I Double sono un quartetto di Brooklyn il cui secondo disco, "Palm Fronds" (2004, Catsup Place), aveva lasciato intravedere ottime potenzialità. Tra i primi ad accorgersene è stata la Matador che li ha messi sotto contratto e gli ha fatto incidere questo "Loose in the Air", che, sulla carta, doveva essere il disco di sdoganamento della band. Questo perché il gruppo ha deciso di provare a raddioppare il suo pubblico giocandosi una carta molto ambiziosa: fare musica pop con arrangiamenti avant-rock (la produzione, affidata a Steve Revitte, già attivo per Black Dice e Liars, dice tutto), una sfida davvero intrigante nonché molto complessa.
Vediamo com'è andata. La traccia d'apertura s'intitola "Up All Night" e presenta una melodia delicata poggiata su fili di chitarre sferragliate e distorte più tamburi elettronici, prima di aprirsi su passo di batteria e organo, con le chitarre che si fanno più invadenti e violente, trascinando il brano in crescendo. La strumentazione è ampia, variegata e usata con inventiva, eppure il brano è solo piacevole, senza che lo spiegamento di forze giovi più di tot. Si prosegue con "Idiocy", un saltellante e sfrigolante motivetto funny su giri di tastiere, mentre in "Icy" la band prova a usare ogni tipo di chitarrismo indie per dar sapore, senza, alla fine, riuscirvi. A risollevare un po' le sorti arriva poi "On Our Way" con la sua vena triste e melanconica sottolineata da sussulti di rumore: nulla però che riesca a convincere realmente.
Il carillon di "Ripe Fruit" presenta gli stessi pregi e gli stessi limiti, trovando buoni suoni ma mancando di coesione sia all'interno del brano stesso (invero stavolta meno del solito, e infatti il risultato è più godibile) che rispetto al resto del disco; con l'epica melodia di chitarra di "What Sounds It Makes The Thunder" (dei Radiohead in arena rock), uscita a fatica da un magma quasi shoegaze, a fare il paio. La linea del disco sarà sempre questa: l'unica eccezione è l'uggiosa "In the Fog" con la sua linea di piano ben in evidenza e meno invasa, disturbata solo lievemente.
Finisce così che "Loose in the Air" si presenti come un disco sempre in procinto di regalare belle cose e incapace di staccare in volo, perdendo per strada la decisione e scivolando in parentesi fini a sé stesse, crogiolandosi nell'eccentricità e nel voler stupire a tutti i costi e fallendo (lo esemplifica alla perfezione una delle tracce finali, "Dance"). Un disco così non può che far rabbia.
25/04/2006