Kings Of Convenience

Riot On An Empty Street

2004 (Emi)
pop

Quando il New Acoustic Movement sembrava ormai una vecchia moda stipata per sempre nei più reconditi armadi della nostra collezione di cd come un vecchio modello di qualche stagione (musicale) fa, tornano i Kings Of Convenience. Erlend Øye fa il suo rientro all'ovile, dopo tanto scorrazzare in lande del mondo e del suono così distanti da quella di partenza. Eirik Glambek Bøe mette di nuovo il naso fuori da casa, almeno per entrare nello studio di registrazione. Rieccoli, i piccoli re. Se le tendenze passano, se i nuovi acustici sono quasi scomparsi o si sono riconvertiti ad altre forme, i due ribadiscono che il loro essere rimane al di fuori delle tendenze, che la loro è una scelta stilistica ben determinata, forse addirittura una necessità. Sussurrare per farsi sentire meglio.

Ma come è, in concreto, questo "Riot On An Empty Street"? Prima di passare all'ascolto, ci sono già tre osservazioni da fare, una negativa, una positiva, una neutra.
Quella negativa è che quello che abbiamo fra le mani è un cd anticopia. La Emi si ostina in questa tattica che ottiene il contrario di ciò che vorrebbe produrre: scoraggia il compratore di cd e non impedisce in alcun modo la diffusione di mp3. Questi album si trovano lo stesso in rete, anche in anticipo rispetto alla data di pubblicazione. In compenso, chi acquista l'originale affronterà il rischio che uno o più dei suoi lettori non riesca a leggerlo. Bene così?

Per fortuna c'è la caratteristica positiva a controbilanciare l'irritazione: il prezzo è sensibilmente ridotto rispetto alla media delle altre nuove uscite. Fatto tutt'altro che disprezzabile, specie se si pensa che, fra i più o meno indipendenti, i Kings Of Convenience sono uno dei gruppi che riscuote il maggior successo.
Per ultima l'osservazione neutra, con la quale si entra nello specifico dell'opera: continua la fascinazione, nel titolo del disco, per il binomio silenzio-rumore, e per i tentativi di accordare questa (soltanto apparente?) opposizione. Se con il primo lavoro Erlend e Eirik suggerivano che "il silenzio è il nuovo frastuono", oggi evocano una "rissa in una strada deserta". Ancora esplosioni silenziose (forse perché nessuno le può sentire?), proprio come la loro musica, proprio come l'amore di chi non può o non sa gridarlo.

L'esordio era una mirabile collezione di belle canzoni. Ben scritte, interpretate con delicatezza, sensibilità e la giusta dose di (auto)ironia: era soprattutto questo a renderle forti nella loro debolezza. Canzoni dalle melodie di gran classe, che non avevano bisogno di nessun trucco di arrangiamento proprio perché cantabilissime, immediate, ma nient'affatto banali. Semplicità come complessità risolta.

In questo album (e così passiamo finalmente all'ascolto), purtroppo, tale semplicità non si accompagna alla stessa felice vena creativa di tre anni or sono. Questo, ovviamente, non significa che "Riot On An Empty Street" sia un disco brutto. Tuttavia non è all'altezza delle aspettative.
La nudità, stavolta, non serve a mostrare la bellezza, ma piuttosto finisce per svelare rapidamente i difetti della nuova fatica. Se in "Quiet Is The New Loud" i Kings Of Convenience avevano saputo preparare un buon pranzo con poco, qui più che il pranzo si nota il poco… Non si può dire, infatti, che ci siano canzoni veramente noiose o punti deboli, in quest'album. Si trovano anche episodi che funzionano bene e belle idee, come quella di collaborare con Feist per "Know-How" e "The Build-Up", che la brava cantautrice canadese arricchisce con la sua voce dolce ed elegante (forse, al limite, un po' leziosa). Ma l'impressione è quella di una maggiore fatica, di canzoni monche, di una mano meno ispirata nello scriverle.

Non tutte le canzoni si fanno ricordare. L'iniziale "Homesick", già proposta da Øye nelle sue esibizioni da solista, è il brano che più paga pegno a Simon & Garfunkel, presumibilmente evocati anche nel testo, ma è uno dei momenti più riusciti.
"I'd Rather Dance With You" è una divertente concessione alle nuove passioni di Erlend, oltre che un inaspettato invito a ballare piuttosto che a parlare. Incredibile: i sensibiloni Kings Of Convenience si arrendono infine al linguaggio del corpo? Anche la ritmica si fa più sostenuta e significativamente compare anche una vera batteria.

Cosa rimane di questo disco, però, in ultima analisi? Forse la parte più canticchiabile di tutto l'album è l'adesivo riff di pianoforte di "Misread", il primo singolo. Oltre alla bella linea di piano, il pezzo vanta un sapiente utilizzo degli archi, mai invadenti ma funzionali sottolineature emotive. In fondo, fa anche piacere che sia stato uno dei pezzi più passati in radio durante l'estate. E' un po' poco per chi fa di melodie e scrittura, ancor più che delle atmosfere, il suo punto di forza. Restano, a favore del duo di Bergen, una forte personalità, evidente anche in un disco tutto sommato deboluccio come questo, e la capacità, sempre più rara, di scrivere bei testi. Caratteristiche dalle quale potranno ripartire per dare vita al famigerato "album della verità".

19/12/2006

Tracklist

  1. Homesick
  2. Misread
  3. Cayman Islands
  4. Stay Out Of Trouble
  5. Know-How
  6. Sorry Or Please
  7. Love Is No Big Truth
  8. I'd Rather Dance With You
  9. Live Long
  10. Surprise Ice
  11. Gold In The Air Of Summer
  12. The Build-Up

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