Human Eye

Human Eye

2005 (In The Red)
art-punk

Terminata nell'ottobre del 2004 la saga dei Clone Defects (all'attivo due album), Timmy "Vulgar" Lampinen decide di varare un nuovo, ferocissimo progetto con cui proseguire l'attraversamento arty del punk più scalmanato, fracassone e demente che la storia ricordi. Nascono, così, gli Human Eye. E sono scintille. Un filo sottile lega la band di Detroit alle esperienze più "out" e imprendibili della new wave americana, quella sotterranea e sperimentale dei vari Chrome, Simply Saucer, Debris, cui l'elemento punk si connette con furibonda verve iconoclasta, tappezzando il suono di schiamazzi lo-fi e fendenti from outer space. Episodi dementi e indecifrabili, in cui la bussola dei generi finisce per impazzire, ritirandosi a miglior vita.

Adoratori del caos, tenaci investigatori di universi paralleli, calati in un'atmosfera svaccata ("First Taste Of Crime"), gli Human Eye dimostrano che la pazzia è l'unico rimedio al grigiore dei giorni sui giorni. Inferni sonici. Come se i Debris rifacessero i Ramones, in piena crisi d'astinenza. Stop & go, analfabetismo punkettone, colate cacofoniche ("Seymour"). Scatenati allunghi psycho-blues azzannati da chitarrine vertiginosamente fuori fuoco: fuori di testa (la title track).

L'ombra degli Half Japanese incombe sul voodoobilly tossico e storpio di "Car Was Alive". La testarda applicazione di canoni altri alle forme basilari del punk fa il paio con un piglio ironico, beffardo. Un punk vivo e vegeto, che brulica vita e dissemina goliardia nella danza farraginosa Chrome/King Snake Roost di "Girl Namned Troble", assalto sonico senza vergogna. Cumuli di immondizia partoriti dalla civiltà della popular music che insegue sogni di gloria e di neo-avanguardia al rovescio tra le scorciatoie del cervello.

Gli Human Eye sono l'unica band (insieme ai grandissimi Six Finger Satellite degli esordi) capace di avvicinare il suono della coppia Edge/Creed e di rinvigorirlo, liberandone ogni residuo brandello di follia con un assalto dadaista ("Age"). Deliri e propulsioni interstellari ("Chew Rat Meat"), bolgie e tappeti eroinomani, detonazioni furibonde. I cyborg che non ci stanno e massacrano tutto. E l'uso forsennato, poi, di quegli "elementi aleatori" (bollicine di synth, metalliche conflagrazioni, fuochi di sbarramento, etc.) come da manuale Pere Ubu.

Timmy "Vulgar" è l'ennesima maschera dell'anti-vocalist: un mostro; un attore blasfemo nel teatro della crudeltà delle sue emozioni più viscerali. Un Beefheart messo a pane e junk-culture (si ascolti il bailamme "industriale" di "Kill Pop Culture" - "I'm gonna kill Eminem with a pair of sheers/Electrical rollium guitar attack with ear piercing noise" - i fendenti, le deflagrazioni e i vortici insani di un garage-rock deformato senza pietà e si tenti di capirci qualche cosa con la sola forza della ragione…). Uno sciamano strafatto di acido alla testa di una banda di trogloditi che brandisce strumenti musicali come fossero asce di guerra ("Episode People"), lasciandosi dietro un lungo sentiero di orrori (elettronici, garage-spacey), fino al free-rock logorroico di "Tim Continuum".

Trogloditi che, quando meno te lo aspetti, ti sorprendono con meraviglie avant-jazz, pensate come immondo buco nero, sudicia poesia dello scarto "sonoro", lercia frenesia che trasferisce tutta la sua astrattezza nell'ennesima bolgia anfetaminica ("Sly Glass Foam", introdotta da un glorioso conciliabolo di free-jazz cosmico). Un viaggio nei recessi più radicali e creativi del rock (ma non era morto una quindicina di anni fa?). Un viaggio senza ritorno: "Extraterrtrial March". Capolavoro. Uno dei pochi, veri, incontestabili del nuovo millennio.

02/01/2010

Tracklist

  1. Human Eye
  2. Episode People
  3. Car Was Alive
  4. First Taste Of Crime
  5. Seymour Girl
  6. Girl Namned Troble
  7. Time Continuum
  8. Sly Glass Foam
  9. Age
  10. Chew Raw Meat
  11. Kill Pop Culture
  12. Extraterrtrial March