Cadence Weapon

Per certi versi, Roland Pemberton III è un predestinato. Suo padre Teddy fu infatti uno dei primissimi dj a diffondere in Canada il verbo dell’hip-hop, trasmettendo sulle frequenze della radio del college di Edmonton, nell’ambito di un programma di successo chiamato “The Black Experience in Sound”. Con un genitore così, era insomma molto difficile che il piccolo Roland riuscisse a sottrarsi all’abbraccio di quella musica. E, infatti, appena adolescente, si mise in testa di voler diventare un rapper, parallelamente coltivando anche una passione per la poesia, cosa che diede immediatamente ai suoi testi un taglio lirico ben più pronunciato della media. Alcuni suoi demo, firmati col nome d’arte Cadence Weapon, insieme al mixtape autoprodotto “Cadence Weapon Is The Black Hand”, iniziarono a circolare negli ambienti che contano, raggiungendo anche gli uffici della Upper Class Recordings in quel di Toronto. I giochi erano fatti.

Tempo qualche mese e nei negozi di dischi arrivò “Breaking Kayfabe”, una manciata di brani hip-hop innervati intorno a beat che s’abbeverano, in egual misura, alle fonti dell’electro, della techno e della computer music. Racchiuso tra l’epos thrilling di “Oliver Square” e le stroboscopie zigzaganti di “Julie Will Jump The Broom”, il disco brilla per personalità e creatività, dalle spirali granulose di “Sharks” alle caotiche oscillazioni di “30 Seconds”, dalle meccaniche geometriche di “Diamond Cutter” alla video-game music imbottita di caffeina di “Fathom”, passando per le trame diversamente ossessive di “Holy Smoke”, “Lisa’s Spider” e “Vicarious” e, per finire, i viaggi al termine della notte di “Grim Fandango” e “Turning on Your Sign”, due brani che fanno pensare ai Dälek.

Negli anni a seguire, Cadence Weapon avrebbe realizzato altri album, senza mai raggiungere l’equilibrio e la carica espressiva di questo esordio dirompente.

03/09/2020