si sarebbe potuti aspettare di meno da uno che non ha perso il proprio caustico humour neppure di fronte alle telecamere di David Letterman, rispondendo senza scomporsi alla domanda se temeva di non riuscire a portare a termine il disco: “Male che vada farò un Ep...”.
E così, nella malinconica ballata fuorilegge “Dirty life & times”, che apre l'album, è la chitarra di Ry Cooder a fare da contrappunto alla riflessione di un vecchio peccatore che, guardando indietro alla propria esistenza, si scopre ancora capace di sollevare lo sguardo in cerca di qualcuno che sappia lenire il suo dolore. Non ci sono eclatanti colpi di scena, nel genuino rock di Warren Zevon, ma è difficile resistere ai trascinanti duetti con Bruce Springsteen in “Disorder in the house” e con Tom Petty in “The rest of the night”, due incendiarie cavalcate in grado di inserirsi a pieno titoli tra i classici zevoniani.

Quello che stupisce, nell'ascolto di “The Wind”, è piuttosto il suo tono sereno e a tratti persino spensierato, come quando in “She's too good for me” ci ricorda con morbida delicatezza che l'unico modo per amare davvero nasce dalla coscienza della propria inadeguatezza. “Numb as a statue” e il grasso blues “Rub me raw” ci restituiscono ancora una volta lo Zevon schietto rocker, mentre “Prison grove” si riveste di tinte più cupe, degne della storia di un condannato a morte che invoca la luce nel buio della propria cella. La voce di Emmylou Harris accompagna con dolcezza le note di piano di “Please stay”, con tutta la loro dichiarazione di fragilità: “Will you stay with me to the end?/ when there's nothing left/ but you and me and the wind”.

Ma il momento più struggente è racchiuso nella conclusiva “Keep me in your heart”: per registrarla Zevon ha trovato la forza di sollevarsi dal letto dopo due mesi di immobilità, eppure non ha voluto che fosse “una canzone per far piangere la gente”. Se però, a sentirlo cantare con la sua disarmante semplicità “maybe you'll think of me and smile/ keep me in your heart for awhile”, i vostri occhi dovessero finire per inumidirsi, non credo proprio che Warren ve ne vorrà.

30/10/2006

Tracklist

1. Dirty Life & Times
2. Disorder In The House
3. Knockin' On Heaven's Door
4. Numb As A Statue
5. She's Too Good For Me
6. Prison Grove
7. El Amor De Mi Vida
8. The Rest Of The Night
9. Please Stay
10. Rub Me Raw
11. Keep Me In Your Heart

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