Squarepusher

Ultravisitor

2004 (Warp)
elettronica

"Conoscete Squarepusher?" chiedeva Tom Jenkinson con la sua ultima fatica, non molto apprezzata dalla critica a dire il vero. Sotto questo pseudonimo ha firmato alcune delle migliori pagine dell'elettronica degli ultimi dieci anni senza riceverne l'ampia popolarità che, per esempio, ha investito Aphex Twin. Non che abbia vissuto nell'ombra, ovviamente. Impareggiabile nel combinare rumore, frenetici beat e melodia, è stato il campione indiscusso del cosiddetto drill'n'bass, senza però fossilizzarsi su un solo genere. Dal 2001 ha fatto uscire il solo "Do You Know Squarepusher", lavoro manifestamente interlocutorio nel quale si poteva però trovare, grazie al disco bonus "Alive In Japan", la testimonianza di un evento (o meglio, di una serie di eventi) che, a giudicare da questo "Ultravisitor", ha profondamente influenzato il proseguimento dell'attività artistica di Jenkinson. L'evento in questione è l'intensa attività live e l'enorme successo che ha raccolto in tutto il mondo.

Ecco, "Ultravisitor" sembra in qualche modo l'imprevedibile naturale conseguenza di ciò che la carriera di Squarepusher è stata a partire da quel 2001 in cui è uscito l'acclamato "Go Plastic". "Imprevedibile naturale conseguenza" è un ossimoro, è vero, ma questo "Ultravisitor" proprio sugli ossimori si regge. Sulla performance, sullo strumento suonato per davvero, concetto opposto alla programmazione, alla quale quasi sempre si accompagna. Sul live e sul pubblico (i cui schiamazzi sono sparsi per tutto l'album), contrapposti alla solitudine del bedroom producer. Un lavoro che si regge anche sui suoi difetti, come una prolissità eccessiva, la presenza di più di un episodio non proprio riuscito, se non addirittura monco, incompleto. Oggi Squarepusher rivendica la sua identità, che non è esclusivamente quella di solitario compositore da computer, segregato dal mondo reale. E' anche quella di strumentista, buon batterista free-jazz, bassista di una certa inventiva. E, quasi quasi, animale da palco. Almeno in confronto ai suoi colleghi di laptop.

Da questa decisione tutto è condizionato, a cominciare dalla struttura dell'album, composta da tre dei brani più lunghi, significativamente posizionati uno all'inizio, uno al centro e l'altro praticamente alla fine, prima che Jenkinson faccia scivolare l'ascoltatore verso la discesa morbida e graduale delle ultime due tracce. Servono a fare da punti di riferimento in un mare in cui anche i suoi ascoltatori abituali potrebbero perdersi, eppure sono formidabili depistaggi, tutto sommato vicini ad uno stile familiare di cui possono sembrare l'evoluzione e di cui i segni non sono certo preponderanti nel resto del disco…
Tutte e tre iniziano con i rumori del pubblico. Gli otto minuti e mezzo della title-track sono un'introduzione menzognera in cui si trovano molti degli squarepusherismi più tipici: i beat frenetici e fantasiosi, una linea melodica immediata, efficace ma non banale, il gusto per la sorpresa. Eppure… Eppure c'è qualcosa di diverso, qualcosa che è cambiato.

"Steinbolt", il pilastro centrale, è quasi un brano da rave, rapidamente seppellito da rumori e beat impazziti. Non manca neanche l'apparizione di un minaccioso tema di (quello che sembra) un organo. Una nipotina di "Go Plastic" che prende forma, la riperde, muta e si rigenera. "Tetra-Sync", la traccia che anticipa la planata verso la conclusione, è una sorta di avvicinamento a ciò che "Ultravisitor" (il disco) vuole essere. Inizia con uno Squarepusher che interagisce con il pubblico come una vera rockstar, cosa che fa spesso in concerto, fatto non certo abituale, se non addirittura caso unico, per un musicista elettronico. Poi ecco i due strumenti di elezione del nostro, batteria e basso, ai quali il finale del brano riserverà, significativamente, un assolo ciascuno. In mezzo uno dei temi più malinconici che Jenkinson abbia mai inciso, veloce e ricco di sovraincisioni, degno di un DJ Shadow al massimo della forma.

Andando avanti ancora per ossimori, il centro del disco sta in ciò che sembra periferico, esornativo. Come "I Fulcrum", un interludio che si stende/svolge sull'eco della prima traccia (nel vero senso dell'espressione, non c'è metafora). Suono di basso. Applausi ad ogni bozza musicale che tira fuori. Da sola, è già un'esperienza mozzafiato delle capacità tecniche ed inventive di Jenkinson al basso. Abbinata alla successiva "Iambic 9 Poetry", nella quale "I Fulcrum" procede senza stacchi, la si direbbe quasi metamusica. Una spiegazione di come nasce un pezzo di Squarepusher o addirittura un tentativo di strumentale che "parli" dello scrivere canzoni, del fare musica. Trovata la giusta successione di note, della quale "I Fulcrum" può essere letta come una ricerca, si aggiungono i beat, impazziti e quasi free-jazz o iperevoluzione del drum'n'bass, e si manipolano i suoni, aggiungendo, togliendo, distorcendo. In primo piano passano le mirabili impalcature pencolanti di percussioni.

Ma un po' dell'essenza di "Ultravisitor" è in ogni brano. Nella voce più o meno rap, spezzata, effettata, sovrapposta, non sempre comprensibile di "50 Cycles". Nella bella linea di basso di "Menelec" e nelle improvvisazioni, finte o vere che siano, di "C-Town Smash". Nella composizione per trapano e pianoforte che apre "An Arched Pathaway". Nell'assolo di batteria che è la sostanza di "Circlewave", pezzo assolutamente dispensabile come ce ne sono altri in questo disco. Ma toglierlo sarebbe stato eliminare un tassello di questa presentazione dell'intero se stesso che Squarpusher ha realizzato con la sua nuova uscita. Per questo non si poteva rinunciare neanche all'apparentemente poco significativa nudità di "Tommib Help Buss", nello spirito vicina proprio a quella "Tommib" che figurava su "Go Plastic" e resa famosa da "Lost in Translation" di Sofia Coppola.

Tutto ciò è autoindulgente? Forse. Certi pezzi, più che riempitivi, sembrano ancora allo stato grezzo, bisognosi di rifinitura se non proprio di ulteriore lavoro. Ma se fossero state queste le intenzioni di Tom Jenkinson? Per quanti LP di musica elettronica si possono usare anche aggettivi come "sincero", "maturo", o addirittura "umano", proprio grazie alle sue numerose imperfezioni, ai suoi difetti? "Buonasera, sono Tom Jenkinson e sono un musicista".
Pensate alle copertine degli ultimi lavori di Aphex Twin o µ-Ziq, tanto per citare due persone che a lui sono vicine nel modo di fare musica, o in generale a tutte le copertine di album di elettronica… Se volete, riportate alla memoria anche quella di quel "Do You Know Squarepusher" parlando del quale abbiamo aperto la recensione… Adesso tornate a guardare questa.

P.S.: L'edizione limitata del CD, oltre ad offrire un packaging diverso, è venduta insieme a un cd tre pollici (attenzione, non è incluso nel digipack: deve essere consegnato dal rivenditore). Si intitola "Square Window" e contiene cinque brani. Sicuramente non indispensabile, specie se si pensa ai già ottanta minuti di "Ultravisitor", offre comunque una ventina di minuti di musica piacevole.

12/12/2006

Tracklist

Ultravisitor
  1. Ultravisitor
  2. I Fulcrum
  3. Iambic 9 Poetry
  4. Andrei
  5. 50 Cycles
  6. Menelec
  7. C-Town Smash
  8. Steinbolt
  9. An Arched Pathway
  10. Telluric Piece
  11. District Line II
  12. Circlewave
  13. Tetra-Sync
  14. Tommib Help Buss
  15. Every Day I Love

Square Window
  1. Square Window
  2. Abacus 2
  3. Venus No. 17
  4. Itti-Fack
  5. Melt 14.6

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